Primo Viaggio


 Una coppia di amici, Giovanni e Alessia, con i quali condividiamo molte delle nostre ore allegre e spensierate, ci hanno convinti ad andare in Grecia con loro.
Noi partiremo in aereo e loro più tardi, ci raggiungeranno in moto.
      Silvia si occupa per le prenotazioni dei treni e degli aerei, degli orari, delle coincidenze, della biancheria da portare, dei calzini, delle camice e pantaloni da stirare, delle valige, della merenda per il treno, ecc. ecc. ecc. Io sono pronto.

      MARTEDI 8 AGOSTO.
      Sveglia all’alba perché il treno per Roma parte alle 7,30. Io non sano sveglio del tutto, ma pare che sia una mia caratteristica. Così, come pare che Silvia mi abbia preparato il cafè ed io 1 ‘abbia bevuto ( lo dice lei ).
      Si prende il treno per Roma, che parte puntuale.
      La perfetta organizzazione di Silvia offre: posti a sedere, orari comodi, treno confortevole. Insomma: sarà un bel viaggio.
      A Roma, al binario 9, la prima sorpresa: quale é l’aeroporto da raggiungere ? Fiumicino o Ciampino ? Ovviamente NON QUEL LO per il quale sono stati prenotati i biglietti del treno / navetta.
      Code per le informazioni, e rifatto il giusto biglietto, via per l‘aeroporto di Fiumicino.
      Arriviamo con due ore di anticipo, ma va bene così: almeno si
evitano le ansie!
      Quasi subito l‘altoparlante annuncia, che il nostro aereo ha un’ora di ritardo! Non vuole dire niente: un’ora passerà veloce ( + due del nostro anticipo = 3 ).
      Andiamo alla ”tavola calda”………… coda, panini, scontrino, ecc..........
Ritorniamo nella sala d’attesa. L’altoparlante infierisce: il nostro aereo ha un’altra ora di ritardo: il che fanno 1 + 1 +2 nostre = 4. Ma ci avvertono, che dobbiamo stare attenti ancora all’altoparlante. Questo altoparlante ormai non ci é simpatico, ma dipendiamo da lui. In fondo questa attesa rompe..............la monotonia.
      Finalmente, con tre ore di ritardo, più due nostre, partiamo.
      Arriviamo ad Atene e crediamo, che il pilota, andando a tavoletta,sia riuscito a recuperare circa un’ora, sul tempo di percorso previsto ( poi capiremo che non è così.
      Ad Atene, nostra grande ansia per le valige, che non vediamo.
ma pare siano già andate sul prossimo aereo, per Kos, dove noi siamo diretti, o stanno ritornando a Firenze ?
      Ripartiamo da Atene, con circa un’ora di anticipo sull’orario previsto. Così crede l’intero gruppo degli italiani. Si pensa che essendo presenti tutti i passeggeri da imbarcare, sia inutile aspettare e cosi la partenza verrebbe anticipata. Gli amici ci avevano detto, che in Grecia le cose erano fatte un pò alla casereccia. Tra l’altro, gli orologi all’aeroporto dì Atene, sono invisibili.
      Arriviamo a Kos alle 22 (ora nostra personale, come poi vedremo più avanti.
      Qui grande zuffa per il recupero delle valige, perché Il posto è stretto e la gente è tanta.
   Da lontano le vediamo: è già positivo che ci siano. Forse riusciremo anche a raggiungerle.
   Alla meglio ci avviciniamo. Sono ingombranti e pesanti, ma ci sono i carrelli porta bagagli e per di più senza gettone o moneta. Ma un ragazzo è fermo davanti ai carrelli e senza mancia non si sposta. Cosa fare ? Noi “per principio” non lo spostiamo e tiriamo fuori dall’aeroporto le nostre pesanti valige.
      Fuori è notte. Ci sono due autobus: uno è occupato interamente da un gruppo organizzato, l’altro fa per noi perché va in città.
      Così, valige in nano, saliamo sul bus e via verso la città.
      E’ tutto buio, tutto deserto, ma vero deserto, non nel senso lato.
      Dopo circa 10 chilometri, arriviamo a quello che crediamo essere il centro della città. Scendiamo. No, non è il centro. Risaliamo. Altri 10 chilometri. Altro centro. Non scendiamo, perchè ormai siamo diventati furbi ! Ma siamo al capolinea e ci fanno scendere di forza.
      Prima, sull’autobus, abbiamo tentato qualche vago approccio con le altre otto persone, tutti italiani e tutti come noi, all‘avventura e impauriti. Basterebbe che uno, il più zelante, dicesse “giù” e tutti andrebbero giù. Ma questo zelante non c’è. Negli occhi di tutti c’è il terrore. Dove stiamo andando ? Dove dormiremo ? Cosa ci faranno ? I nostri cari lontani, ci troveranno mai ?
   Così ci apprestiamo a scendere dall’autobus.
      Una bella signora (o signorina) si fa incontro e offre,
alla prima coppia che scende, una stanza per dornire. Parla un italiano perfetto.
      Noi siamo la seconda coppia che scende. Le chiediamo in italiano, se c’é una stanza anche per noi. Forse il nostro italiano non è perfetto, perché con la signorina non ci si capisce.
      Per fortuna ( è mezzanotte ) ci salva un signore, che appare improvvisamente nella notte: un greco di origine turca. Parla solo il greco e il turco, ma ci si capisce subito.
      Con lui facciamo anche un affare, perché per sole 7.000 dracme ci offre una camera per dormire (solo dopo sapremo, che questo prezzo è esattamente il doppio di quello che abitualmente si paga). O Dio………però ci ha dato tanta emozione. Infatti la stanza, si, è costata un’esagerazione, ma é anche lontana dalla città e in mezzo ai GALLI. Non quelli della STORIA, ma quelli veri . Si. Il primo ha cantato all’una di notte, il secondo all‘una e tre minuti circa, il terzo all‘una e sei minuti, il quarto non ha cantato ( e non si è saputo perché ), ma in compenso, il quinto ha cantato un po’ prima, all’una e undici minuti. Non so quello delle sette e venticinque minuti, che numero di gallo fosse e perché era venuto dalla terrazza a bussare alla nostra finestra, cercando di sbirciare una delle poppe libere della mia compagna,Silvia. Quest’ultima poi mi ha detto, che non era un gallo, ma il Turco/Greco, con il quale avevamo appuntamento solo alle otto, per essere accompagnati al porto. Ma perché era venuto in camera nostra alle 7, 25 ? Lo scopriremo poi, in cucina, dall’orologio appeso. Non sono le 7,25 ma le 8,25 di
      MERCOLEDI 9 AGOSTO.
      Il giorno prima, il comandante del]’aereo, non aveva “spinto a tavoletta”. Il viaggio era stato percorso nel tempo previsto. Il secondo aereo, non era partito un’ora prima, perché tutti i passeggeri erano già presentì: era solo il fuso orario. Si, quello che ora ci stava facendo perdere il traghetto per Kalimnos.
      Nessuna paura………..il nostro Grecoturco ha mille risorse. Ci conduce sul molo del porto. Il nostro traghetto è partito da un’ora, ma il nostro turco, facendoci capire che dobbiamo restare fermi nella sua auto ad aspettarlo, si allontana. Va a parlare con un gruppo di dieci persone, che chiacchera davanti all’ingresso di un’altro traghetto. Quest’ultimo è pronto per tutt’altra destinazione: almeno così è scritto sul cartello esposto.
Ritornato da noi , il Turco ci annuncia che a Kalimnos ci porteranno loro e di andare subito verso il traghetto.
Nel frattempo, le dieci persone si organizzano per accoglierci: due tirano fuori un tavolino, uno prende una sedia e si siede davanti al tavolino con un blocchetto in nano, uno è nominato traduttore ufficiale del gruppo, e attraverso lui NON capiamo come mai ci porteranno loro a Kalimnos, NON capiamo se effettivamente andremo a Kaliimnos, NON capiamo perché dice di parlare l‘italiano!
Gli altri del gruppo, hanno il compito di guardarci , di parlare tra loro e di ridere. Che ci stiano sfottendo ? Mi sembra di partecipare ad una scena del film “Amici miei”, dove però, gli amici sono loro e sono loro che si diver tono.
      Paghiamo e ci danno due copie di un foglio, che definiscono biglietto, sul quale non sapremo mai cosa hanno scritto. Fatti due passi, uno degli “Amici loro”, ci prende i fogli / biglietti, non lasciandoci nulla in nano.
      Il tavolino e la sedia sono subito riportati via: non servono PIÙ.
Un poco titubanti, saliamo sul traghetto, che parte subito puntando direttamente su quella che ci era stata indicata come la Turchia………… e Kalimnos ? Siamo stati rapiti ? Hanno capito che non siamo della CIA, nè “spie Russe” con accento italiano ?
      Per circa un’ora il paesaggio attraversato, deve essere stato molto bello, ma noi non lo abbiamo visto. Infatti siamo stati presi dai nostri pensieri, non detti ad alta voce, per non terrorizzarci a vicenda.
      Passata questa ora, a sirene spiegate attracchiamo: è Kaliimnos: hai visto che i Greci non ce l’hanno nè con la CIA, nè con i Russi dall‘accento italiano ?
      Rasserenati, prendo le valige pesanti, io, perché Silvia ha già il mal di schiena………a me potrebbe venire dopo !
      Scendiamo dalla nave, sicuri di trovare tante persone del posto ad offrirci le camere per dormire ( tutti gli amici che sono stati in Grecia ce lo avevano assicurato ). Si, c’è gente, ma che passando spingono le nie valige in tutte le direzioni; non accorgendosi, che attaccato alle valige ci sono io.
      A questo punto subentra il fiuto di Silvia: “Andiamo verso destra, alla ricerca dell’ufficio informazioni”. Dopo circa un chilometro sotto il sole ( il sole greco, privo di inquinamenti, di nubi, di alberi, vediamo un poliziotto di origine controllata. Gli chiediamo dov’è l’ufficio informazioni. “Si. Vedete quel traghetto che è arrivato da circa mezz’ora ? ( il nostro ). Oltrepassatelo e andate avanti per un altro chilometro circa…………..
La strada è lunga, intravediamo il venditore di spugne, ancora il nostro traghetto, le cartoline esposte, la gente, che seduta al bar, all‘ombra, davanti ad una bibita fresca, guardandoci pensa al giorno in cui, arrivati come noi, con un traghetto, cercavano una stanza per dormire…………e il nostro pensiero ? Quello di essere un giorno, anche noi seduti al bar, a vedere passare due “BISCHERI”, di cui una con il mal di schiena e l’altro sicuramente prossimo ad averlo, entrambi sudati, ma veramente sudati. Però, ogni medaglia ha il suo rovescio : si dice che sudare faccia bene ed io ci conto molto.
      All’ufficio informazioni, dopo un paio di telefonate, durante le quali si capisce : ” taliani “ , seguito da un risolino, ci trovano una stanza.
      Un signore ci viene a prendere. Con lui avanti e noi dietro, in fila indiana per due, ( io con le valige ) ci inerpichiamo per la montagna.
Per la verità l‘omino che ci precede gode di ottima salute, infatti procede molto speditamente e non sente nè il 20% della pendenza in salita, nè i 250chili delle valige, che porto io.
in cima il paesaggio è meraviglioso. Però l’ho saputo solo dopo, quando mi sono ripreso fisicamente. A ne I‘aria di montagna fa sempre così: mi fa mancare il respiro e mi porta forte indolenzimento alle braccia che alzano pesi di 250 chili.
      Così conosciamo la “mitica Caterina”: affittacamere greca, che crede di parlare l’italiano, ma in realtà parla il francese con forte accento tedesco ed inflessione armena. Però ci si capisce a gesti.
      La stanza che ci assegnano è piccola, calda, ma in fondo al corridoio c’è il bagno, da dividere con le altre sei camere. !n detto bagno si può fare anche la doccia con 1‘acqua salata, quando è il tuo turno.
      Dalla terrazza si domina, dall’alto, il porto, il paese. Sembra far parte di un presepio, con il mare, le barche, i traghetti. Questi, con le loro sirene scandiscono le ore, di giorno e di notte.
      Peccato che dì giorno tutto ciò non si possa vedere, perché il sole sorge alle sei circa e da quel momento in poi abbaglia tanto, che sulla terrazza non si può stare, ma dicono che sia bellissimo e ancora ci credo.
      GIOVEDI 10 AGOSTO.
      Oggi andiamo a MASOURI, che si scrive con una “S” , ma si pronuncia con due “SS”, come “colgate con Colgheit”.
      Chiediamo ad una signora dov’è la fermata del bus. A gesti ci indica una ‘altra signora, seduta poco lontano. In circa dieci minuti, scopriamo che questa signora parla perfettamente l’italiano, che ha studiato al liceo classico di Rodi, al tempo della guerra ( l’ultima italiana ); che il babbo era ufficiale medico; che ha un nipote negli Stati Uniti d’America; che una nipote studia oreficeria; che la mamma ha lasciato in eredità molti terreni edificabili, solo alla sorella, ma che poi, non andando d’accordo con quest‘ultima, è andata ad abitare con lei; che ha tre appartamenti a Rodi, ma da più di vent’anni non ci va; che ha anche un appartamento a Masouri ; che i nipoti sono molto educati e lasciano il posto agli anziani sul bus…………..ma qua è arrivato il nostro bus e non ho saputo altro. Peccato,perchè stavamo entrando nelle sue confidenze.
      L’autista del bus si ferma, scende e ad uno ad uno saluta i suoi futuri passeggeri. Per tutti ha una parola: ad una signora chiede del marito e dei figli, ad un signore se erano buone le lenticchie comperate la settimana precedente. Alla nostra signora riserva un trattamento speciale e lei ci presenta: siamo suoi amici. A tutti i costi vuole pagarci il biglietto e niente la convince a fare diversamente. Ci sentiamo in obbligo.
      L’autista si siede alla guida, con i suoi capelli biondi lunghi fino alle spalle, che non hanno niente da invidiare ai miei ( sono calvo ). Si fa il segno della croce e poi capiremo, che forse sarebbe stato necessario averlo fatto anche noi.
      Si parte per un percorso stretto e tortuoso, quanto basta per non toccare le case ai bordi della strada.
      Ogni tanto l’autista guarda anche davanti a sé, perché è molto attento a salutare tutti quelli che incontra. A qualcuno suona la tromba del bus, a qualcuno da una pacca dal finestrino, ma ha una parola e un gesto per tutti.
      Tutto questo all’inizio ci fa rabbrividire, perché il segno della croce, si, sarà stato efficace a trovare la dirittura, ma il detto dice: ”aiutati che Dio t’aiuta” e non “segna ti che fa tutto Lui”. Quindi guardare avanti un pò più spesso, beh , forse sarebbe stato anche utile.
      Però col passare dei chilometri, ci siamo ricreduti: non ha toccato nessun muro, nessuna casa, nessun albero. Probabilmente aveva memorizzato il percorso. Oppure aveva Alte Conoscenze.
      In compenso abbiamo capito quanto sia bella la “dimensione umana, alla quale ormai non siamo più abituati. Tutti si salutano, “IASSU “ a destra, “IASSU” a sinistra. A volte si conoscono, a volte no.
      C’è una macchina ferma sul percorso. L’autista scende, va a cercare il proprietario. Lo saluta, chiede della famiglia. Beh, anche a Firenze l’autista avrebbe parlato della famiglia: con meno calma, a gesti dal finestrino, con due o tre espressioni tipiche, del tipo “mano sinistra su braccio destro alla altezza del gomito, oppure mignolo e indice alzati ecc...”.
      La nostra Signora ( mi sia consentito di chiamarla così ) viene fatta scendere davanti alla sua casa, aiutata a scarica re le varie borse. Pare, che d’inverno, quando fa presto buio, l’autobus non riparta prima che la nostra Signora sia entrata in casa: per evitarle i male intenzionati. Ma esistono i male intenzionati ?
      Arriviamo a Masouri, scendendo dall’alto sulla baia. Sembra di atterrare con l’aereo. E’ bellissimo. I colori vanno dal bianco all’azzurro profondo, con tutte le sfumature intermedie.
      Tutto promette grandi cose. Sulla spiaggia qua e là ci sono piccoli pini marini, che offrono la loro ombra; piccoli e grandi seni al vento che si offrono; sassi a volontà. Si, tanti sassi. Ogni tanto se ne trova anche uno stondato, ma a piedi nudi passa inosservato.
      Ci svestiamo e via verso l’acqua. Via “un corno”. Chi si sposta senza scarpe ?
      Silvia è la più coraggiosa e insensibile ( bella forza, ha fatto danza classica ) e si avvia lentamente.
      Rimango io. Cosa fare ? Come maschio, non posso fare la figura del cretino. Per un attimo penso a Qualcuno, che pur di non camminare sui sassi camminava sulle acque, ma il pensiero non mi solleva.
      Allora penso a quelli che camminano sui carboni ardenti, così io sui sassi e…….un, due, tre, quattro, cinque passi veloci ed incoscienti. Il sesto lentissimo e cosciente fino a raggiungere lo scoglio per aggrapparmi. Che figura sarebbe stata la mia, se mi fossi buttato a quattro zampe.
In questa posizione di terrore, dolore, ignoranza su chi mi avrebbe portato da mangiare nei prossimi anni della mia vita ( io da lì non mi sarei mai mosso ). In mezzo a questi pensieri un signore americano, si un americano, mi sorpassa. Il trucco c’è e lo scopro subito: calza scarpette di gomma. Prenderò esempio.
      Nel frattempo Silvia dall’acqua urla: “tuffati, tuffati, ci sono le spugne greche. Ma io senza gli occhiali da vista non vedo nè le spugne, né le greche, ma sento gli scogli sotto ai piedi.
      Non proseguo con la descrizione perchè è poco onorevole per me.
      VENERDI 11 AGOSTO.
      Stamattina siamo diretti a Myrties.
      Prima andiamo a comperare le scarpette di gomma. Poi andiamo a prendere il bus.
      L’autista del bus ci riconosce. E’ il biondo di ieri. Scende diretto verso di noi. Che orgoglio, ci saluta per primi. Chiama anche suo padre, che lo accompagna sempre sul bus. Lo chiama con uno scopo preciso: suo padre parla l’italiano e lui ha tante cose da dirci.
      Cosi, attraverso il padre, veniamo a sapere, che lui ( il figlio ) è sposato con una canadese, brava madre, brava moglie, cucina bene, è molto pulita ( beh, è una fortuna avere una canadese pulita, anche senza essere razzisti ) ,ecc.
      Nel frattempo gli altri passeggeri cosa fanno ? Ascoltano con compiacimento la storia, che sanno già, ma sono felici che ora anche noi la sappiamo.
      Poi, senza fretta “risegno della croce” e via. Noi non ci segnamo , per non rompere le abitudini. Preferiamo non attirare troppo l’attenzione del Padreterno.
       Il percorso è uguale a quello di ieri. Si passa Masuri e si va avanti. Si arriva alla spiaggia di Myrties.
Tolgo le scarpe e metto le nuove scarpette di gomma. Dopo i primi passi, mi accorgo subito, che i sassi grossi e appuntiti del giorno avanti, qua non ci sono. Ci sono sassolini appuntiti, ma piccoli, che entrano a gruppi di quattro miliardi per volta, sotto le dita, sotto al cavo del piede, se non hai i piedi piatti.
      Ero ancora immobile, alla mercè della gente che mi guardava. Ho persino creduto di sentire qualche fischio. E il mare ? Era là, bastava arrivarci.
In compenso, rispetto a Masuri ( il giorno avanti ), non c’erano i pini per l’ombra, non c’erano i seni al vento, ma solo sole, sole, tanto sole caldo.
      SABATO 12 AGOSTO.
      Oggi abbiamo tutta una scelta:o andiamo a Vattì, o a Vlahadia, o a Enporio.
      Per Vattì il bus parte alle dieci, ma qua non rispettano mai gli orari e sono sempre in ritardo.
      Non è facile trovare la fermata del bus. Chiediamo, con un perfetto inglese, ad una signora, che gestisce un chiosco, dove è la fermata. Ci manda, in greco, forse a “quel paese”, ma noi crediamo di capire di dover andare dalla parte opposta del paese, ovvero oltre il molo.
      Per fortuna non abbiamo che una borsa ( materassino sgonfio, pompa per gonfiarlo, quattro pinne, due paia di scarpette in gomma, quattro scatolette di foglie d’uva ripiene di riso, un chilo di pane, un chilo di uva, un bottiglione di acqua, una bottiglietta di crema solare, due asciugamani, due teli prendisole, un libro spesso 20 cm con tutte le spiegazioni di dove andare e come andarci, ecc..............
      Arrivati oltre il molo non troviamo la fermata del bus, ma un’agenzia turistica.
      Corsa tra me e Silvia, per chi arriva ultimo al banco delle informazioni, ( non si sa mai in che lingua parleranno e nessuno dei due vuole assumersi la responsabilità di cosa NON CAPIREMO ).
      In questa corsa vinco io. Ho il vantaggio di dover raccogliere la borsa e di dover guardare oggi il vento da che parte soffia!!! Per sfinimento entra Silvia. “ Si, da questa parte è la direzione per Vattì”, ma la fermata del bus è esattamente dove eravamo prima di attraversare il molo. Poi aggiunge: “E’ facile. C’è un chiosco con una donna dentro. Proprio davanti alla fermata del bus. ” Sguardo tra me e Silvia e via di gran carriera.
      Arriviamo alla fermata del bus, sudati e stanchi. Chi troviamo ? La “nostra signora” del giorno avanti, che ha studiato in italiano, che ha un nipote, una nipote, la sorella………….. Saluti, convenevoli e prima che inizi una nuova puntata della sua vita, le chiediamo notizie del bus per Vatì. “Bus per Vatì ? Ma sono le 10 e 3 minuti e questo bus è puntualissimo: parte alle IO esatte. Il suo autista ha studiato a Oxford e la sua puntualità anglosassone è notissima ed unica nell’isola”.
      Dalla gola mi esce un gemito: “E il prossimo ? “ Secca risposta:’’Alle l4”.
      Vattì salta ………….”Per Vlahadia ?” “Qua stesso fra mezz’ora”. Arriva il suo bus. Saluti, abbracci e parte. Non riusciamo a sapere se ha altre sorelle, o fratelli per il mondo, cosa faceva il marito, cosa ha mangiato a Natale e per l’ultimo dell‘anno. Pazienza. Tanto si dice, che il mondo sia così piccolo........ vedrai che la rincontreremo. Aspettiamo con pazienza il nuovo bus, domandandoci se l’autista sarà di cultura anglosassone, greca, turca, o altro. Arrivano le 10,30, ma non il bus. Alle 10,45, alle 11, alle 11,15 niente è variato. Che l’autista si a colombiano ? Laggiù, pare che gli aerei del lunedi partano il martedì. Per nostra fortuna c’è un venticello fresco, che ritempra. Ma l’attesa è lunga. Alle 11,30 un signore ci chiede: “taliano ?” “Si” rispondiamo noi all‘unissono e con due sorrisi a ebeti. Ma ancora all‘unissono chiediamo notizie del bus per Vlahadia. “Ma è già passato alle 11. Non è un autobus verde e grande come tutti quelli che si fermano qua, ma è piccolino e bianco. Si è fermato un solo momento, in seconda fila, dietro a uno verde e rande, che è arrivato prima di lui ed è partito dopo”. VLAHADIA SALTA !
      Mia spontanea domanda: “ora dove andiamo a perdere il prossimo bus ?”.
      Decidiamo che a questo punto è meglio andare a casa. Mangiamo sulla terrazza, con il fresco e 1‘ombra, dominando dall‘alto il paesaggio della città, con il porto e iI mare in primo piano. Si sta d‘incanto. Noi cosa cercavamo andando a VIahadia, o a Vattì ?
      Dopo una lunga dormita ristoratrice, nel pomeriggio senza storia, andiamo a fare una passeggiata sul lungo mare fino alle Terme.
      Domani si partirà per Leros. Prendiamo i biglietti in agenzia. “Volete il traghetto piccolo delle 7 o quello grande delle 7,30 ?”
Non per megalomania, ma per dormire ben 30 minuti in più, scegliamo quello grande delle 7,30.
      DOMENICA 13 AGOSTO.
      Con le valige sempre più cariche, scendiamo verso il porto. Sul tema “Valige sempre più cariche” si potrebbe scrivere un trattato di 12 volumi, perciò tralascio di parlarne.
      Prima andiamo dal fornaio, con una piccola deviazione di 600 metri, ma è chiuso: è Domenica. Al porto il piccolo traghetto delle 7 sta partendo: peccato averlo saputo, avremmo potuto prendere questo. Eh! ma tra poco arriverà il nostro! Alle 7,30 ancora non c’è. Alle 8 pure. Ma non siamo i soli ad attenderlo. Ci sono due ragazze di Bari ( future ingegnere, con le quali facciamo amicizia ), due tedeschi, tre francesi, molti greci. Ma nessuno che sappia dirci cosa succede. Il bar è chiuso. Gli uffici pure: è Domenica. Prendo l’iniziativa. Vado all‘agenzia, che è dalla parte opposta del molo, a chiedere informazioni. L’agenzia è chiusa: è Domenica. Ritorno. Un tizio, quello che una volta era chiamato “barbone” si aggira tra noi e ci dice: “La vostra nave non verrà prima delle 10”. Nessuno gli dà retta, poveretto !
      Alle 9 vengono due ufficiali, che chiudendo i cancelli, per l’arrivo di un’altra nave, ci comunicano, che i poveretti siamo noi: la nostra nave arriverà proprio come comunicatoci dallo “Barbone”. Quest’ultimo incomincia a godere della nostra stima ed è a turno, circondato da tutti con mille attenzioni. Noi offriamo uva e biscotti, che ci vengono rifiutati con sdegno. Così non abbiamo diritto a domande e viviamo di riflesso. Alle 10,30 arriva la nostra nave. Scarica i passeggeri, le moto, le auto e poi toccherebbe a tutti noi, di salire. “Voi andate a Kos ?” Domanda I‘addetto della nave ( non so se era Capitano, nostromo, o mozzo, o ammiraglio: io non ho fatto il militare e non riconosco i gradi ). E tutti in coro: “No, a Leros, Micene, ecc. ecc.”. “ Allora non potete salire. La nave prima va a Kos, poi ritornerà e vi prenderà”.
      A questo punto mi infurio e chiedo di essere imbarcato subito. Ne ho diritto. Vado con loro a Kos e torno. Cosa sto a fare sul molo al caldo per tutte queste ore. Lo dico in modo fermo e deciso. L’ufficiale si tocca la pistola ancora nel fodero, come faceva John Waine. Contemporaneamente due marittimi mi fanno capire, uno da destra e uno da sinistra, che sollevato da terra si scende molto più velocemente dalla nave. Mi hanno convinto. E poi non posso sollevare un incidente diplomatico. Scendo e la nave parte.
      Che tristezza. Incomincia l’attesa. La lotta per il posto riparato dal forte vento, per l‘ultimo spicchio di ombra. La fame incombe, ma è tutto chiuso: è Domenica. I biscotti sono finiti e l’uva pure. Nel caso si dovesse stare cos per molti giorni, conserviamo i tralci dell’uva e ci ricordiamo di avere una saponetta al cocco. Mi hanno sempre detto che il cocco è nutriente.
      Puntualmente, come predetto dall‘ex Barbone, ex poveretto, ora nominato “comandante honoris causa”, la nostra nave alle 13 ritorna.
Puntualmente alle 14 riparte. Senza storia arriviamo a Leros, troviamo stanza per soggiornare.
      LUNEDI 14 AGOSTO.
      Sul monte, alle nostre spalle, si vede, in alto, un lontano Santuario. Oggi è la festa della Santa. “Andiamo al Santuario ?” “Va bene, ma come ?” “A piedi, naturalmente”.
      Io me ne intendo di Santuari ( confesso che a volte sono bugiardo ), ma a piedi, a me sembra lunga ! Andiamo in salita per 4 chilometri, per fortuna c’è il sole che illumina la strada, e se vogliamo è a picco, ma illumina a giorno. Un “Guarda che bella quella roccia, guarda che bello quel sasso, guarda che bello quel cespuglio desertico”……….. arriviamo al santuario. E’ pieno di fedeli, che arrivano comodamente in macchina. Tutti ci guardano. Siamo gli unici arrivati a piedi, proprio come anche i loro antenati facevano tanto tempo fa. Bravi. Anche il Pope ci ammira. Si avvicina a noi e a piene mani ci dà pane al cumino, pane al miele, pane al non so che. Credo che gli abbia fatto pena il nostro stato. Chissà. Infatti a tutti distribuisce un pezzo dell’uno o dell‘altro pane. A noi tre pezzi ciascuno. Qua però devo aprire una parentesi seria. Mi sono commosso. Non ero mai stato così a visitare un Santuario. Ne avevo sentito parlare, ma la cosa non mi riguardava. Bene, qua ho visto veramente cosa è la Fede ( degli altri ). Un babbo e una figlia, che davanti a questa “Santa” si abbracciano piangendo. I fedeli che vanno a baciare la mano del Pope, a toccargli e ad accarezzargli il braccio. A parte la sua imponente mole, l’abito ( che fa il monaco ), la barba che nasconde la pancetta, il cappello che aumenta l’imponenza, a parte ciò, questo essere umano “impone” un carisma impensabile. Credo che se avesse gridato “E’ Risorto, è Risorto”, tutti gli avrebbero creduto, anche senza sapere “Chi era Risorto”, come, quando, dove. Ho finalmente capito come poteva esistere Rasputin. Ho capito come nel passato si poteva vedere camminare sulle acque e nel presente a certi parti indolori. Credo di essermi convertito. Devo essere stato toccato.
      MARTEDI 15 AGOSTO.
      Oggi Silvia ha espresso il desiderio di andare all’isola di Patos. Ogni suo desiderio deve essere esaudito, altrimenti ti rende la vita impossibile: ricattucci, musi, “fattelo da te”, “cosa stai facendo, guai come al solito ? ” insomma accetto molto volentieri, anche perché là c’è un gran bel Santuario, oggi in festa !!! Partiamo con l’aliscafo. Viaggio bellissimo. Appena sul porto, mi cerco intorno dov’è il Santuario. Proprio come un esploratore appena sbarcato. Vedo: Cazz.... E’ quel puntino lassù ?” Si, ma c’è il bus. Bene. Andiamo alla ricerca del bus. Ah! Sembra facile……il bus parte fra due ore e I’aliscafo fra tre. O si va a piedi, o non si fa in tempo. Guardo Silvia con occhio dapprima languido, poi pietoso. Non mi vede e si incammina. Come dire mettiamo ai voti se andare o no. Capisco che la maggioranza ha vinto e a stento incomincio anche io la salita. Calcolo che saranno almeno 7/8 chilometri. Quindi se ieri per 4 chilometri ci hanno dato tre pezzi di pane, oggi per 8 Km un’aggiunta di salame o mortadella, con una birretta, è quasi garantita. Almeno che non si rientri nei loro periodici 40 Giorni di digiuno greco.
      Lungo il percorso ci fermiamo a visitare la grotta, dove pare che S. Giovanni abbia scritto i suoi libri dell’Apocalisse. La cosa che più mi colpisce, è il gran numero di cestini per rifiuti. S. Giovanni doveva avere le idee poco chiare su cosa o come scrivere, visto che aveva bisogno di tanti cestini per le carte da gettare via. Ma Silvia ( che è buona ) mi ha spiegato, che sono cestini moderni e che lui la carta la buttava in terra: l’ecologia ancora non era di moda.
      MERCOLEDI 16 AGOSTO.
      Non ricordo altro della gita di ieri, se non vagamente di essere caduto ai piedi dell’altare, sfinito e tutti che gridavano: “Si è pentito, si è pentito “. Vagamente ricordo di aver preso l’aliscafo, di essermi infilato nel letto, di essermi svegliato stamattina gridando: “Santuari no, basta, per favore”. E Silia mi ha risposto: “Sta calmo, nevrotico, oggi abbiamo deciso di andare a Xirocambos sul mare”. Io non c’ero quando abbiamo deciso così, ma sono d’accordo.
      Dopo aver comperato 4 Kg. di frutta, due lattine di birra, un bottiglione d’acqua da 2 litri, 5 scatolette di roba varia, prese le pinne, le scarpette, andiamo a cercare l’autobus: io con la borsa capiente, Silvana con la crema solare. Parentesi aperta. Al nostro rientro a Firenze, sarà opportuno che Silvana si faccia un esame del sangue: l’arteriosclerosi mi sembra elevata.
Chiudo la parentesi.
      Con il bus arriviamo a Xirocambos, dopo le varie soste dell’autista: una per comprare il pane, una presso un’agenzia di viaggi ( abbiamo creduto giusto che anche lui programmasse le sue vacanze ), una per raccontarsela con un amico che non vedeva da molto tempo ( ci è sembrato che avessero anche vecchi interessi di affari in comune, ma dal tono che ne è seguito, deve aver capito che gli amici si perdono con gli affari ). A Xirocambos si arriva dall’alto. Appare una baia piccola, con poche piccole barche, una collinetta, una piccola “Ouseria” ( barrettino ), una spiaggetta con qualche alberino. Tutto sembra ”uccio”. Bello, bello, bello. L’acqua, da lontano è calmissima. Però non ci torna, che mentre noi scendiamo dal bus, alcuni giovani in tenuta da spiaggia, salgono. Perché la gente del posto va al mare altrove ? Poi capiremo ( sempre poi ). Andiamo sulla spiaggia. Non è una spiaggia: è un letto di alghe secche. E’ un morbido manto nel quale si sprofonda fino alle caviglie. Qualche animaletto tira fuori il capino, per capire chi sono questi due rompiscatole. E scoppiano a ridere, anche perché come noi, vedono che l‘autobus se ne è già partito. L’unica consolazione è di fare un bel bagno....Bel bagno, insomma. Dov’è il mare ? Al suo posto c’è uno spesso strato di alghe bagnate ! Tra un’ora l’autobus ripassa: ci prepariamo subito a riprenderlo. Andiamo verso Alinda. Spiagge molto belle, mare bellissimo, pulito, ecc. ecc. ecc. Finalmente abbiamo la nostra spiaggia ideale: due, tre, quattro bagni di fila. La sera torniamo a piedi a casa. Sono 5 chilometri, ma ci fa bene: tutta salute ( di chi ? ).
         Considerazione fuori luogo. Abbiamo lasciato Firenze contenti, perchè scappavamo dal caldo, dalle zanzare, dalla città rumorosa, che ci costringeva a tenere le finestre chiuse durante la notte, con conseguente caldo insopportabile. Qua abbiamo trovato zanzare, anche se non le stesse di Firenze; rumori notturni, perché anche qua ci sono i motorini, caldo, perché per proteggersi dai rumori si deve dormire con le finestre chiuse. Da questo punto di vista il cambio non ci ha guadagnato. A proposito di cambio. Altra considerazione. Ora finalmente incominciamo a capire qualcosa sul cambio della valuta. All’inizio era proprio una tragedia italo-greca.
      Quanto vale una lira ? Quanto vale una Dracma ? Il cambia/valute ci dà di meno. La Banca ci dà di più. Ma la posta non prende commissione. Sì, la prende. A 0,141 quanto costa il cafè alla greca ? N o, è a 0,142. Sì ma hanno preso la commissione del 2%. Che ladri !” e così via. Però ci teneva occupati. Ora non c’è più dialogo, ma solo: ”Quanto ti hanno dato di resto ? Ecco, ti hanno fregato ancora 15 Dracme” ( circa 110/120 lire, a seconda se si calcola con o senza commissione ). Vale la pena discutere ? Ovviamente no, quindi non rispondo. Così abbiamo risolto il problema del cambio. Non quello dell’arteriosclerosi. Altra considerazione: i taxi. Sono gli unici mezzi di locomozione messi a disposizione qua, con assiduità ed efficienza. Però è molto complesso il calcolo di quanto effettivamente devi pagare. Se cerchi di pattuire la corsa, prima di effettuarla, ci rimetti sempre tu, perchè non sai mai quanto sia lunga la stessa corsa. Loro ti chiedono una cifra molto, molto alta, tu l‘abbassi un pò, pensando di aver fatto l’affare e quando arrivi, ti accorgi, che data la breve distanza, l’affare l’hanno fatto loro. Se vai a tassametro, devi stare attento, che non mettano il codice della tariffa notturna, pagando così il doppio della corsa. Se Sali in taxi cumulativo, ovvero dove i passeggeri salgono e scendono come in un bus, devi calcolare quando sei salito, rispetto al passeggero che è salito prima di te, ma che è sceso dopo i due, che sono saliti dopo di te, più la bambina, che paga la metà, ma che è salita prima con la mamma, e poi è scesa con il babbo ( ma era il suo vero babbo o era l’amante della mamma ) ! Insomma, a me la matematica piace, ma piuttosto che prendere il taxi, seguo volentieri Silvia a piedi ( grande camminatrice per tradizione e per scelta sua , ma non mia ).
      GIOVEDI 17 AGOSTO.
      Sveglia senza traumi. Dopo aver ucciso le nostre 25/30 zanzare, andiamo verso il mare ad Alinda. Oggi è l’ultimo giorno che passeremo nell ‘isola di Leros. Domani la nostra meta sarà Lipsi. Ci hanno detto che è piccola, senza santuari, ma con solo 38 chiese non visitabili. La spiaggia di Alinda già da ieri è stata una scoperta. E’ bella: bel mare, belli gli alberi per l’ombra, bella la gente presente. Silvia prende di mira gruppo per gruppo e imbastisce le sue storie. “Quella è la bellona. Tutti le sono intorno. Uno in modo particolare. Arriva un’altra bellona, che chiameremo la bionda. Le due bellone si ignorano. Il bellone ora ronza intorno alla bionda. Lei si dà da fare. La prima bellona è stizzita. Si alza e va verso il mare. Anche il bellone va verso il mare, ma è attratto dagli amici, che giocano al pallone. Il pallone, si sa, rovina gli accoppiamenti, è sempre così ( arbitro becco ). La bionda però ha un’iniziativa, che sarà decisiva. Si mette il rossetto, si pettina e con astuti passetti riesce, dapprima ad isolare il bellone e poi ad accarezzarlo, a circuirlo, ed infine ad abbracciarlo e baciarlo. La bruna è spiazzata. Non sa come reagire. Afferra il bellone n°2 e lo fa sedere sulle sue ginocchia. Naturalmente guardando negli occhi il 1° bellone. Il 1° bellone è indeciso, torna dalla bruna e le parla molto da vicino, con la sigaretta in mano. Ma la bionda è molto decisa: si avvicina, prende la sigaretta al bellone e la fuma lei. Lui non potendo fare a meno della sigaretta, si alza e si avvicina alla bionda. Quello che non fa il pallone, fa la sigaretta: I due si riabbracciano. Lei lo bacia molto appassionatamente ( sei mio ). Si preparano per andar via. I due lasciano il gruppo, con chiare intenzioni: è urgente uno spiazzo isolato, una macchina, una casa. Auguri e figli maschi ( come si diceva una volta ). Tralascio la descrizione del come rimane la bruna, perché non voglio entrare nei personalismi. Nel corso della giornata, altre storie sono passate sotto i nostri attenti sguardi, ma non le posso raccontare tutte.
      VENERDI 18 AGOSTO.
      Oggi si parte per Lipsi. Ormai il “lieto evento” si sta avvicinando. E’ previsto per il prossimo 21 o 22. Tutto procede bene. Silvia è tranquilla. In fondo sa che è una cosa naturale. Quando sarà il momento, io le sarò vicino, come ogni uomo deve fare con la sua donna. Le farò coraggio tenendola per mano. Si, il 21 o il 22 è previsto l’arrivo di Gio e Alessia a Lipsi. Partiremo da Leros alle 9,15 per Lipsi, con Ia “ANA ExpreSS” ( quello che fa l’ano fa l‘ana ). Come si è capito, si tratta di una nave non molto bella: il nome metteva in guardia: fa defecare al femminile.
Bella invece sarà la traversata, che ci consente, tra l’altro, di conoscere una coppia di americani, di origine greca. Vivono negli USA e sono venuti a trovare i parenti. Grande commozione all‘incontro a Lipsi. Qualche parente tenta di baciare Silvia in bocca, ma spiego che non siamo imparentati e ce ne andiamo alla chetichella. Incominciano i problemi per trovare una camera. Ci avevano detto che I‘isola era piccola, ma sconosciuta. Piccola si, ma sconosciuta no. Non c’era posto nè in lungo né in largo. Troviamo posto in una casa ad 1 chilometro dal mare, in mezzo ad un gregge di pecore. E’ molto suggestivo, ma non ha niente a che fare con una vacanza al mare. Silvia mette il “broncino”. Bisogna accontentarla. Lascio le valige e torno verso il porto, ancora alla ricerca. Finalmente trovo una camera. ‘Quanto costa ?” “5.500 Dracme.” Mi hanno detto di contrattare sempre: 5.000 ? Anziché la camera la proprietaria mi mostra la porta. “Va bene per 5.500”. La prendiamo.
      Siamo fortunati perché il sole batte a picco sulla stanza, solo dalle 12 alle 18. Abbiamo tutta la mattina per stare in stanza a ventilarla. E la spiaggia ? Pazienza, non si può avere tutto. Non abbiamo l’armadio, perché la camera è piccola, ma i nostri abiti appesi alla cornice della finestra, della porta, sulle valige, sono molto suggestivi. Ci rilassiamo, mangiamo qualche scatoletta ( solo il contenuto, non la scatoletta ). Andiamo a dormire. Ci svegliamo alle, 17, con un forte odore di carne cotta. Sono i KOKOREZI ? ( Spiedini che vengono venduti agli angoli delle strade ). No, siamo noi, cotti dalla temperatura della camera, con la fame e la voglia fantastica dei Kokorezi.
      Ci vestiamo e andiamo alla scoperta dell’isola. E’ bellina. La gente c’è, ma non da noia. In piazza del Duomo, a Firenze, a Pasqua, durante lo scoppio del carro, ne ho vista di più. All‘ora di cena andiamo a prendere un MEZE’ ” a base di OCTAPUS ( Polipo che però aveva solo 5 pus e non 8 ), pesciolini fritti e “ OUSO “ ( anicetta ).
      SABATO 19 AGOSTO.
      Oggi abbiamo in programma di fare un giro, in barca a motore. Per 3.000 dracme a testa ( Lit. 24.000 ) si fa tutto il giro dell’isola, con puntate a 4/5 isolotti nei dintorni. La compagnia è piacevole: un gruppetto di milanesi, due romani , due olandesi, due inglesi , noi e l‘equipaggio. Salpiamo verso il primo isolotto. Silvia apre la sua carta geografica: “Questa è Panaghia”. E io: “Hai la cartina a rovescio”. “Ah già, è Vinitia”. Il timoniere è Ià a due passi e ride: “No, è Macronissi”. Silvia chiude la cartina. Da questo preciso momento anche noi ci godiamo il viaggio. Infatti, non sappiamo dove andiamo, nè “ce frega” più di tanto. E’ tutto bello e piacevole, comunque si chiamino queste isole. Il mare si ingrossa per il fortissimo vento. Anche il timoniere si vuole divertire e mette Ia barca di traverso al vento, facendola oscillare. Bella, anche questa esperienza. Ci si ferma qua e là, per fare il bagno, per mangiare. Si passa così tutto il giorno. Alle 18,30 il rientro, col vento sempre più forte, sedato però da un bel bicchiere di “Retzina” fresco, offerto dalla organizzazione. Si rientra nella nostra Reggia”. Doccia salata e cambio dì divisa. Andiamo a cena. Dove ? Andiamo a prendere il II Mezè ? Andiamo a mangiare il pesce fresco ? ( tipo Findus ). “No. Stiamo a mangiare al ristorante della nostra pensione”. ( Decisione unanime di Silvia ………..Così è e così sarà…….Ella è l Eterna ). Però devo riconoscere che è stata una saggia decisione. Mangiamo molto bene. In particolare, io trovo molti cibi esotici, che conoscevo già ( Barnie, Khorfades, ecc. ). Spiedini misti e “OCTAPUS”, completano la cena. Anche se per la verità i “PUS” non sono mai OCTO, ma quattro, al massimo cinque. Il cocomero chiude la cena, con i semi offerti dalla casa.
      Andiamo subito a telefonare in Italia, perché poi c’è la festa del vino in piazza e Silvia non vuole mancarla. Sarà per il vino ? Facciamo la fila per telefonare e siamo i settimi. Meno uno, meno due, il tempo passa. Meno cinque, meno sei, ora tocca a noi. Afferro la cornetta………….. va via la luce, in tutto il paese. A volte capita. Spiego all’incaricata, che anche senza corrente, il telefono funziona.
Lei ci spiega, che però senza la corrente non funziona il suo contascatti e siccome non accetta le telefonate “a ufo”, mi strappa la cornetta di mano e la nostra conversazione finisce qua. Vengo a sapere che quando va via la corrente, dura mediamente per 2/3/4 ore di fila, quindi ce ne andiamo. Il paese è al buio. La festa è appena iniziata, con banda, balli e canti, si ammutolisce. Non rimane che andare a dormire e così facciamo. Domani sarà un altro giorno.
      DOMENICA 20 AGOSTO.
      Alle 7,30 vado in bagno, così faccio prima degli altri otto pensionanti. Sorpresa: non c’è acqua, no non c’è acqua ed è risaputo, che un bagno senza acqua è inutile. Che fare ? Prendo I ‘ultima mezza bottiglia di acqua,e vado a lavarmi almeno i denti e a passarmela un pò sugli occhi. Perdo molto tempo, perché ogni goccia di acqua è preziosa. Torno in camera molto arrabbiato. Ci vestiamo con molta calma e quando siamo pronti per uscire, sentiamo il nostro vicino di stanza, che va in bagno e fa la doccia. Ci guardiamo: è tornata l’acqua. Ci rispogliamo e torniamo in bagno, appena l’altro, anzi gli altri pensionanti, hanno finito. Oggi è domenica, sicché memori di quella precedente, crediamo sia tutto chiuso. Non è così. Troviamo aperto il forno, dove prendiamo ( acquistiamo) il pane, due panzerotti di formaggio, un pane dolce all‘anice e sesamo. Spendiamo un capitale. Nel nostro preventivo di spesa giornaliera per il pranzo, rimane solo il costo per due pomodori e un litro di acqua. Ma io strafaccio: non visto da Silvia, compro una scatoletta di Bamie ( cornetti greci ) e mezzo chilo di olive. Più tardi, forse litigherò con Silvia, ma mi assumo ogni responsabilità. Ho tanto patito la fame in tempo di guerra, che ancora mi fa paura ( si dice così, no ? ). Silvia direbbe:” Poverino, quanto mi fa pena, tu dove l’hai vista la guerra”, ma poi in fondo è buona: normalmente dopo un muso di mezza giornata mi perdona.
      Andiamo sulla piazza, al posteggio dei taxi. Taxi per dire. Sono dei furgoncini scoperti dietro, con due tavolacci; fissati lateralmente, con una capienza di 10 persone. Aspettiamo le altre 8 persone per completare il numero totale richiesto alla partenza. Ci siamo prenotati, per andare alla spiaggia di “Platis Gialos”. Nel frattempo, Silvia va a telefonare alla mamma. Aspettiamo per circa un’ora, seduti su una panchina al fresco. E’ bellissimo, peccato che si raggiunga il numero di passeggeri così presto. Ci tocca andare. 750 dracme a testa andata e ritorno, con pagamento anticipato e in contanti. Partiamo a tutta velocità, percorrendo una strada sterrata, su e giù per le colline. Curve e controcurve. Mi consolo nel non vedere altri taxi fuori strada: vuol dire, che la statistica va a favore del “non incidente”. Mi distendo guardando dall’alto le scogliere, il mare. E’ un paesaggio meraviglioso. Improvvisamente una frenata brusca. Siamo arrivati. L’autista ci apre la sponda posteriore. Siamo liberi e come le pecore scendiamo, uno dietro all‘altro, seguendo il capo branco, verso la spiaggia. Alle 17 verranno a riprenderci.
      La zona è meravigliosa. Sparsi un pò qua un pò là, olivi secolari incolti, danno chiazze di ombra. La spiaggia ha una sabbia molto chiara. Il fondale marino ha dei riflessi, che passano dal celeste pallido, all‘azzurro chiaro, al verde, al blu sempre più intenso. Le sfumature cambiano con la profondità del mare. E’ una baia di 200 metri di larghezza, con due piccoli promontori di scogli ai lati. L’acqua è fredda e tira molto vento, ma fare il bagno è un sogno. All‘ora di pranzo, ci ritiriamo sotto ad un olivo e mettiamo fuori i nostri ”carabattoli”. Tremo: cosa dirà Silvia delle olive e della scatoletta di bamie ? Sarà il sole, sarà l’atmosfera incantata, sarà l‘arteriosclerosi, ma non mi dice nulla. Forse crede di averle comprate lei. Chiedo se sta bene. Dice di si. E’ calma e distesa. Ne approfitto e mangio tutta la scatoletta delle banie ( metallo escluso ). Dopo mangiato giù a dormire. L’aria, l’ombra, sono propizi. Alle 18 ci vengono a riprendere, con il cosiddetto taxi. Nel frattempo, Silvia ha pulito un pò qua un pò là, la spiaggia, togliendo le carte in più, le lattine, le buste di plastica. ( Temo che questa operazione si stia ripetendo un pò troppo ). Si, è bello vedere le spiagge pulite, ma mettersi a farlo sempre e solo lei, Sta diventando una fissazione.
      Arrivati in camera, dopo una bella doccia salata e un pisolino, siamo pronti per la nostra serata.
      Andiamo al ristorante del pesce e mangiamo: melanzane, patate, fagiolini, pomodori ripieni, peperoni ripieni. Solo uscendo ci rendiamo conto di non aver mangiato il pesce. Allora ci proponiamo di andare domani a mangiare il pesce, in un ristorante vegetariano. Noi siamo fatti così. Prima di andare a dormire, ci lasciamo tentare e andiamo a salutare il nostro amico, che serve nella “OUSERIA”. Ci offre due ”OUSO” ( Grappa di anice ), con piccole sfere rosse ( pomodorini ) e pesciolini fritti ( questi non sostituiscono il nostri proposito per domani ). Andiamo a letto e quel che deve succedere succeda ( niente orge a due, perché Silvia già dorme prima di mettersi a letto: così, da solo sarebbe un’orgia a uno ).
      LUNEDI 21 AGOSTO.
      Oggi dovevano arrivare Alessia e Gio, ma abbiamo saputo, che il traghetto delle 19,30 è arrivato ieri. Oggi c’è solo un aliscafo, che sicuramente non potranno prendere a causa della loro moto. Secondo logica, dovrebbero arrivare con il traghetto di domani, alle 10. Ma ormai ci stiamo abituando, che ogni logica è iIlogica. Così da un momento all‘altro, ce li aspettiamo da sotto il letto. Arriveranno. Ci incontreremo. Poi, eventualmente, loro hanno il nostro numerò di telefono di Firenze: ci chiameranno, quando ritorniamo. Il mondo continua a girare ugualmente
      Oggi decidiamo di andare in una nuova spiaggia: Katsadia ( che tradotto, non vuole dire “cazzata” ). I tassisti cercano di convincerci a non andare là. Poi capiremo il perchè: la strada è sterrata, formata da un insieme di buche. Katsadia è una baia di 400 metri di larghezza, con un’isoletta a promontorio di fronte. La spiaggia e il fondo del mare sono sassosi. C’è qualche albero, che le dà grazia, ma ieri, a Platis Gialos, era tutta un’altra cosa. Silvia si mette subito al lavoro: toglie le carte, raduna le lattine, spazza in terra, mette un pò d’ordine ai sassi, li spolvera: non si sa mai chi può capitare improvvisamente. Dopo un’ora, la casa, pardon, la spiaggia, ha un altro aspetto. E’ qua che si vedono le brave donnine di......spiaggia……..tutte spiagge e chiesa ( si dice così ? ).
      Aspettiamo di digerire prima di fare il bagno, perchè stamani a colazione abbiamo mangiato la Kounafa. E’ un dolce di 6 etti circa, fatto: all’esterno una pasta tipo capelli degli angeli e all’interno una miscela di esplosivo ( mandorle, pistacchi, uvetta, fichi secchi, cannella, zucchero, zucchero, zucchero, e altro ).
      Aspetto a fare il bagno, perché in questo momento mi sento come quei rettili, che ingoiata intera la grossa preda, si immobilizzano a digerirla, lasciando vedere dall’esterno la forma della preda stessa. Silvia va a fare una giratina, sugli scogli. Io calcolo, per quanto tempo ancora, riuscirò a stare in ombra, sotto al trasparentissimo pino marino:mezzora. Infatti è così. Dopo mezzora, sono al sole ( perchè anche qua il sol e si sposta ). Non c è più nessuna possibilità di ombra. Che fare ? Facciamo il bagno e via di corsa ( io, Silvia no ) sotto la tettoia del bar/ristorante. Alle 17 puntualmente ( come non mai ) viene il taxi / furgone a riprenderci. Una doccetta, qualche intima volgarità e pronti per la cena.
      A cena, troviamo tutti cibi di nostro gradimento, per cui, non sapendo a cosa rinunciare, non rinunciamo a nulla. Nell’occasione, conosciamo una coppia di giovani. Sono simpatici. Accettano i nostri scherzi, il nostro modo di concepire la vacanza. E’ fatta: ne viene fuori una piacevole serata, che finisce in “Ouseria”. Un bicchierino tira l’altro. Siamo allegri, un pò per natura, un pò per gli Ouso. I nuovi amici ci accompagnano fino all’ingresso della nostra pensione, perchè hanno da riprendere il motorino. Scherzando, dico che aspettiamo di vederli partire: “non si sa mai, forse può essere necessaria una spinta”. Tutti scoppiano a ridere, per la battuta assai stupida. Ma tutti riscoppiamo a ridere, quando il motorino, veramente si rifiuta di partire. Ci vuole del bello e .del buono per convincerlo a spinte. Andiamo a letto. Qualche intima volgarità, precede il sonno meritato del guerriero.
      MARTEDI 22 AGOSTO.
      Ieri dovevano arrivare Alessia e Giovanni. Oggi c’é un traghetto alle 10, con più probabilità che li porti. Alle 7 suona la sveglia. Alle 8 siamo ancora a letto e qualche “intima volgarità” ci costringe a fare poi tutto di corsa: le valige, la doccia, il trasloco in altra casa, nella previsione dell‘arrivo degli amici. Riusciamo ad essere in tempo al porto. Puntualmente, con un’ora di ritardo, arriva il traghetto con gli amici.
      Baci, abbracci. E’ un‘eternità che non ci si vede. Siamo tutti molto euforici. Ci si racconta le nostre peripezie, passate in questi giorni.
      Incominciano le risate. Se è vero che il riso fa buon sangue, il nostro è decisamente D.O.C.G.
      Prendiamo possesso delle nostre nuove stanze e della cucina. Comperiamo in fretta e furia l‘occorrente per fare la prima pastasciutta della nostra storia greca. Quasi un chilo in quattro persone e giù a ridere. Birra, acqua, un dolcetto e giù a ridere. Una battuta tira l’altra. Sono indescrivibili. Andiamo a riposare. Due mosche, una per me, una per Silvia, MI impediscono di dormire. Dico MI impediscono, perché Silvia rinuncia alla sua e le due mosche vengono entrambe da me. Sono proprio noiose come le mosche.
   Ci alziamo. Tra una chiacchiera e l’altra, camminando si arriva su una spiaggia, a circa un chilometro da casa. E’ molto pulita, ma niente di eccezionale. La giornata è molto ventosa. Facciamo il bagno. Gio, armato di tutto punto, si appresta a procurarci la cena, a base di pesce. E’ ovvio, che tutte le attenzioni sono per lui. Chi porge le pinne, chi lo regge per infilarsele, chi porge la maschera, chi il fucile. Parte e inizia l’ansiosa attesa del pesce. Dopo oltre un’ora Gio torna. Infreddolito. Batte i denti. E’ stanco. Non si regge in piedi. Ma tutto questo passa inosservato. Gli occhi sono puntati sulla retina, che contiene il pesce. Gio si accascia in terra. Non ha la forza di prendersi l’asciugamano per asciugarsi e per riscaldarsi. Ma a noi interessa il pesce. Qualcuno rigira Gio con il viso sulla sabbia e riesce a sciogliere dalla cintola la retina del pesce. Il vento è fortissimo. Gio, ormai esausto, viene spostato dal vento. Ma noi non ce ne accorgiamo. Solo dopo aver contato i pesci: “uno, due, tre..., sette, otto.... e Gio dov’è ?” La cena è garantita, allora andiamo verso Gio e lo asciughiamo. Lui urla, perché addosso ha la sabbia e fregandolo energicamente lo abbiamo rigato tutto: non è più nuovo. Andiamo a casa. Doccia, preparazione del pesce. La serata prosegue in allegria.
      Oggi è iniziata la festa della Santa Protettrice dell’ isola. La processione nel pomeriggio, danze e musica la sera, in piazza. Balli tipici, divertentissimi. Vorremmo ballare anche noi, ma non sappiamo farlo. Guardiamo soltanto. A turno, iniziano i battibecchi tra Gio e Alessia, tra me e Silvana. “L’hai guardata con voglia quella poppona.”
      Hai la bava alla bocca” . “T’ha guardato eh ? ‘ Il mio sedere è come quello di quella lì ? “Mi faresti uscire vestita come quella ?” Tutte domande alle quali rispondiamo con molta precauzione, perché potrebbero contenere un tranello, una provocazione. E’ un procedere tra le trappole. Pare di dover rispondere ai quiz dei giornaletti. SI, No, con la crocetta. Poi alla fine viene fuori, che sei un impotente, o un maiale, un nevrotico, o un maniaco sessuale.
      La serata termina in parità. I battibecchi sono stati contenuti e siamo riusciti ad evitare la lite.
      Andiamo a letto.
      MERCOLEDI 23 AGOSTO.
      Per la prima volta scrivo con 24 ore di ritardo e non ricordo particolari. Meglio, perché ho altre cose da dire e così scorro.
      Ci siamo alzati ad orari diversi. Abbiamo fatto colazione e siamo andati alla spiaggia di Platis Gialos. Gio e Alessia in moto, io e Silvia in furgo-taxi. La spiaggia l’ho già descritta avanti. Chi ha voluto prendere il sole l’ha preso, chi ha voluto l‘ombra l‘ha avuta. Tutti contenti. Gio è andato ancora a pescare e ci ha rifornito la cena.
      Al nostro rientro, Silvia va al supermercato ed io l’aspetto su una panchina fuori. Due bambine francesi mi adescano. Fanno di tutto per attirare la mia attenzione: ballano, ridono, scimmiottano. Io sto immobile a guardare il mare ( il vecchio barbuto e il mare ). Si siedono accanto a me sulla panchina e mi guardano. Io sto immobile. Una dice all’altra “Come si dice Buon Giorno in italiano ?” Allora io mi volto improvvisamente e con un sorriso dico: ”“Buon Giorno”. Si guardano sbigottite come per dirsi “Ma allora parla ! “
      Incominciamo una fitta conversazione, che dura circa 10 minuti. Una ha 6 anni, una 6 e mezzo. Una ha due dentini che le mancano e sono stati incorporati in un fermaglio per i capelli. Una è nata in Dicembre ecc……….
      Arrivano i genitori. Mi sento un pò l‘addescatore di bambini, ma riesco a mantenere Ia calma e a non arrossire. Ai geni tori, con un largo sorriso, dico: ”Ora so tutto di voi”. Con altrettanta cordialità mi rispondono: “Per fortuna non abbiamo nulla da nascondere”. A mio vantaggio gioca il fatto, che non ho le caramelle, nè in tasca, nè in nano ! Si scambia ancora qualche parola e ci si saluta amichevolmente.
      La cena è imbastita in terrazza, con vista sul mare e tanto vento. E’ a base di spaghetti, aglio, olio e formaggio ( peperoncino non c’è ), e pesci fritti ( pescati da Gio ). La fame non manca, l’allegria abbonda. Alle ore 23 Gio crolla. E’ stanco per le svariate ore di pesca. Lo coccoliamo e lo stimoliamo ad andare a riposare: domani ci deve pescare i polipi. Io presto lo seguo. Alessia e Silvia rimangono a chiacchierare e fanno le ore piccole. Domani saranno grane per me e Gio: chissà come si stanno accordando contro di noi. Temo una Rivoluzione: è così che nascono.
      GIOVEDI 24 AGOSTO.
      I bioritmi di Silvia e quelli miei, sono completamente diversi. Pur avendo fatto le ore piccole ieri, oggi lei vuole vedere l’alba. Così vediamo l’alba in due tempi: lei si alza, la vede, la vive in diretta; io più tardi, alle 8,30, la vivo in differita. Mi racconta ogni particolare. Credetemi , è bellissima la prima luce accolta dai galli, dalle pecore, dagli asini, dalle cornacchie, da Silvia. La descrizione è perfetta. Mi sembra di vivere quei momenti bellissimi in diretta, Non mi pento di aver dormito: così ho soddisfatto ai miei bisogni bioritmici e a quelli spirituali.
      Ora siamo tutti alzati e si fa colazione con un mastodontico panzerotto caldo, preso al forno. Si fa la spesa e via al porto a prendere la barca, per andare all’isola di Mastronissi. E’ un’isoletta fatta di roccia smussata e arrotondata, con spiaggia di sassi arrotondati. Il vento é forte, ma il mare non ondeggia più di tanto. Il fondale è di sassi bianchi perciò l’acqua prende colori meravigliosi. Sono colori indescrivibili perciò non li descrivo. Il sole è il padrone dell‘isola. Non c’è spazio, non c’è anfratto, non c’è buca, che non siano al sole. Per me, che non amo il sole, è guerra aperta. Prendo la tenda ( il lenzuolo ), che Silvia aveva prudentemente portato. Prendo le corde, che Silvia aveva portato. Organizzo il gruppo. Gio fa i nodi agli angoli del lenzuolo, Alessia tiene le corde, Silvia ……….mi fa arrabbiare, e io spiego come bisogna fare. In capo a un’ora la tenda è montata e fa quasi ombra, il generale ( io ) ha sconfitto il sole, grazie alla collaborazione della truppa. Ora che ci penso, io ho fatto ben poco. Comunque l’ombra serve a me, perchè Gio va a pescare, Silvia e Alessia si sdraiano a prendere l’INTEGRALSUN ( Sole Integrale ) e io mi sdraio sul materassino di gomma, sotto alla prima ed unica ombra mai vista in questa isoletta. Fino all’ora di pranzo non ho problemi. Aria, bel mare, silenzio ( per la verità le ondine, che si infrangono sui sassi, un pò rompono, ma non si può avere tutto ). A pranzo pane a volontà, formaggio greco ( feta ), prosciutto greco, olive greche, uva greca, acqua greca, birra australiana. L’appetito non manca, specie dopo il bagno in queste acque. Pisolino d’obbligo: le signore al sole, i signori all’ombra. Improvvisamente una apparizione, che influenzerà negativamente il resto della giornata: una donna completamente nuda. Si. Una donna in abiti adamitici ( o evitici ? ), si presenta a me e Gio. Le serve l‘arpione ( senza doppi sensi ) del nostro fucile. Le nostre signore, che erano al sole, lontane, non si sa come, assistono alla scena. Noi due, notoriamente sensibili sessualmente, siamo alquanto impacciati. Vinto il primo impatto, assumiamo un atteggiamento disinvolto. Almeno ci sembra. Dico ci sembra, perchè la nuda si abbassa sui piedi, allargando le ginocchia, per stare più comoda, esaminando l‘arpione, che è in terra. Questa posizione, con noi seduti sul materassino, davanti a lei, è imbarazzante. Credetemi , la posizione avrebbe consentito una visita ginecologica accurata, anche in mancanza dell’apposita poltrona. Anzi, mi è parso di riconoscere le tonsille, ma sicuramente non aveva la spirale. Gio poi mi ha detto, che era la tromba di falloppio e io insisto, che al massimo poteva essere la tuba di Eustacchio. Insomma..Tuba o Tromba sempre musica era. La nuda ci spiega, che ha visto un polipo e vuole catturarlo. Penso che sia inutile andare in tre: Gio è il più esperto e gli chiedo di andare lui. Se poi non si fosse trattato di polipo, lo avrei potuto sostituire io. I due scompaiono in acqua. Il resto lo so da quel che Gino ha voluto raccontare poi. Naturalmente le nostre signore, che assistono da lontano, inviano una rappresentante. Arriva Alessia, con un’aria cordiale/stravolta: “Dov’è Giovanni ?” “E’andato a catturare un polipo che è stato avvistato”. “Vado a vedere”, dice Alessia e si avvia con passo tranquillo/veloce. Subito dopo appare Silvia: 0”Dove sono Gio e Alessia ? ( apparentemente non sa nulla ). Mi metto al sicuro descrivendo la scena ( mio contrattacco ). Esprimo le mie opinioni sull‘accaduto. Opinioni, che pertanto sono vere. Cioè dico, che se la fanciulla nuda fosse stata spinta veramente dalla cattura del polpo, avrebbe fatto meglio a nascondere qualcuna delle sue verità, almeno con un asciugamano. Si stava presentando a due uomini vestiti, in una spiaggia non di nudi sti. Le libertà sono meravigliose, fino a che non toccano quelle degli altri. Lei era libera di fare il suo nudismo appartandosi, ma non era libera di provocare sessualmente noi. Se da maschi/animali, le fossimo saltati addosso, senza fermare gli istinti, sarebbe stato stupro ? Inconsciamente era questo che cercava la fanciulla ? Abbiamo così fatto un pò di psico-sessuosociologia, fino all’arrivo della barca, ritornata a prenderci.
      In questo episodio Gio ha errato. Non ha raccontato ad Alessia della nudità, ma solo del polpo. Così ha esposto il fianco a numerosi continui attacchi e punzecchiamenti.
      A casa, doccia, preparazione e discussione sui granchi ( sia quelli realmente pescati, che quelli simbolicamente presi da Gio con il suo comportamento ).
      Cena con “ricca pastasciutta al granchio”. Dopo cena andiamo a fare le nostre varie telefonate a Firenze, poi ci fermiamo a prendere il bicchierino serale di “Ouzo” e ritorno a casa. C’è tensione generale. A casa ci aspetta un altro episodio, che conferma la serata già negativa e poco allegra. Sulla terrazza comune, ci sono due coppie di giovani, che giocano a carte.
  Sono i nuovi occupanti di una delle camere. Silvia scorge ( occhio di lince ) che stanno usando i nostri bicchieri. Subito inveisce con poco garbo e poca educazione. I quattro rimangono senza parole. Io penso, che non siano in grande torto. Sono appena arrivati, avevano bisogno di quattro bicchieri per la birra, i nostri erano sull’acquaio puliti, senza il nostro nome sopra, nessuno di noi era presente per chiederci se potevano usarli. Con questa mia rapida analisi, stavo per intervenire dicendo, che intanto avrebbero potuto usarli e che non era successo nulla di irreparabile, quando al mio iniziale “no...” Silvia senza lasciarmi finire la frase, dice: “No un corno, sei il solito bischero. Qua parte la mia reazione, pertanto molto contenuta, per non mettere in peggiore imbarazzo, già tanto imbarazzati presenti. Come è finita la serata è presto immaginabile. Sono sempre più convinto di un’analisi per il colesterolo di Silvia.
      VENERDI 25 AGOSTO.
      Silvia si alza presto come al solito. Si gira e si rigira per la stanza e va in bagno. Io mi sveglio, mi riaddormento, mi risveglio.
      sento già l’aria che tirerà, così non ho voglia di iniziare la giornata. Alle 8 mi alzo. Freddo reciproco “Buon Giorno”. Doccia, spesa, si arriva alla partenza per “Monodendri”. Una spiaggia assolata, con un “monoalbero”. Si tratta di arrivare per primi sotto la sua ombra e occupare gli spazi strategici. Io, come ho visto fare in una trasmissione di Piero Angela, urino ai quattro angoli dell‘ombra e sul suo perimetro, per farla mia. Ma Silvia mi spiega, che tra gli uomini così non basta: siamo più violenti. Spiego, che non sono armato, se non di buona volontà. Mi sento tanto partecipante alla Conquista del West. Fino alle 11 siamo padroni del campo. Alle 11 Silvia si allontana con circospezione. Ha voglia anche di un pò di sole. Improvvisamente la collina è circondata.
Armati di stuoie, asciugamani , borse, li assalitori mi accerchiano. Mi trovo, in un batter d’occhio, isolato sul mio materassino. Mi aggrappo a questo, deciso a combattere fino all’ultimo sole. Appesantisco il materassino con dei sassi, per non farmi spostare: loro hanno anche l’aiuto del vento. Finalmente arrivano Gio e Alessia. Con qualche “cazz...”, “porco su, porco giù” ben assestati, riusciamo ad allontanare qualche nemico. Alle 13 la battaglia ha ceduto il posto alla tregua. Si tratta di andare a fare il bagno e pescare, senza che il nemico possa riconquistare la nostra fortezza. Decidiamo di andare a turno, ma con occhio attento al primo allarme. Intanto l’ombra si sposta, ma era già stato previsto. Avevo fatto un segno sull ‘ombra precedente, così dopo mezz’ora ero sicuro del percorso e della sua direzione. Lungo questo percorso avevo disseminato asciugamani fermati da sassi, borse, pinne, ecc. Gio rientrato con un polipino e 7/8 pesciotti, ci assicura la cena. La giornata continua con il solito rientro, la doccia, la preparazione della cena. Un’altra piacevole serata è trascorsa tra risate e scherzi.
      Andiamo a dormi re, non prima di aver deciso, che domani restiamo in centro, per preparare la nostra partenza verso SAMOS, che avverrà domenica, domani l’altro.
      SABATO 26 AGOSTO.
      Ci siamo alzati come al solito e come al solito andiamo a prendere il pane.
      Nel frattempo programmiamo di fare colazione al bar, a base di cafè alla greca e dolci alla greca. Il bar è chiuso: è sabato e apre più tardi.
      Decidiamo di andare alla Posta per cambi are Lire italiane in DRACME greche: siamo senza soldi per pagare la stanza. Dobbiamo farlo domani, domenica, prima di partire. Andiamo alla Posta. E’ chiusa. Fino a lunedì non apre. Ci ricordiamo che anche all’agenzia di viaggi cambiano i soldi. Andiamo all’agenzia. E’chiusa: è sabato. Decidiamo di rinviare la nostra partenza a martedì. Così lunedì potremo cambiare le nostre lire e fare una visita al sindaco dell’isola, per chiedergli se ci da la cittadinanza onoraria.
      Bighelloniamo su e giù, fino all‘ora del pranzo. Andiamo in un ristorante a mangiare a base di: Yogurt con cetrioli ed aglio, fagiolini in salsa, pomodori e peperoni ripieni di riso, spiedini alla brace. Il tutto innaffiato da un buon vino Retzina fresco. ( Si scriverà così ? non “fresco”, ma Retina ). A casa, davanti ad un bicchierino di “ouso”, al fresco, sulla terrazza, facciamo il grande sogno: torniamo a Lipsi ? Veniamo a starci per sempre ? Aspettiamo la pensione e veniamo a vivere qua ? Qua si vive con poco, forse la pensione ci basterebbe. Le tasse saranno come in Italia, o meno, o più ? Sono le domande, che tutti i turisti italiani si pongono, quando vedono un posto così bello. Poi tornano in Italia, hanno l’ICI da pagare, l’ISI, la TASCO, la MINCUL. Pagano, brontolano, non c’è più tempo per pensare a Lipsi. Tutto è rinviato all’anno dopo, sempre che le varie ”sigle” pagate, abbiano lasciato qualche spicciolo. Anche noi faremo così, ma intanto godiamo sognando.
      Una parentesi sulla casa dove abitiamo.
      Caterina è la proprietaria. La casa è stata costruita dal marito, che è muratore. Rispetto alle altre case, è stata molto curata nei particolari. La caratteristica principale è una terrazza con pavimento in pietra e parapetto a colonnine tipicamente greche. Da questa terrazza si vede il porto di Lipsi, le due montuosità, che ne formano l’ingresso e la baia. Un fresco venticello non fa assolutamente sentire le alte temperature della zona, in questo periodo. Una stanza matrimoniale, con il bagno a nostra disposizione, nonché l’uso della piscina comune, costerebbe 6.000 dracme al giorno. Ma noi che siamo “simpatici” la paghiamo 5.000 ! ( circa Lit.40.000 ). Chiusa la parentesi.
      A cena spaghetti al granchio e polipino, grigliata di pesciotti. Vino bianco e “Ouso”, Sono graditissimi, ma credo, che facciano un brutto scherzo. Infatti da lì a poco Gio e Alessia, con un argomento molto banale, iniziano un battibecco, che via via si alza di tono, fino a rasentare la lite. Nulla valgono i miei scherzi, il mio sminuire la situazione, con battutacce. Mi ritiro nel mio silenzio, dopo uno sguardo raggelante di Gio, fino a che non si calmano. A questo punto inizia la Silvia, prendendo spunto da un’appendice della precedente lite. Si vede che Silvia, reggendo meglio l’alcool, ha un effetto ritardato. Per circa 30 minuti è un soliloquio di Cazz. . .te. Tutte contro di me e riguardanti il nostro passato, il nostro inizio di rapporto e così via. Del tipo: che non avrei avuto sensibilità nello scegliere le mattonelle del salotto; uguali a quelle della casa del mio precedente rapporto; oppure, non ho pensato, che potesse darle fastidio, il portarmi dietro il mio comodissimo divano, dalla precedente relazione; e cose simili. Io rimango ad ascoltarla, per circa 30 minuti, resto impassibile, quasi come se non parlasse di me. Sono cosciente, che non c’è niente di vero, niente da giustificare un dibattito: è solo una reazione all’alcool. Ma quando esce a dire, che non ho avuto sensibilità, quando una delle prime volte, che abbiamo fatto all‘amore, in campagna, al buio, non mi sono accorto, che accanto avevamo un cassonetto della nettezza………. Bèh ! non resisto. Quell’episodio, io lo ricordo con molta tenerezza. Lo ricordo nei minimi particolari, perché per me è stato un episodio bellissimo, erotico e romantico nello stesso tempo. Da questo episodio, molto probabilmente, ha preso il via il nostro attuale rapporto. Bene, confesso, che di quel cassonetto io non me n’ero accorto. Il tutto era troppo bello, per lasciarsi suggestionare da un cassonetto di nettezza. Cassonetto, che tra l’altro, non era neanche maleodorante, poiché, sensibile agli odori e “schifettoso” come sono io, me ne sarei subito accorto. La cosa triste è che lei di quell‘episodio bellissimo ricorda solo il “cassonetto”. Il resto ? Lei l’ha mai vissuto realmente, o pensando al cassonetto, ha solo finto ? Alla mia presa di posizione, lei risponde con altri episodi, analogamente deludenti, per cui trascendiamo. Nella lite entrano: le mamme, i babbi , i figli , l‘ex mogli ecc. Ognuno è citato per il suo verso peggiore, portati in ballo dalla parte avversa ! Il tono delle voci, ormai è talmente alto che tutta Lipsi sa di me, di lei, di sua mamma, di mio babbo, ecc. C’è persino qualcuno, che sotto la terrazza prende appunti. Domani chiederò una copia, per sapere cosa ho detto.
      Alle 1,30, andiamo a letto. Ricordo i primi 30 secondi dopo essermi coricato, il tempo cioè di sistemare il guanciale sotto la testa, poi più nulla. Evidentemente tutte quelle cattiverie, avevano avuto il loro giusto peso su me, ovvero nessun peso. Così mi sono addormentato come un angioletto. Ma nelle giornate seguenti, ogni cassonetto che incontreremo, sarà oggetto di nuove battutacce.
       DOMENICA 27 AGOSTO.
      Oggi è in programma la spiaggia dei ginepri ( così da noi battezzata per gli alti alberi di ginepri ), meglio nota come Kamares. Io e Silvia arriviamo alle 9,30. Non c’è nessuno.
      E’ una baia bellissima, con spiaggia di ciottoli. Silvia si siede in acqua. Un granchietto le morde il sedere. Giuro, che non l’ho pagato per farlo. Prova ne è che il morso non lascia traccia !
      La collinetta sassosa e cespugliosa, alle spalle della spiaggia, ricordano l’ambiente del deserto Egiziano. Gli alberi di ginepro fanno un’ombra tale, che ricordano le oasi del citato deserto. Il vento oggi non è forte, ma sufficiente per star bene. Arriva altra gente: una coppia di greci con una bambina. Gio e Alessia arrivano alle 11,30. Nel frattempo Silvia fa amicizia con la signora greca. La signora parla solo il greco. Silvana non parla il greco. Però da lontano, le guardo chiacchierare per quasi un’ora. Mi chiedo come facciano a capirsi. Vinto dalla curiosità mi avvicino. Così scopro, che non si capiscono affatto. Ognuna parla del suo argomento, incurante di quello dell’altra. Silvia dice, che a Firenze non c’è un mare così bello. La signora risponde,che la bambina ha avuto la rosolia 3 mesi fa e così via. Però si sorridono contente: hanno socializzato.
      Due avvenimenti importanti seguono nella giornata: piove su Lipsi e Gio prende un “Gronco” e due polipi. La pioggia su Lipsi, è un avvenimento decisamente straordinario in questa stagione. Quanto alle prede di Gio, lo straordinario consiste nelle loro dimensioni. Fino a questo punto abbiamo mangiato sempre pesce pescato dall’amico del gruppo. Ma un “gronco” di un metro è sempre una bella preda. I due polipi non erano da meno. A casa, Caterina, la nostra affittacamere, propone di fare lei una minestra alla greca. Almeno così crediamo di capire. S0parisce lei, sparisce il gronco.
Abbiamo capito bene ? Ci viene il dubbio: e se fosse stata l’ultima volta, che avevamo visto il gronco ? Bèh ! Pazienza: siamo dei signori. Nell’attesa degli sviluppi, prepariamo in previsione negativa, uova e patate. Sarà una cena magra ? No. Ecco improvvisamente apparire Caterina, preceduta da un profumo di vino. C’eravamo capiti bene: il gronco era nostro, portato a tavola, viene letteralmente attaccato dal branco; anzi, al nostro branco, si aggrega un altro branco: un gruppo di francesi, che per l’occasione fraternizzano con noi. Che siano interessati ? Fino ad oggi a malapena ci salutavano !
      LUNEDI 28 AGOSTO.
      Oggi la giornata è dedicata agli affari. Andiamo a parlare con il sindaco, che ci riceve. E’ una persona molto cordiale, ma sicura nel suo ruolo. Ha studiato a Pisa e parla un italiano perfetto. Ci lascia una bella impressione. Forse noi non la lasciamo a lui ! Chissà.
      Andiamo in giro per l’isola. Ci intratteniamo con un barcaiolo anziano, che parla bene l’italiano. Nel tempo della guerra ne ha passate di belle. Ci racconta qualche episodio. ci sembra di rivivere la trama di un film. Ci racconta poi, che quando vanno via i turisti dall’isola, riprende a fare il pescatore. Pesca polipi con la fiocina direttamente dalla barca. Gio tenta il colpo: “ma questi polipi, dove sono ?” Il barcaiolo, che ha 78 anni, ma non è scemo, allarga un grande sorriso sdentato e risponde: “nel mare”.
      Mi ha ricordato quel vecchio contadino, al quale avevo altrettanto ingenuamente chiesto, dove andava a raccogliere i funghi. “Là” mi aveva risposto, indicandomi la montagna di fronte.
      Il pranzo si svolge a casa e tanto per cambiare, a base di pasta al polipo.
      Un chilo di pasta in quattro persone fa la felicità di Gio e mia, anche perché Silvia e Alessia ne mangiano un etto a testa, il resto è nostro: “Urrà !” Alla cena saranno dedicate le uova preparate per la sera prima.
      MARTEDI 29 AGOSTO.
      Giorno dedicato al trasferimento da Lipsi a Samos. Prenotazione dei biglietti, preparazione del bagaglio. Alle 12 in punto arriviamo al molo.
      La nave dovrebbe arrivare alle 11 e ripartire alle 1:2,30 in punto. Infatti puntualmente arriva alle 13 e riparte alle 13.30. Ma non ci stupiscono. Ormai siamo abituati: “sigà, sigà”. “Calma, calma”.
      Dopo tre ore di navigazione arriviamo a Samos. Abbiamo in programma di noleggiare una macchina. Dicendo “abbiamo”, intendo io e Gio. Infatti le signore, che fin qua avevano disdegnato la possibilità di noleggiare un motorino, oggi vogliono il motorino. Che sia perché noi abbiamo detto auto ? Facciamo un colpo di mano e prendiamo l’auto a noleggio. Prendiamo una Jeep aperta. Andiamo dalle signore, per prendere loro e il bagaglio. Silvia obietta: “E se piove ? Tutti ridiamo. In Agosto a Samos, con questo caldo ?
      Mezz’ora dopo, nuvole improvvise, pioggia. “Oltre all’analisi del colesterolo, a Silvia dovrò far fare una visita a PADRE PIO” dico io. Ma mi fanno rilevare che è morto. Chiedo, quando, distrattamente.
      Troviamo casa. Facciamo la doccia e via per l’isola con l’auto aperta.
      Oggi Gio non ha pescato e siamo senza cena. Andiamo verso la montagna. E’ tutto verde. C’è abbondanza di acqua. Ruscelli dappertutto. Arriviamo sulla cima e lasciamo l’auto. C’è un paesino meraviglioso. Un’insieme di stradine a scale. Piante di ogni tipo, ornano i giardini e le terrazze. Raccogliamo qua e là semi e fiori. E’ bellissimo; siamo su un monte altissimo e sotto a noi c’è il mare. Chiediamo ad un passante dove poter andare a cena. Ci pilota fino in cima al paese, poi ci indica un viottolo sterrato e sassoso. Ci dice, in un perfetto tedesco, di proseguire. E’ buio e non vediamo dove mettiamo i piedi. Però sentiamo l’odore di quello che hanno lasciato i muli. E se ci finiamo dentro ? Siamo terrorizzati e pensiamo già di ritornare sui nostri passi, quando un allegro gruppo ci viene incontro. Da come cantano, il vino bevuto era buono. Si avvicinano e ci dicono, che anche il vitto è buono. Così è: mangiamo a crepapelle. Tutto alla casalinga. Il vino è un nettare. Continuiamo a bere e ad ordinare. Paghiamo il conto e via di nuovo verso il buio. Chi sarà il fortunato, che pesterà la cacca dei muli ? A fiuto, nel vero senso della parola, riusciamo a scansarle. Meglio così, perché ogni massa era piuttosto voluminosa ( vista alla luce ). Prenderne una in pieno, con i sandali completamente aperti, come porto io, avrebbe comportato una radicale pulitura di tutte le unghie. Arriviamo alla macchina parlando ancora del “passito”, appena bevuto. Siamo pentiti di non aver fatto una scorta. Saliti in macchina, presto lo dimentichiamo. L’auto è aperta e il vento è poco piacevole all’inizio. Subito, da poco piacevole, diventa noioso e poi insopportabile.
      Siamo in montagna, vestiti da mare. Ci copriamo alla meglio con gli asciugamani. Sono ancora umidi, ma non importa. E’ qua, che qualcuno dice: “Con questa macchina l’abbiamo presa nel cu...”. E Gio di rimando:”Meglio nel cu... che in bocca; almeno possiamo dire le nostre ragioni”. Grande filosofo il nostro Giovanni, che sa vedere sempre il lato positivo delle cose.
      MERCOLEDÌ 30 AGOSTO.
      La compagnia è molto piacevole, perciò non trovo il tempo materiale per scrivere questo diario. Così, stento a ricordare come abbiamo passato la giornata. Ricollegando un pò il pensiero, mi sovviene qualcosa. Siamo andati a passare la giornata in una baia, alla quale si accede, scendendo dall’alto a piedi, attraverso un sentiero nel dirupo. Due sono gli episodi da segnalare. Il primo è, che Gio ha catturato due polipi, non molto grandi, quindi li mangeremo solo domani, con quelli che ci auguriamo, prenderà domani stesso.
      Il secondo è che, la spiaggia era poco frequentata, 10/15 tedeschi oltre noi. Questi tedeschi erano quasi tutti nudisti. Gli uomini non so come fossero, ma le donne erano quasi tutte molto belle. A un certo punto, dall’alto del dirupo, è sceso un giovane greco, con due borse. Ha preso posizione, in fondo alla spiaggia, sdraiandosi. Poi, cercando di mimetizzarsi dietro alle due borse, ha incominciato a fotografare le donne, cogliendole in tutte le pose possibili. Presto le nostre due signore, con occhio acuto, captando cosa stava succedendo, hanno attirato l‘attenzione delle colleghe tedesche.. Senza panico, in un attimo, i nudisti non erano più nudi.
      A me sarebbe scappata la pipì, ma in verità, ho rinunciato ad andare a farla dietro lo scoglio, nel timore di poter essere immortalato.
      Il guardone, vistosi scoperto e ormai documentato, si allontana alla chetichella.
      Per la verità, io ho detto, che se Silvia o Alessia, fossero state nude e fotografate, io sarei andato a prendere il rotolino di quel bell’imbusto. Al che, sempre per chiacchierare, Gio mi ha fatto osservare, quanto era alto e grosso il guardone, che si stava allontanando. Non potevo dargli torto.
      GIOVEDI 31 AGOSTO.
      Oggi abbiamo cambiato ancora spiaggia. Siamo andati a Cacchionis. Per la verità non si chiana così, ma assolutamente non ricordo il suo vero nome.
      Ormai non ci stupisce più niente. Ogni volta che si cambia posto, c’è qualcosa di bello, di diverso. Qua l’acqua è talmente chiara, trasparente, ferma, che se si facesse la pipì dentro, si noterebbe subito la differenza di colore e densità.
      Come al solito, cerchiamo l’albero più ombroso; studiamo il movimento del sole, per sapere, dopo quattro ore dove sarà l‘ombra; prendiamo posizione.
      Subito ci si spoglia e via in acqua, per il primo bagno, guardando la Turchia di fronte.
      Gio parte a pescare. In tutta la spiaggia siamo in 12, compreso Gio, che già non c’è ( è a pescare ).
      Dopo il bagno viene fame e pranziamo. Dopo il pranzo viene l’abbiocco. Gonfio il materassino di gomma e presa la mia giusta posizione, chiudo gli occhi alle 15,10. Alle 15,12 dormo profondamente. Alle 15,15 l’unico ragazzino della spiaggia, età 7/8 anni, sentendosi privo di coetanei, inizia un gioco solitario, all’ombra, a 20 centimetri dal mio orecchio destro ( il mio preferito ). Il gioco consiste nel trasformare la spiaggia, da sassosa a sabbiosa. Con un sasso grosso, batte su un sasso più piccolo, frantumandolo in porzioni, sempre più piccole, rendendolo quasi sabbia. Il gioco deve essere molto divertente, per chi lo pratica, poiché il bambino non dà segni di stancarsi. Meno, molto meno divertente, è per chi assiste al gioco, dormendo, o cercando di farlo. Il rumore di un sasso, che picchia forte su un altro messo a contrasto, su una spiaggia di altri sassi, è spaventoso. Specie nel silenzio di quella spiaggia, fuori dal mondo. La prima sassata mi risveglia, con la sensazione di essere presente al cataclisma, che ha diviso le isole del Dodecanneso, dall’insieme della terra ferma. La seconda sassata mi stimola a cercare di capire alla svelta dove sono e come posso salvarmi. Le successive, o perché mi sto svegliando, o perché il sasso da frantumare ormai è più ridotto, le sopporto meglio. Ma il bambino non smette. Polverizza un sasso, ne sceglie un altro e ricomincia. Più volte lo guardo con aria minacciosa, ma evidentemente non sono pauroso a sufficienza. Silvia, che sa quanto sia delicato il mio sonno, e che capisce il dramma in corso, attira l’attenzione di Alessia. Insieme incominciano a ridere e a commentare i fatti. Io non so che soluzione trovare. Non posso chiamare la mamma tedesca del bambino, che è distante 100 metri e prende il sole completamente nuda, perché potrebbe pensare “questo porco italiano, appena vede una donna tedesca nuda, gli vengono i cattivi pensieri”. Non posso rivolgermi al babbo, perché chissà in quale parte del mondo è, a dormire tranquillo su un materassino di gomma. Non posso fare, con la testa del bambino, quello che lui fa con i sassi, perché malgrado tutto, a me piacciono i bambini,ma non in polvere. La soluzione non è facile. Allora sfoderando i miei 42 denti, tutti in prima fila”, faccio una proposta al bambino: “Anzichè rompere……………tutti i sassi della spiaggia e ALTRO A ME, prendi il secchiello e sposta il mare da lì a là”. Ciò indicando, prima il secchiello, poi il mare, e infine il retro spiaggia. Il bambino non sposta il mare, ma va dalla mamma, che da lontano mi guarda, come se fossi un marziano impazzito. Terminato l’episodio, il silenzio torna a regnare sulla spiaggia, ma il sonno ormai è scomparso.
      Nel frattempo torna Gio dalla pesca, con tre polipi per la nostra cena. Silvia e Alessia hanno attaccato una fitta conversazione. Solo per un attimo Alessia si sofferma, per indicare vagamente a Gio dove può trovare il suo pranzo.
      Inutili sono i tentativi di Gio, per prendere la parola e chiedere ulteriori informazioni sul suo pranzo. Dopo esserci consultati, Gio decide che potrebbe intervenire solo nell’attinmo in cui una delle due signore prenderà fiato. Un successo: colto il momento giusto riesce a parlare. Da ciò la nostra considerazione che se vuoi avere la parola, mentre due donne parlano tra loro, devi aspettare che respirino.
      Non di altrettanto successo è la risposta che riceve: “ Ma che cazz…………….. vuoi” ? Non posso descrivere come rimane Gio, a questa risposta, percgè un nodo mi prende la gola e le lacrome mi annebbiano la vista. So solo, che sento “bofonchiare “ qualcosa di irripetibile.
      VENERDI 1 SETTEMBRE.
      Oggi è l’ultimo giorno che io e Silvia passeremo in Grecia. Domani partiremo per Firenze.
      C’è un po’ di tristezza nell’aria. Però viene momentaneamente accantonata, per lasciare il posto all’ansia che abbiamo: i proprietari della stanza hanno i nostri passaporti in garanzia. Noi vogliamo andare al mare ancora una ultima volta. Fino alle 11 i proprietari ancora non sono arrivati. Abitualmente vengono solo al mattino per pulire le camere e vanno subito via. Se oggi non li vediamo rischiamo di saltare la partenza: domani alle 6 dobbiamo essere all’aeroporto.
      Io sono preso dal panico. Abbiamo le coincidenze dei voli, prenotate con un anticipo di un mese. In questo periodo non ci sono alternative di voli: sono tutti occupati.
      Senza passaporto non si può partire. Dove cercare questa gente ? Silvia, con la sua falsa calma nevrotica, non mi agevola. Gio è più calmo. Forse perché lui e la Alessia, hanno in programma di stare ancora qualche giorno e quindi il problema non li tocca !
      Propongo di andare con la macchina in paese a fare delle ricerche. Partiamo. Incrociamo un furgone nel senso contrario. Urlo generale: “ E’ lui”. Voltiamo la macchina e via a inseguirlo. Finalmente riusciamo a fermarlo, parlargli, spiegargli il nostro dramma.
      Dopo in suo “sigà, sigà” ( calma, calma ), passaporti in una mano, soldi nell’altra, riusciamo a risolvere il problema.
      Alle 12 finalmente si va verso il mare.
      Ordiniamo a Gio un grosso polpo che puntualmente ci porta per la nostra “ultima cena” ( a 33 anni suonati abbondantemente ) a SAMOS.
      Momenti di tristezza appaiono lungo lo svolgersi della giornata. Ma Gio smitizza queste tristezze, rammentandoci di volta in volta, che lui nei prossimi giorni, a quest’ora, sarà costretto a fare il bagno, e stare spaparanzato sulla spiaggia, ad oziare, a divertirsi, mentre noi saremo a lavorare. Gio è un grande amico !
      Di rimando, noi siamo dispiaciuti, perché da domani incomincerà a piovere e ci saranno tanti terremoti, che frazioneranno ancora di più le isole. Gio e Alessia si assentano un poco, per andare in paese a telefonare. Invece tornano con i regalini: un cappello per me, in libro sulla cucina greca per Silvia. Il gesto è simpaticamente commovente. Ci ripromettiamo di fare una cena greca al loro rientro a Firenze. Ricominceremo ancora con la baldoria.
      La sera, a cena, sulla terrazza, si affronta un argomento molto delicato: “iBambini si, Bambini no”. Le signore alla unanimità sono per il “Bambini si”. I signori sono tutti per il “Bambini no”.
L’argomento è già stato trattato da noi quattro e da tanti altri. La conversazione, si trasforma in acceso dibattito. Per smitizzare, propongo ad Alessandra di rinunciare ad un ipotetico bambino purchè Gio le comperi un cagnolino, da lei visto e desiderato. Mi rendo garante io della trattativa. Alessia accetta. Propongo una dichiarazione firmata, ma Alessia fa marcia indietro e rifiuta la firma. Rinfaccio così la poca serietà per aver rinunciato ad un figlio in cambio di un cane. La maternità è sentita solo come un “trastullo” ?
      Vedendola in difficoltà, calco la mano. Dico che in presenza di testimoni ha fatto una scelta con poca serietà, rifiutandosi poi di sottoscriverla.
      Silvia, per spirito di parte, si scatena alla difesa. E’ talmente scatenata, che solo la mia mossa diplomatica, riesce a conservare la parità dell’incontro.
      A questo punto io faccio notare che è già l’una e dieci dopo mezza notte e che domani, alle cinque, suonerà la sveglia. E’ il gong dell’incontro. Andiamo tutti a dormire, sognando bambini, cagnolini con le toppe nere sull’occhio.
      SABATO 2 SETTEMBRE.
      Oggi, io e Silvia partiamo per Firenze.
      Ci svegliamo alle5. Prepariamo le ultime valige. Svegliamo Gio, ma non riusciamo a farlo con Alessia, profondamente addormentata.
Carichiamo i bagagli sulla Jeep e via all’aeroporto. Ultime battute, ultime risate.
L’aereo passerà sulla nostra casa, quindi mi faccio promettere da Gio, che ci saluterà.
      L’aereo si alza ( guai se non ci fosse riuscito ), ma non vediamo la casa, tanto meno Gio. Sapremo poi che Gio ci ha salutati. Io credo che sia una sua “balla”. Per me era già tornato a dormire.
Atterriamo ad Atene. Abbiamo: tre ore di tempo, una carta telefonica, 12.000 Dracme da spendere.
      Telefoniamo a Firenze, ai genitori di Silvia ed a mio padre. Diciamo loro di essere ad Atene e che verso le 23 saremo a Firenze. Abbiamo ancora un credito sulla carta telefonica. Dopo mezza ora richiamiamo la mamma di Silvia e dico: “ che l’aereo è stato velocissimo e che siamo già a Roma e per pranzo saremo da lei “. Povera donna, si fa in quattro, perché vuole sapere cosa prepararci. Scelgo tortellini e roastbeef, ma interviene Silvia che dice la verità. Finisce la telefonata, ma ci siamo divertiti tanto.
      Scriviamo le ultime cartoline ed attraversiamo la dogana.
      Andiamo al “duty free shop” ( traduci: fregatura dell’ultimo momento ).
      Come tutti i turisti, prima di arrivare qua, si fa economia: calcoli alla lira ( alla Dracma ), quanto vogliamo, quanto puoi risparmiare, quanto sia più conveniente quell’altra confezione. Davanti a questi scaffali è tutto il contrario: incominci a prendere qualsiasi cosa pur di raggiungere la cifra che hai in tasca e che devi spendere, fino alle ultime 10 Dracme per un sacchettino di tre pistacchi.
      Davanti a questi scaffali, solo i fumatori sono avvantaggiati nella scelta: comprano sigarette, sigarette, sigarette. Ma noi che non fumiamo ? Scatole di “locumia” ( ci sono anche a Firenze a prezzi inferiori pur essendo tassate e non poco ), scatole di “mastica” che non mangeremo mai, perché troppo dolce, eccetera, eccetera.
      Così partiamo con altri quaranta chili in più di scatolette varie.
      All’aeroporto di Fiumicino ritiriamo il bagaglio, con il carrello ( non quello dell’aereo ). Andiamo a prendere il treno, che ci porterà alla stazione Termini.
      Incominciano i primi disaccordi tra me e Silvia, in terra italiana. Il nostro treno partirebbe, da Roma per Firenze, alle ore 19,30 ma siccome sono appena le ore 15,30, propongo di cercare un eventuale treno precedente. Scopriamo che ci sarebbe un treno alle ore 17,15. Inizia la mia ansia, la mia corsa al tempo. Non ho voglia di aspettare tante ore in stazione. Suggerisco di cercare l’uscita, con più sveltezza, di accelerare il passo, di raggiungere il treno in partenza con più rapidità. Ma quando Silvia vede me in ansia, me di fretta………………….. bene, è il momento che lei si rilassa: dando assoluta precedenza a tutti quelli che passano, va a cercare un carrello in fondo al marciapiede numero uno, mentre noi siamo sul numero ventidue, non trova più il biglietto da obliterare in testa al binario, eccetera, eccetera.
      Riusciamo a raggiungere il treno , salire e dopo solo due minuti parte.
      Lo scompartimento scelto da noi è vuoto. Ottima occasione per rinfacciarsi le colpe, per fare una bella e sana litigata. Muso a destra, muso a sinistra.
      Altra ottima occasione per dormire.
      In un baleno si arriva a Firenze. Alle 19,10 ci siamo già, contro la presunta partenza da Roma delle 19,20. Lo faccio notare e lei mi risponde: “ma tanto ce l’abbiamo fatta”. Non rispondo ma bofonchio tra i denti una delle massime di Gio.
      Alla stazione di Santa Maria Novella, ci accoglie un tassista abbronzato. Si fa due chiacchiere. E’ tornato ieri dalla Sardegna. Siamo tra reduci. Ci porta a casa dove troviamo quasi tutto a posto.
      Faccio notare tutte le piante del terrazzo e il loro verde equatoriale. Faccio notare, che dopo cinque anni di mia insistenza, finalmente mi è stato consentito di realizzare l’impianto di irrigazione e che ha funzionato a meraviglia………………………………………….
      Volto lo sguardo, vedo una grossa pozza di acqua in terra, che si è infiltrata anche sul muro. Anche Silvia vede le infiltrazioni. Le cercava……… apriti celo. I “lo avevo detto” non si contano. Però, da un mio rapido esame, scopro che l’impianto di irrigazione è perfetto e funzionante. La perdita proviene dallo stracolmo del deposito dell’acqua in soffitta. Io non sono il responsabile, ma l’idraulico che a suo tempo aveva regolato male il galleggiante di chiusura. La nostra assenza ha ridotto il consumo, facendo strabordare il deposito, con conseguente fuoriuscita.
      Cerco di spiegarlo a Silvia, ma vengo interrotto con un secco: “Vai a farti la doccia che voglio farla anche io”. Ciò suona quasi come un “Vai a fare…………………..”. Lei non saprà mai che il mio impianto ha funzionato perfettamente. Sono un incompreso !
   Vado così a confondere le lacrime con l’acqua della doccia.
      Più tardi, telefoniamo oa mio padre ed ai genitori di Silvia. Alla mamma di Silvia dico, che siamo ritornati ad Atene perché ci siamoo accorti di avere altri soldi da spendere. Ritorneremo a Firenze la settimana prossima. Silvia mii regge la parte, gridando da dietro: “Fammela salutare, prima che finiscano i gettoni”. Per rendere verosimile la sceneggiata, improvvisamente, mettiamo giù la cornetta del telefono. Ma la mamma non ci casca e ci richiama. Per dare ancora senso di verità, non rispondiamo. Dopo mezz’ora la richiamiamo, dicendole che abbiamo litigato e siamo ritornati. Non capisce più niente. Le spieghiamo la verità e tutto finisce a “tarallucci e vino” ( come si suole dire ).
      A parte tutte la battute, le peripezie raccontate ironicamente, se si dovesse tirare le somme,dovremmo ammettere la bellezza dei posti frequentati, la giovialità delle accoglienze, l’organizzazione tutt’altro che negativa.
   Alla domanda: “ Ritorneresti a fare un viaggio simile, anche se con tutto quanto descritto “ ?
     La risposta è senza neanche pensarci due volte:“ Subito, anche ora “.
      Penso che anche il prossimo anno, la Grecia ci vedrà nei suoi mari. Arrivederci Grecia e greci.
         * * *
Secondo
      Viaggio
      L’anno scorso, al ritorno dal primo viaggio, avevo fatto la mia dichiarazione d’amore per la Grecia. Così, quest’anno, per coerenza abbiamo deciso di ritornarci.
      Anche quest’anno i nostri inseparabili compagni di viaggio saranno la coppia Giovanni e Alessia.
      Sommando quanto siamo stati bene l’altra volta ci da entusiasmo. Ma il pensiero di dover aspettare l’aereo, forse tre o quattro ore, la partenza, il caldo che farà, le camere da trovare, i traghetti………………………………… ma chi ce la fa fa… ? Siamo stanchi.
      Abbiamo bisogno di staccare dalla routine quotidiana, dalle corse di tutto l’anno. Anche il nostro fisico ci sta dando i suoi segnali: prima io poi Silvia siamo stati attaccati dalla influenza. Ma attaccati di brutto dai virus alla gola, al naso, alle orecchie. Pareva di sentirli camminare, da quanti erano. Si trasferivano rumorosamente da una parte all’altra del corpo. Quando io gridavo” no, la gola no, state nel naso………………………. “ non mi hanno neanche ascoltato.
            Io ho comprato uno zaino / valigia. Primo litigio con Silvia “ hai vinto alla lotteria “ ? ( Lit. 85.000, in tela plastificata, robustissimo ). Ne avevo proprio bisogno: la mia valigia aveva un taglio esterno nel fondo, se si fosse aperta mentre ero in Grecia………. Tra la valigia sfondata in Gtecia ed il litigio con Silvia, ho scelto quest’ultimo. Alla prima versione non sono abituato, alla seconda ormai no faccio più caso.
      Stiamo collaudando l’impianto di irrigazione per le piante, in modo che dopo venti giorni di perfetto funzionamento, potremoo partire tranquilli………………. tanto qualcosa non funzionerà. Ma su questo avremo tempo di litigare, io e Silvia, al nostro rientro.
      Abbiamo prenotato i biglietti per l’aereo. Faremo il percorso Firenze / Roma, in treno e Roma / Atene / l’isola di Hios, in aereo.
      La coincidenza per l’isola è scomodissima.
      Arriveremo ad Atene verso le 17,00 e ripartiremo per Hios, solo al mattino seguente. Tutta la notte in piedi ! Sarà duro per noi dormire come i cavalli.
      Ho proposto, con poche speranze, di passare una romantica notte ateniese. Per non scendere a litigare, accetto la versione di Silvia, anche se meno romantica: guardandoci male, seduti sul nostro bagaglio, passeremo la notte nell’atrio dell’aeroporto ! Dirò più avanti come abbiamo passato la nostra notte romantica. Mi aspettano giorni duri.
      Per la selezione di cosa portare con noi: pinne si o no, occhiali si o no, pantaloncini grigi o rossi, camicia comoda che piace a me o una scelta da Silvia ? Credo che farà come sempre: farò scegliere tutto a lei senza discutere, poi all’ultimo momento farò le sostituzioni volanti ! Questo trucco l’ho imparato da lei ! Facendo così si perde molto meno temppo e siamo entrambi contenti.
      VENERDI 1° Agosto.
      Da oggi siamo in ferie.
      Stamattina sono andato in ditta. Ho lubrificato le macchine, ho attivato la segreteria telefonica, ho messo sulla porta il cartello “siamo chiusi per ferie”. Ho chiuso la ditta……………… arrivederci a Settembre.
      Prima però ho dato uno sguardo affettuoso al Computer e gli ho detto: “Stai tranquillo e vedrai che ritornerò………………………”
      Il pomeriggio è dedicato alle valige: questo no, questo si, questo no, questo no, questo no. Ovviamente i no sono di Silvia. Ebbene siamo riusciti a ridurre il carico: uno zaino io ( quello nuovo oa valigia ), uno zaino Silvia ( prestato da Alessia ). Una borsa per le cose da mare: maschere, stuoini, materassini, eccetera. Una borsa per le vivande utili durante il viaggio. Stremati ci sdraiamo a riposare sul letto. Silvia alza una gamba in alto per stiracchiarsi. Alzo anche io una mia gamba e la metto accanto alla sua. Faccio subito notare: “ hai visto il confronto ? Guarda che bel piedi forte e dignitoso è il mio ! E guarda che gamba indegna è la tua ! “
   Cerco di provocarla per essere io a scegliere l’argomento della lite. Altrimenti partirei svantaggiato. Ma Silvia è furba e questa è una sua tecnica, perciò non ci casca.
      SABATO 2 Agosto.
      Ci alziamo presto.
“Buongiorno cara”.
“Buongiorno caro. Hai sentito le notizie ?”.
“ No”.
“Nelle vicinanze di Roma, c’è stato un de - ragliamento ( non asinino, ma ferroviario ).”
“Beh ?”
“Ma caro, non è a Roma che stiamo andando ?”
Mio silenzio con toccamenti vari.
“ Ti vedo sorridente. C’è altro cara ? “
“ Si caro, all’aeroporto di Atene, c’è allarme terroristico, in occasione dei Campionati mondiali di atletica”.
“ Beh ?”
“Ma caro, non è ad Atene che dovremo atterrare con l’aereo ?”
Anche questa osservazione non è ben augurale, ma mi tocco e mi ritocco, per gli scongiuri, comtro le “gufate”.
      Mi viene un attimo di dubbio sulla nostra imminente sorte; ma io ho promesso al Computer di ritornare……………………… Beh, farò del mio meglio per mantenere la promessa.
   Facciamo la doccia, ci vestiamo. Chiamiamo un taxi e via alla stazione.
      Il treno arriva subito. Lo scompartimento è riservato. Non c’è molta gente. Le persone presenti hanno un aspeto simpatico e anche loro stanno iniziando le loro vacanze.
       Preso posto nello scompartimento, prima di annoiarmi penso di mettere il panico: “Speriamo di non avere troppe ore di ritardo ! I treni che arrivano da Roma hanno 160 minuti di ritardo ! Come, non sapete del deragliamento ? Eh ! …….. Ben 6 treni uno sull’altro, 3 stazioni coinvolte ! Tutti i treni si fermano a 80 chilometri dalla capitale e i passeggeri, sono trasportati prima in bus, poi in nave, per girare al largo di Roma, che ormai è inaccessibile. Stamattina si parlava di deviare tutto su Napoli e Genova”.
      All’inizio i nostri compagni di viaggio mi credono e si terrorizzano, ma poi penso di averle raccontate troppo grosse. Comunque, si arriva a Roma / Termini, tra le risate e solo con 5 minuti di ritardo: puntualità miracolosa.
   Subito prendiamo il treno / navetta per l’aeroporto di Fiumicino. Parte puntualissimo. Dopo aver percorso 100 metri, si ferma di colpo. Arriva la Polizia. Un gruppo di viaggiatori di un treno accanto, fermo da parecchie ore, protesta, stando sdraiati sul nostro binario. Vengono convinti a spostarsi, sdraiandosi sul loro binario: ad ognuno il suo binario !
      Ripartiamo.
      All’aeroporto è tutto normale. Consegnamo il bagaglio, l’incaricato ci assicura, che FORSE il nostro bagaglio lo troveremo direttamente all’isola di Hios, senza bisogno di trasferirlo noi al passaggio ad Atene. Il “forse”, ci rassicura molto, perciò partiamo tranquilli ………………di dover fare molte ricerche ad Atene, se vorremo avere il nostro bagaglio.
      Dopo il solito ritardo di tre ore e ci alziamo in volo verso Atene.
      I passeggeri sono quasi tutti italiani, perciò il benvenuto del Comandante, le istruzioni sul come salvarsi in caso di scoppio dell’aereo a 13.000 metri di altezza, vengono descritti in greco. Io per ripicca, quando la bellissima hostess viene a controllare come abbiamo allacciate le cinture, io tengo nascosta quest’ultina sotto al mio marsupio, che porto legato alla cintola. Lei bofonchia qualcosa indicando il mio basso ventre. Io faccio finta di non capire e la tiro lunga, intrecciando la cintura dell’aereo con quella dei miei pantaloni. Lei non ne vuole sapere, arrossisce e va via. Silvia non segue perché è preoccupata per il decollo. Leggerà poi questo scritto e sicuramente non lo vorrà capire !
      Atterriamo ad Atene, con il solito applauso liberatorio al ”comandante Ceccarelli ” ( quello delle barzellette ).
      Andiamo a cercare le nostre valige. Il nastro trasportatore inizia a girare, ma qualcos’altro non tarderà a girare a noi…………………. Le nostre valige non ci sono. Ci consoliamo perché quando il nastro si ferma, altre 20 / 25 valige mancano all’appello. Andiamo alla ricerca di un responsabile. Lo, anzi, LA troviamo. Ci chiedi i biglietti in un greco perfetto, che noi non capiamo. Dopo 15 minuti, un lampo “ che voglia i biglietti ?” “ Si”. Scopriamo così che la incaricata parla italiano ! Guarda i biglietti: “ non preoccupatevi, le vostre valige le troverete a Hios”. “ Ma noi andiamo a Kios”. “ Vorreste andare a Kios, ma avete il biglietto per Hios ?” Tiriamo fuori la cartina della Grecia e mostriamo l’isola dei nostri sogni. “ Ma questa è Hios, hanno scritto Kios in inglese, sbagliando, perché Kios è da un’altra parte”. “Insomma è là che va il nostro aereo ed i nostri bagagli ?” “Si, ma state calmi, perché il vostro aereo partirà solo domani mattina, alle 8,56 “.
      Ci accingiamo a passare la notte. Cerchiamo un posto dove sdraiarci, poi ci accontenteremmo di un posto dove sederci, infine un posto dove poter stare in piedi. Vaghiamo per l’aeroporto. Andiamo al WC tre volte ciascuno. E’ un bel ambiente ! Ci laviamo e rilaviamo: non abbiamo di meglio da fare. Il tempo vola. Sono già passati 40 lunghi minuti. Abbiamo solo undici piccole ore da passare. Finalmente alle 24 troviamo una sala d’aspetto vuota ! Ci sediamo. Chiudo gli occhi e mi addormento di colpo. Subito sogno di essere tagliato da una sega elettrica e mi sveglio spaventato. No, non è un sogno: a tre metri due notturni falegnami, stanno allestendo la sala e hanno cominciato a segare le tavole di legno. Mi viene il dubbio che aspettassero noi ed in particolare che io mi addormentassi.
       Il rumore di una sega elettrica, nel silenzio di una notturna sala d’aspetto è INIMMAGINABILE…………… Dobbiamo avere molta pazienza: è il loro mestiere. Siamo stanchissimi e riusciamo persino a dormire, tra un dente della sega e l’altro. Quindi, un susseguirsi di dormi e sdormi.
      Dopo circa una ora, riabituiamo al rumore della sega e prendiamo un sonno profondo. Improvvisamente ci svegliamo entrambi e ci guardiamo si fa per dire ). Il rumore è cambiato: stanno sparando. Tutti giù per terra! Ma non è necessario. Si, stanno sparando, ma solo i rivetti. Infatti i falegnami, dopo aver segato tutte le tavole, stanno inchiodando con la pistola a pressione ! Penso che avendoci visti addormentati, abbiano pensato di farci una nuova improvvisata ! Ci vuole una altra ora per abituarsi a questo nuovo rumore e riaddormentarci………………….. Improvvisamente, ci svegliamo ancora. Ebbene si, i falegnami hanno mille risorse:inchiodato tutte le tavole, l’improvviso silenzio ci ha svegliati con qualcosa che ci mancava.
      Ormai siamo svegli, così facciamo uno spuntino notturno: due uova sode, una scatoletta di carne, formaggio, pane, una scatoletta di tonno e fagioli, due birre, due pesche, una mela ( per togliere il medico di torno ). A stomaco pieno si dorme meglio. Così riprendiamo sonno: seduti con il mento appoggiato al carrello portabagagli, il pugno chiuso, tra la fronte ed il palo del carrello, così da tenere in bilico la testa.
      Quanto dura questo sonno ? Non si sa, ma sicuramente poco. Cosa è che ci ha svegliati ? Un omino piccolo piccolo, spinge una enorme macchina lucidatrice: dalla mole e dal rumore sembra in Jumbo ! In effetti devono averla ricavata da un Jumbo demolito, perché lucidatrici così grosse e rumorose, non le avevo mai viste.
      L’omino è molto scrupoloso. Va su e giù per ogni singola mattonella. In dieci minuti ne ha fatte ben 20 mattonelle. Da un rapido calcolo deduco che sono 4.721 mattonelle, perciò saremmo partiti senza vedere terminata la lucidatura. Al che, ho creduto opportuno non assistere all’inizio di un lavoro che non avrei mai visto terminato. Così siamo andati vagando per l’aeroporto. Gente accucciata uno sull’altro, gente con lo sguardo fisso, gente “extasy…ata, di tutto un po’.
      DOMENICA 3 Agosto.
      Alle ore 7 si sono aperti gli sportelli per il “chec-in”. Davanti a noi ci sono 737 persone, ma si scorre bene…….. Alle 8 ancora non tocca a noi. Faremo in tempo ? Ebbene si, siamo riusciti a prendere l’aereo per Hios. Decollo, volo, atterraggio, caramella intermedia. Nessuna storia, se non l’ansia di ritrovare le nostre valige all’arrivo.
      Il pilota si accorge un po’ tardi di essere sull’aeroporto, per cui scende in picchiata, con una rotazione sull’ala sinistra, che mi ricorda tanto i films di guerra, con John Wayne a cavallo ! In effetti il comandante non aveva tutti i torti: nessuno lo aveva avvertito di essere arrivati !
      L’aeroporto è piccolissimo. In pratica, per aprire il portellone dell’aereo, sono costretti a chiudere la porta del WC dell’aeroporto. Però c’è anche un nastro trasportatore e arriva subito una nostra valigia. Io sono commosso nel vederla, perché da ottimista penso: Se c’è una, ci saranno le altre tre. Silvia, da pessimista pensa: “Può esserci una, ma non le altre tre”. Vince il mio ottimismo: ci sono tutte.
      Usciamo dall’aeroporto. C’è un ufficio informazioni, ma è chiuso perché è domenica. Troviamo una hostess e le chiediamo come arrivare a Hios città e a Emborio. A Hios in taxi, per Emborio, oggi niente da fare, perché è domenica.
      Fuori c’è un tassista, con il ferro del suo mestiere: un taxi. Patteggiamo per Hios, ma ci propone di portarci anche ad Emborio. Il prezzo ci sembra buono, così accettiamo.
      Attraversiamo l’isola. E’ molto desertica e montuosa. Infiniti campi di piccole piante, basse. L’autista ci spiega che sono le piante con le quali
 Fatta la “mastica”, una specie di marmellata bianca, molto densa , molto dolce e profumata di resina.
      Dopo una corsa di circa 28 chilometri, si arriva ad Emborio.
      Durante il viaggio abbiamo chiacchierato con l’autista, in un dialetto italo / anglo / greco, su varie cose interessanti, che qui non descrivo per brevità. Comunque,lui ci promette di trovarci una stanza sulle 7.000 Dracme. Ci porta in una trattoria e attraverso la cuoca, amica di un ingegnere, marito di una architetta, troviamo un appartamento. Non è molto bello, ma in compenso è molto caro.
      Qua iniziamo oa fare i confronti con i costi dell’anno scorso. I prezzi ci sembrano raddoppiati. Inoltre il paesino è molto piccolo, affollato e non è accogliente. Il primo impatto non è positivo. Il secondo e il terzo impatto, non saranno meglio.
      Andiamo a pranzo. Si mangia male e si spende molto.
      La sera andiamo a letto, stanchi morti, ma soddisfatti…………. .. Si fa per dire: soddisfatti di cosa ? Domani sarà un altro giorno.
      LUNEDI 4 Agosto.
      Ci alziamo con molta calma. Non abbiamo fretta e siamo ancora stanchi. Andiamo alla spiaggia. Sassi piatti, neri, a volontà. Tanto vento e quasi niente da ricordare. Ricordo poco anche perché scrivo questa cronaca solo dopo cinque giorni dall’accaduto. Come vedremo, avevo tutte le ragioni per isolarmi dai fatti e dal diario.
      Nel pomeriggio ci siamo riposati. Abbiamo ripreso un po’ del perduto nella notte trascorsa all’aeeroporto di Atene.
      Incominciamo anche a ridere tra noi, il che non è poco.
      Sulla piazza scaricano sedie e tavolini in legno. Tante sedie, tanti tavolini. Ci dicono che stasera ci sarà una festa in onore del Santo patrono. Bene ! Siamo contenti, e ben ci stà ! Capiremo dopo il vero significato di questa festa. Il nostro entusiasmo sarà ben punito.
      Andiamo a cena in una trattoria sul mare. Mangiamo benissimo, tutto a base di pesce fresco. Alle 22, ancora l’orchestra prova gli “altissimiparlanti”. Cerchiamo un posto per sederci e partecipare alla festa. I tavolini sono già tutti occupati. In una serie di cinque tavolini, ci sono sei persone con bibite davanti. E’ evidente che aspettano altri amici e parenti, ma c’è molto spazio libero. così chiediamo in inglese, se possiamo sederci in un angolo, alla estremità di uno dei cinque tavoli. Una signora ci sorride, lasciando intendere che possiamo farlo. Ci sediamo. Il tempo di guardarci un po’ in giro. Passa circa un quarto d’ora. Il “capobranco”, titolare dei cinque tavolini, si accorge della nostra presenza, si alza improvvisamente facendo ruotare i cinque tavolini, per 90 gradi. Cambia così la disposizione, togliendoci letteralmente lo spazietto di tavolino che noi avevamo davanti. Così ci lascia senza tavolo davanti.
      Silvia, cercando la rissa, mi istiga a litigare. Io ci sono rimasto male, ma non intendo litigare e rifiuto la rissa. Propongo di aspettare e mettere tempo davanti. Ormai la gente è accalcata e non si vedono più i preparativi. I componenti del balletto, in costume tipico, che dovranno esibirsi, sono seduti in un lungo tavolo a loro riservato. Non si curano che di mangiare e gioire tra loro. I camerieri si curano solo di loro. Avanti e indietro portano a loro di tutto: da mangiare e da bere a volontà. Devono essere importanti e bravi, ma come faranno a ballare così pieni ? Alle 23,25 l’orchestra cessa e riprova i microfoni. Inizia così la vera e propria esibizione del “corpo di ballo ripieno”. La gente accompagna la musica, battendo a ritmo sui tavoli. Noi non possiamo farlo: non abbiamo il tavolo per batterci sopra ! I ballerini si accingono a ballare, andando al centro della festa. Noi non li vediamo più. Ci spostiamo in piedi su un muricciolo. Sembrano fermi, non sembrano muoversi nemmeno per respirare. Effettivamente avevamo ragione noi: sono troppo pieni per poter ballare ! Questo loro “surplace” ( fermi sul posto – francesismo ) dura circa mezz’ora, poi sono sostituiti dalla folla che si scatena nelle danze. Noi non siamo in grado di farlo. Siamo gli unici in calzoncini corti e con i sandali; non sappiamo i passi, né vogliamo saperli. Rinunciamo alla festa, alla Santa, ai balli, ai ballerini fantasmi, alla gente cordialissima, che con tanto garbo ci ha “COINVOLTI”. Abbiamo capito che la Santa è solo a loro disposizione. Non ci divertiamo, con gente racchiusa in sé stessa. A Firenze abbiamo tanti di quei santi che loro non se li immaginano nemmeno: che si tengano la loro………. Che è anche brutta e vecchia. Vedessero le nostre !
      Alle 23,50 andiamo nel nostro appartamento, che, in linea d’aria, dista 10 metri dalle casse acustiche, già definite prima: “altissismiparlanti”. Chiudiamo tutte le finestre nella illusione di attutire i colpi delle percussioni. Otteniamo un gran caldo, ma niente di più. Mi fermo qua con le mie descrizioni sul resto della notte, per evitare di scrivere pagine e pagine di epiteti in italiano, greco, inglese, turco……………… e forse anche turco. Lascio solo immaginare come ci si possa sentire, fisicamente e moralmente, dopo una notte passata in bianco, in compagnia non di musica, ma di solo rumore assordante, aritmicamente ossessivo. Così come anche il lettore immagina, ci siamo sentiti noi, alle 6 del mattino, quando la cosìdetta orchestra ha cessato il suo fracasso. Alle 6,15 ci siamo alzati per prendere fuori programma, l’autobus e lasciare questo posto di mer……scusate la finezza obbligatoria per decenza.
      MARTEDI 5 Agosto.
      Alle 7 arriva il bus. Non sa dove girare per tornare indietro, perché ci sono i tavolini e le sedie ammucchiati dopo la festa. L’autista litiga con gli addetti allo sgombero, mentre noi assistiamo senza forze. L’autista tratta male anche noi, perché portiamo le valige sul bus: vanno messe dietro, nell’apposito vano. Ha ragione lui, ma noi non abbiamo le forze di pensare diversamente. Siamo solo degli automi ed è già tanto che ci si regga in piedi.
      Arriviamo a Hios. Passiamo e ripassiamo davanti all’ufficio informazioni, senza vederlo. Nessuno sa dirci dove sia. Finalmente lo troviamo e ci facciamo segnalare un albergo. Stanze in affitto presso famiglie non ci sono. Troviamo una stanza senza pretese, con bagno. E’ vicino al centro. La prendiamo di corsa e ci buttiamo sul letto. L’obiettivo è: dormire, dormire, dormire e se ci rimane un po’ di tempo, ancora dormire.
      Nel pomeriggio ci svegliamo e Silvia, “occhio di lince”, vede una grossa piattola. Da un punto di vista faunistico è un meraviglioso esemplare, ma dal mio punto di vista, avrei preferito non vederla. Le piattole non sono gli animali da me preferiti, meglio le tigri. La piattola mi fa proprio schifo. Silvia è meno schizzinosa ed ingaggia una vera e propria battaglia. Mossa e contromossa di Silvia e della piattola. L’intelligenza della piattola, contro quella di Silvia. All’inizio vince la piattola, che riesce a scansare colpo su colpo, ma anche perché la piattola non colpisce, ma scansa solo i colpi. Vince la intelligenza di Silvia, che inesorabilmente la schiaccia.
      Devo dire che non avevo dubbi sulla intelligenza di Silvia e sulla sua vittoria, ma non si sa mai !
      MERCOLEDI 6 AGOSTO.
      Sveglia e colazione a base di Loucumades ( palline di pasta da bomboloni, fritte, calde, sommerse nel miele e cannella ).
      Andiamo in giro per Hios. Visitiamo il mercato, la vecchia città dentro le mura, la Moschea. Dalle guide Silvia scopre che c’è una fontana turca, degna di essere vista, però nessuno ci sa dare informazioni su come e dove trovarla. Sarà il mio incubo fino a che saremo a Hios: Silvia non demorderà, fino a che non l’avremo trovata. Per mia pace, collaboro alla sua ricerca.
      Ci interessiamo per il prossimo viaggio verso Tassos, dove abbiamo appuntamento con Alessia e Giovanni. Il programma era di andarci, passando per Lesbos e altre isole. Purtroppo ciò non è fattibile, perché i collegamenti non sono giornalieri e i nostri tempi sono limitati. Siamo costretti così a prenotare sul traghetto diretto a Kawala, che partirà solo sabato prossimo. Questo sarà un viaggio lungo e scomodo: 15 ore seduti su una poltroncina.
      Passando dal molo, dietro al nostro albergo, vediamo un veliero trialbero uruguaiano. E’ molto particolare ed attira la mia attenzione…….. ma in seguito sarà un nostro ennesimo incubo !
      Andiamo a letto. Incominciano subito a battere le percussioni uruguaiane. In particolare, un tamburo batte un ritmo ossessivamente alla media di un colpo al secondo, ininterrottamente fino alle 5 del mattino. Sono i cadetti del trialbero che mi aveva tanto affascinato. Ma visto che loro sono in giro per il mondo, proprio qua, dove ci siamo noi, dovevano fermarsi con le loro GRANCASSE ? ( CASSER, in francese vuole dire ROMPERE, ergo: GRANROMPERE dei cadetti trialberini ). Incomincio a rimpiangere Firenze, con i suoi melodici rumori di motorini, mentre stiamo rinchiusi dietro alle doppie finestre di casa nostra.
      GIOVEDI 7 AGOSTO.
      Siamo tesi. Tra me e Silvia aleggia il temporale. Andiamo a fare colazione. Poi prendiamo un autobus e andiamo a visitare Pirgi. Questo è un paesino meraviglioso con la caratteristica di avere tutte le case, le chiese, con le pareti in mosaico. La gita è piacevole, malgrado il sonno.
      Si torna a Hios alle 14,30. Si va a pranzare a base di mangiarini greci e poi a letto a dormire. Alle 17 ci si sveglia e nascono i diverbi sulla programmazione del pomeriggio. Io sono stanco e non ho voglia che di restare in meditazione davanti al mare. Anche Silvia è stanca, ma pensando a quanto costa mediamente il nostro soggiorno, vorrebbe mettere meglio a profitto, il nostro tempo disponibile. Dal suo punto di vista, ha ragione lei. Dal mio punto di vista, ho ragione io. Come fare ? Litighiamo ed usciamo insieme, si fa per dire “insieme”: io momentaneamente davanti e lei di dietro. Io mi fermo, lei si ferma a tre passi da me. Io faccio finta di ripartire, lei riparte e per darsi un contegno, senza sbattermi addosso, mi supera. Io mi siedo in fondo al molo, sugli scogli, dove trovo un vento fresco e piacevolissimo. Lei prosegue, lei ritorna, io mi alzo.
      Un signore di una certa età, facendo la curva in motorino, scivola in terra e per un attimo ci accomuniamo per soccorrerlo, ma vista la sua incolumità, ritorniamo ognuno per suo conto. Così finiamo “serenamente” la nostra giornata. Quanto tempo prezioso abbiamo perso, facendo così, secondo il mio punto di vista. Forse anche dal suo punto di vista, la pensa come me, ma non lo ammetterà mai.
      VENERDI 8 AGOSTO.
      Sveglia programmata e colazione, per essere alle 9 sul bus, che ci porterà a fare una gita particolare. Si lascia Hios e si va verso le montagne. L’ambiente ricorda vagamente la Lucchesia. Montagne alte da un lato, mare dall’altro. In cima ad un picco c’è un monastero diroccato. Sono contento di vederlo, ma non mi emoziona più di tanto. Silvia è dispiaciuta e sott’intende la mia ignoranza culturale. Ma io sono ugualmente contento così: ho visto molti e molti conventi, alcuni più belli, altri meno, alcuni storicamente e culturalmente più importanti, ma questo, confermo che non mi dice niente Per buona parte è diroccato, in parte è malamente ristrutturato. Per fare un paragone, il nostro San Galgano, mi ha molto emozionato a suo tempo, visitandolo. Questo no. Sarà campanilismo ?
      Risaliamo nel bus e andiamo verso un altro paese molto caratteristico. Tra un saliscendi di montagne, improvvisamente appare……………….. mimetizzato nella montagna. Le case sono ricavate dalla stessa roccia, che le contiene. Hanno finestre piccole ed incolori. Il paese è per il 90% abbandonato e proprio questa è la sua caratteristica. Le poche case ristrutturate, adottando materiali non adeguati alla mimetizzazione, escono visivamente dall’insieme. Così è prevedibile che, tra qualche anno sarà fatto uno scempio completo. Sono contento di averlo visto in tempo, oggi così !
      Si ritorna verso Hios. Si va al WC pubblico dei giardini. Un omino alquanto sudicio offre a Silvia della carta igienica, attorcigliandosela tra le dita. Per la verità quella carta non è molto “igienica” e Silvia la rifiuta senza dubbi. All’uscita dal WC, l’omino impreca contro Silvia, che gli rifiuta la mancia. Non si capisce a quale titolo sarebbe stata data tale mancia, dato che lui non era l’addetto ai WC. Resta il fatto che Silvia, da vera signora, sorridendo, si allontana senza battere ciglio e senza rispondere, neanche in italiano agli improperi in greco dell’omino.
      Andiamo a pranzo e poi a riposare.
      Nel pomeriggio andiamo, con un altro bus, a visitare il luogo dove Omero teneva le sue lezioni all’aperto. C’è una stele che lo ricorda, ma Omero non c’è. Pare che sia in ferie: è il periodo di vacanza anche per lui. Poi, ritornato a Firenze, apprenderò che la informazione era errata: Omero non era in ferie, ma era morto già da qualche anno. Come vola il tempo !
      Ci fermiamo sul lungomare. Un giovane di circa trenta anni, arriva con due remi. Tira una barchetta legata ad una boa. Ci ripensa e la lascia andare. Si allontana e torna con un motore da barca nuovo, quasi ancora incartato. Lo monta sulla barchetta. Prova a farlo partire. Non ci riesce. Chiama il babbo ( il suo babbo, non quello della barchetta ) che è poco lontano e che arriva con le istruzioni. Prova a farlo partire. Non ci riesce nemmeno lui. Salva la faccia allontanandosi e mugolando che questi giovani, è bene che imparino da sé ! Il giovane già pensa di rivender tutto a prezzo di occasione, quando si avvicina un suo conoscente, che gli porta una stagna, piena di carburante. Questo viene versato nel serbatoio. Il motore parte. Povero ragazzo: non sapeva che il motore acquistato, funzionasse a carburante e non ad aria. Silvia è commossa, io divertito.
      Rientrando in albergo, vediamo arrivare la nave, che domani ci porterà verso Kawala. E’ bella. La vediamo attraccare. Siamo fieri: è un po’ nostra. Lo diciamo ad alta voce per farlo sentire a tutti.
   Finalmente andiamo a dormire.
      SABATO 9 AGOSTO.
      Oggi siamo di partenza. Paghiamo la stanza e mettiamo le valige nel deposito, nella attesa di imbarcarci per la partenza delle 17. Anzi, suggerisco di andare a sentire a che ora inizia l’imbarco. Andiamo verso il porto. Stiamo per sbucare dalla strada di accesso, io davati, Silvia dietro. Silvia dice: “ Ha ha, che bello sarebbe che non ci fosse la nave”. Io rispondo: “Stazitta iettatrice”. Volto l’angolo………………. La nave che ieri era là, ora non c’è più. Mi volto indietro. La mia espressione è molto eloquente, perché Silvia scoppia a ridere. Un riso isterico, più che di preoccupazione per il “Vascello fantasma”. Ma allora la partenza non era alle 5 del pomeriggio, ma alle 5 del mattino. E che facciamo fermi qua per una settimana ? Panico generale ( diciamo panico mio , anche se non sono Generale ). Controllo i biglietti: partenza ore 17. Allora ? Torniamo in Agenzia. “ Calma, calma, la nostra nave tornerà”. “Calma un fico, che scherzi sono, lo sapete che sono debole di cuore ?”
      Tranquillizzati, andiamo a spasso.
      Silvia fa un ennesimo tentativo di sapere dove si trovi la famosa fontana turca. Ancora nessuno lo sa. Deve essere proprio famosa. Attraverso la piantina della città, Silvia riesce a scoprire dove dovrebbe essere la fontana. Non è vicina, ma finalmente abbiamo una traccia. E’ seminascosta da un albero meraviglioso. Sarebbe bastato chieder dell’albero e ce lo avrebbero subito indicato……….. e la fontana ? Degna di essere cancellata dalla guida che la citave e dimenticata per i secoli dei secoli.
      Andiamo a pranzare e poi ci sediamo all’ombra, nei giardini pubblici.
      Passa una micro-bambina e Silvia dice: “Che carina “ ! Io obietto che anzi è bruttina e che preferisco “quell’altra” che sta per raggiungerci. Silvia non può essere d’accordo. Quell’altra è una formosissima bionda, ben proporzionata, ben fasciata nei punti giusti e ben scoperta negli altri !
      Andiamo a prendere il bagaglio e raggiungiamo l’imbarco. Alle 16 la nave ancora non c’è, alle 17 e alle 18 nemmeno. Ormai siamo in molti ad aspettare e la cosa ci consola. Alle 18,15 la vediamo apparire all’orizzonte. Colombo gridava: “Terra, terra”, noi tutti: “ Nave, nave”.
      Sbarcano le macchine, i camion, le moto, salgono altre macchine, altri camion, altre moto. Scende la gente e saliamo noi. Si parte con due ore di ritardo. Mal di poco perché poi all’arrivo a Kawala, avremmo recuperato tutto il ritardo, entrando nel porto al minuto spaccato.
      Il viaggio è stato piacevole: mare calmo, tempo buono, tre pite eccellenti ( tipo di pizza morbida, farcita di carne, salsine piccanti varie, patatine fritte, il tutto arrotolato a cono ). Passiamo davanti alla Turchia, a numerose isolette non identificate ed arriviamo a Lesbos. Era la nostra meta, ma i tempi stretti ce la mostrano solo per il tempo di carico e scarico della nave, il tutto senza muoverci dal ponte della nave. Per Limnos è ancora peggio: arriviamo alle tre del mattino. Stiamo tentando di dormire seduti, come fanno i cavalli in piedi. Per la verità non ci interessa più di tanto vedere ora l’isola. Pensiamo di visitarla velocemente al nostro ritorno. Infatti nel nostro programma è stabilito che, da qua prenderemo il nostro aereo per ritornare ad Atene.
      DOMENICA 10 AGOSTO.
      Sbarchiamo a Kawala ( si pronuncia CAVA’LLA, o come ti pare ).
      E’ domenica. Il porto è molto allungato, ma non c’è neanche un ufficio informazioni. Non c’è in cane che parli, o capisca l’inglese, o l’italiano, o il cinese. Io mi fermo con il bagaglio oe Silvia va all’avanscoperta. Dopo venti minuti torna demoralizzata. C’è una specie di biglietteria, con un ufficio della capitaneria, ma non vogliono dire nulla. Quasi piangendo mi dice: “vieni a vendicarmi, tra voi uomini vi intenderete”. Con calma io vado di persona alla capitaneria. Vado con passo calmo e misurato, con la schiena leggermente arcuata in avanti, alla Alberto Sordi, con le braccia allargate, immaginando due grosse pistole ai fianchi, ancora nelle loro fondine. Malgrado le mie fantasie, alla capitaneria non mi trattano meglio di Silvia, ma mi indicano un foglio appiccicato sul vetro. Si capisce che sia un orario, ma non riusciamoo ed interpretarlo. Nel frattempo incomincia a piovere ( in Grecia è difficilissimo che in estate piova ). Ci ripariamo sotto ad una tettoia. Penso di comprare un collanina con l’ “occhio blu contro il malocchio”. Arriva altra gente e attraverso loro, in inglese, capiamo che sta per arrivare il “Ferry-boat” per Tassos, che è la nostra meta. Apprendiamo anche che i biglietti si fanno a bordo. In effetti, sulla nave passa il bigliettaio e ci da il biglietto, ma dietro alui passa un altro signore e ce lo riprende ! Che sia il controllore, o un collezionista di biglietti ? Attraverso il bigliettaio apprendiamo che il “ferry-boat” va a Tassos, ma attracca a Scalabrinu e non a Limenas, dove noi abbiamo appuntamento con Alessia e Giovanni. Ho paura, ma temo che l’appuntamento stia per saltare.
      Andiamo alla ricerca di una stanza. Dopo il nostro lungo peregrinare, ne troviamo una in un albergo. A Silvia non piace. Propongo di prendere il bus e di andare a Limenas, località designata per il nostro appuntamento, almeno saremo già sul posto.
      Arriviamo a LImenas e cerchiamo un ufficio informazioni. Non c’è. Ma è impossibile che non ci sia ! Ci dicono di rivolgerci al commissariato di Polizia. Sembra che loro facciano anche da informatori turistici. Al Commissariato ci indicano una stanza, in fondo ad un corridoio. Un poliziotto è seduto davanti ad una scrivania. Parla con una coppia di greci. Ci guardiamo intorno. La stanza non ricorda una agenzia turistica. C’è persino un misuratore della altezza delle persone. Ci guardiamo tra noi. Io mi preparo al peggio. Guardo i miei polpastrelli, per vedere se sono puliti e pronti per le impronte digitali. Tolgo il cappello e riavvio alla meglio i capelli, per apparire più fotogenico. Nelle foto segnaletiche che mi faranno, sarò meglio di profilo , o di fronte ? Non mi ero mai posto questa domanda. Finalmente saprò anche esattamente quanto sono alto. Infine tolgo l’orologio e preparo i polsi alle manette. Forse sono troppo pessimista. Forse veramente ci darà le informazioni che vorremmo avere.
      Viene il nostro turno. Chiediamo una stanza, possibilmente fuori dal carcere e ci viene subito detto, con un greco impeccabile, che è da folli cercarla in questo periodo. Andiamo via. Riprendiamo il bus e ritorniamo a Scalabrinu, nella stanza che due ore primam avevamo visto. Ora piace moltissimo anche a Silvia !
      Andiamo a mangiare ed a riposare: ne abbiamo proprio bisogno.
      Nel tardo pomeriggio, alla disperata ricerca di chi possa darci qualche informazione sui traghetti in arrivo e su quelli che dovremo prendere per lasciare l’isola. E’ inutile ! Non ci riusciamo. Andiamo a dormire e buona notte.
      LUNEDI 11 AGOSTO.
      Ci alziamo e siamo molto indecisi sul da farsi. Andiamo a fare colazione. Silvia prende un dolce tipico ed io ne prendo un altro. Ci scambiamo assaggi ed impressioni. L’inizio della giornata è buono.
      Andiamo al porto. Io entro nella capitaneria e chiedo quando partono i traghetti per Samotracia e per Limnos, nostre future mete. Alle nostre domande ci rispondono che dovremo andare a Kawala, perché solo lì sanno gli orari che chiediamo………………………… due ore di traghetto per andare e due per il ritorno, per una informazione !!!! Questa è andata male, ne tento un’altra. Alessia e Giovanni devono arrivare da Kawala, ma l’appuntamento non è qua a Scalabrinu, ma a LLimnos. Ma se io mi faccio trovare all’arrivo del”ferry-boat”, domani, appena loro scendono mi vedono e non vanno a Limenas. Così chiedo all’ “ammiraglio” dell’ufficio capitaneria a che ora arriva il “ferry-boat” da Kawala. Non parla inglese, è con il telefono in mano, inizia una telefonata in greco e mi indica un foglio attaccato alla parete. Mi sembra di aver già vissuto questa scena. Leggo il foglio. Ci sono 45 cors al giorno, ma è scritto in greco, caratteri cirillici e mi viene il dubbio. Aspetto rispettosamente che il “tenente di vascello” abbia terminato la sua telefonata privata. Il “mozzo” capisce che sto aspettando, lui al telefono deve aver detto: “aspetta che qua c’è un rompi………” Questo lo deduco dal fatto che subito dopo, chiudendo con una mano il microfono del telefono, si rivolge a me in modo fulminante indicandomi il foglio di prima. Balbetto i miei dubbi e lui risponde: “ Né, Né, che tradotto in italiano vuole dire……… levati dai……………. Tutto è chiaro: non abbiamo ancora nessuna certezza, se non quella che ci è tutto oscuro.
      Propongo a Silvia di andare a fare il giro dell’isola in bus. Non che mi aspetti una approvazione, ma mi sarebbe piaciuto. Infatti ha deciso che NOI andremo in bus, nella più bella spiaggia dell’isola.
      Partiamo ed arriviamo, dopo circa un’ora, in una spiaggia affollata, sporca e piena di alghe, con un numero imprecisato di ristoranti e relativi scarichi a mare ! Fare il bagno ? No, piuttosto entro nel vaso del Water e tiro lo sciacquone nuotando !
      Andiamo verso l’ultimo di questi ristoranti, perché ci sembra il più isolato e tranquillo. Una graziosissima ragazza serve ai tavoli e ciò non guasta. OOrdiniamo di tutto per rifarci dalle contrarietà. In particolare, ordiniamo ben due volte, un vinello bianco, fresco, che si sposa stupendamente con il pesce. A fine pranzo siamo allegri. La giornata si è raddrizzata. Il conto è modesto e non guasta. Bene, ci alziamo. Propongo di andare lungo il mare e con il fresco, verso l’autobus per il ritorno………”No……….Andiamo verso il paese, per ritornare al nostro albergo, a piedi. Hai mangiato come un porco e due passi ti fanno bene.”
      Non ho la forza di oppormi. Sono le ore 15,30. Il sole picchia anche qua. La strada non è protetta da alberi ed è completamente al sole. Il vino centellinato, meglio tracannato, si fa sentire e il pranzo pure. A me piacerebbe un gran fico ombroso, sotto al quale fare la siesta, la siettima e l’ottima. Ma mi avvio sulla strada asfaltata. Silvia ostenta allegria. Io la seguo senza vederla, ma dal “rumore” che i suoi discorsi fanno, io non perdo le sue tracce. Per un po’ vado avanti apaticamente. Improvvisamente alzo il capo………….vedo il nostro paese che è a circa 15 chilometri da qua ! “Siamo pazzi ?” E’ la sola cosa che riesco a dire. Silvia si arrabbia. Si volta e torna indietro con atteggiamento tipicamente suo. E’ furente, ma il mio animalesco istinto di conservazione mi fa dire a me stesso: “E chi se ne frega” ? Ormai mi sono svegliato. Faccio un rapido calcolo del percorso fatto e di quello da fare, ritornando sui nostri passi. Conviene raggiungere la fermata dell’autobus proseguendo in avanti e non tornando indietro. Così lascio andare Silvia e proseguo raggiungendo il percorso del bus e la fermata. Infatti, dopo cinque minuti vedo arrivare l’autobus, ma decido di non prenderlo. Infatti Silvia deve ancora arrivare dall’altra parte. Malgrado io sia furente, sono sempre un “gentleman”. Dopo 15 minuti arriva Silvia. Ha ancora il muso e dice: “ l’autobus dovrebbe passare tra 10 minuti”. Al che io le rispondo, con il mio muso: “E’ già passato”. Lei dice: “ Beh, ce n’è un altro tra 90 minuti”. Non sono volgare e non rispondo. La giornata ormai si è ritorta, ma non è ancora completata: incomincia a piovere. Al momento si pensa ad un temporaluccio estivo e “grecuccio”. Ebbene, no. Si tratta di un vero e proprio acquazzone, un diluvio. Fiumi di acqua scendono dai viottoli. Non c’è possibilità di ripararsi se non sotto ad una tettoia, ma la pioggia, spinta dal forte vento, ci bagna ugualmente. Arriva un autobus. Lo raggiungiamo, buttandoci sotto l’acqua: non è il nostro ! Il nostro verrà tra mezz’ora. Raggiungiamo nuovamente la tettoia. Alla meglio riusciamo a raggiungere il nostro albergo e chiudere la giornata.
      MARTEDI 12 AGOSTO.
      Oggi è il primo giorno di appuntamento con Alessia e Giovanni. Con Silvia non ci si parla. Lei si alza, si veste, esce dicendo: “Lascia la chiave giù”. Alla sera saprò che è andata a fare quel giro dell’isola da me proposto ieri e da lei decisamente rifiutato. Saprò anche che era bellissimo e ne valeva proprio la pena !
       Io ? Beh ! Passo una giornata meravigliosa. Una giornata distesa, con me stesso e a mia totale disposizione.
      Con l’elenco degli arrivi dei “ferry-boat” sotto mano, assisto a tutti gli arrivi. Tra una nave e l’altra, scrivo, guardo, osservo, cammino, pranzo in un ristorantino meraviglioso, affacciato sul mare. Scopro una spiaggia bellissima, non lontana dal nostro albergo. Faccio la mia siesta. Alessia e Giovanni non arrivano. Alle 20 c’è l’ultimo traghetto. Vado ancora ad assistere allo sbarco delle truppe. Nessun segnale di Gio ed Alessia. Staremo a vedere se arriveranno domani o se ormai ci siamo persi. Questo ultimo pensiero mi rattrista, perché contavo molto sulla allegria del gruppo allargato.
      Torno in albergo, trovo Silvia……….. miracolo: non ha più il muso ! Mi racconta la sua giornata e mi chiede della mia. Potrei dirle che sono stato d’incanto, ma mi fermo in tempo e lascio intendere, senza particolai di aver avuto un incontro molto interessante. Alle due indagini rispondo vagamente e giro il discorso. Con mia grande soddisfazione noto una contrarietà nell’atteggiamento di Silvia. Andiamo a cena e poi a dormire.
      MERCOLEDI 13 AGOSTO.
      Oggi dovrebbero arrivare Giovanni e Alessia. Anche ieri dovevano arrivare. Forse arriveranno domani. Con Giovanni non si sa mai: è eternamente in ritardo.
      Alle ore 8,30 ci sarebbe una nave in arrivo. Dico ci sarebbe, perché ormai siamo abituati al condizionale e tutto è possibile.
   Puntuali arriviamo sul molo, ma la nave ha già attraccato ed ha aperto il portellone. Già le prime auto stanno scendendo dalla rampa, quando io sento una moto che viene avviata all’interno della stiva. Riconosco il motore di Giovanni ed il suo modo di accenderlo. Non mi sono sbagliato, infatti spunta una moto e alla guida riconosco Giovanni………….. Alle prime non vedo Alessia e penso subito che hanno litigato anche loro, ma poi vedo due gambe rivestite da pantaloni rossi. Sia le gambe, che i pantaloni spuntano da dietro ad una montagna di zaini e valige. Alessia è piccola ed era nascosta, sommersa dal bagaglio.
      Gio accelera per fare finta di non avermi visto e di mettermi sotto, per fare poi una improvvisa frenata e fermarsi a pochi centimetri da me. Io sto al gioco, ma facendo così, Gio, involontariamente, taglia la strada ad una bellissima ragazza greca, formosa assai, che a piedi è sceca anche lei dalla nave. Io colgo l’occasione, saluto Gio frettolosamente e facendo finta di continuare a salutare il gruppo in arrivo, attiro a me la bella ragazza, abbracciandola e baciandola sulle guance. Lei, poverina, presa così alla sprovvista, sorride e non sa cosa fare, poi si scansa con aria sbigottita. Io chiedo scusa e faccio finta di un errore, andando ad abbracciare Alessia, seduta ancora sulla moto, ma piegata in due dalle risate. Così incominciamo le nostre risate. Per la verità Silvia ancora non ha iniziato a ridere, perché la mia sceneggiata non l’ha divertita molto.
      In due parole raccontiamo dove siamo alloggiati, cosa abbiamo fatto, quanto abbiamo litigato, le vane ricerche di alloggio. Con Gio decidiamo di andare noi maschietti, con la moto e i loro bagagli, in giro per l’isola, alla ricerca di un alloggio. Ad una ventina di chilometri di distanza, troviamo un gruppo di case. Ci fermiamo e troviamo Manolis, il famoso Manolis, affittacamere. Ci mostra le camere e ci fa una proposta. Al momento sono tutte occupate, ma lui, per stanotte ci darebbe la sua camera, che ha tre letti. Domattina si libereranno due camere e saranno nostre. Io e Gio ci guardiamo ed accettiamo. Lasciamo il bagaglio di Alessia e Gio, nella camera assegnataci. Gio andrà a prendere Alessia e la porterà qua, dopo di che andrà a prendere Silvia, con il nostro bagaglio. Gio dovrà fare 20 + 20 + 20 + 20 = 80 chilometri,……. Ma io non ho fretta ! Quando, al primo viaggio di Gio, mi raggiunge Alessia, cominciamo ad organizzare la unica stanza a tre letti, per quattro persone. Gonfio il loro materassino e stabiliamo che le due signore dormiranno in due lettini, mentre i due uomini dormiranno, uno nel lettino e l’altro sul materassino. Ovviamente propongo di tirare onestamente a sorte chi starà sul materassino. Penso già di fare un po’ di imbrogli nel sorteggio, giusto per ridere, ma poi di farlo onestamente. Quando poi Gio ritorna con Silvia, descrivo il programma e mi accingo al falso sorteggio da imbroglio. Qua scoppia il finimondo, perché Gio, ignaro del miio scherzo programmato e della mia serietà per un vero sorteggio, si intestardisce a voler dormire lui sul materassino. Vuole dare a me la precedenza e sacrificare sé stesso sul materassino. Io non accetto il privilegio ingiustificato e come si impunta lui, mi impunto io. Il dialogo degenera e Gio mette il muso senza accettare sorteggio di nessun genere. Va a finire che il terzo letto rimane vuoto, le due donne dormono nei due letti messi a loro disposizione, io dormo sul materassino e Gio in terrazza su una stuoia. A metà notte Gio, infreddolito, rientra nella stanza e si sdraia sul letto.
      GIOVEDI 14 AGOSTO.
      Ci si sveglia e nell’aria c’è una grande tensione. Peccato, stiamo iniziando male la vacanza, per una stupidaggine. Prendo Gio da parte e gli propongo di andare a fare un po’ di spesa: latte, pane e altro. Prendiamo la moto e ci avviamo verso il primo centro abitato, ma dopo pochi metri, chiedo a Gio di fermarsi e così chiariamo i nostri punti di vista, della sera prima. Ora comincia la vera vacanza.
      Nella tarda mattinata, Manolis, mantenendo la parola, ci libera le due stanze promesse e ci trasferiamo ogni coppia nella sua.
      Di fronte al nostro nuovo alloggio, abbiamo una spiaggia, molto carina. E’ una piccola baia di venticinque metri di larghezza. E’ contornata da scogli piatti, che consentono di stare a prendere il sole sdraiati comodamente. Il resto della caletta gode di una bella ombra efficace, fornita da alberi, che sanno fare il loro mestiere.
      Gio prepara la sua attrezzatura, per la cattura del nostro pranzo. Io faccio un tuffo e trovo l’acqua meravigliosa, come non avremmo mai potuto sperare. Le signore si affrettano ad iniziare una fitta conversazione che durerà ben 15 giorni ininterrotti……… e poi hanno da recuperare il tempo perduto e lo si vede dalla foga con la quale hanno iniziato. Non si chiedono neanche chi debba iniziare, lo fanno entrambe, di comune accordo e probabilmente senza ascoltarsi a vicenda: evidentemente non occorre ascoltarsi.
      Per un po’ gli unici occupanti della spiaggia, siamo noi. Poi, inaspettatamente arriva un gruppo di persone. Sono giovani greci. Prendono posto nello spazio lasciato da noi. Per correttezza, noi restringiamo un po’ le nostre borse. Loro si sdraiano e si mettono a loro agio. In particolare una delle ragazze, si mette molto a suo agio, infatti, Gio è a pescare, ma la fanciulla guardandomi con malizia, pezzo a pezzo fa uno spogliarello integrale, che mi lascia impietrito. Lei continua la provocazione assumendo pose “estrose” per gonfiare il materassino, per pulirlo, per……………….. Io sono imbarazzato, perché vorrei andare ad aiutarla, ma Alessia e Silvia, assistono alla scena, pronte a lanciare sassi sulla “porcona”, così poi definita da loro la tenera fanciulla. Infine la Porc…… , pardon, la fanciulla spinge il materassino in mare e sempre guardandomi, si sdraia a pancia sotto, con una gamba sul materassino ed l’altra, allargata sotto l’acqua. Vista da dietro è uno spettacolo non comune, credetemi ! La galanteria vorrebbe che la spingessi per farle prendere il largo, ma le occhiatacce delle mie due guardiane, mi hanno fatto prendere una altra decisione. Purtroppo la storia non ha avuto nessun seguito.
      Da questo punto del mio diario, racconterò a braccia, sulla base dei miei ricordi, perché la compagnia è stata piacevolissima e non mi ha lasciato lo spazio necessario per relazionare giorno per giorno. Racconterò solo qualche episodio particolare degno di essere ricordato.
      Ricordo un pomeriggio rilassato, sulla nostra spiaggia, con noi distesi a “baco”, come dice Gio. Decidiamo di fare il bagno. Ci si tuffa tra spruzzi e schizzi. Passano pochi minuti e arriva un temporale come difficilmente se ne vede. Noi siamo in acqua. Mettiamo la testa sott’acqua o scappiamo verso casa a ripararci ? Le due signore propendono per scappare verso casa e si bagneranno i vestiti, creandosi il problema di asciugarli. Io e Gio prendiamo l’acqua di sopra e di sotto, ma siamo in costume da bagno e la cosa non ci scompiglia.
      Un altro pazzo ricordo. Un pomeriggio, dopo aver fatto il pieno di polipi e vino fresco, siamo andati a fare la pennichella, ognuno nella sua stanza. Io mi sveglio prima di Silvia e vado in bagno a radermi la barba. Facendolo e guardandomi allo specchio, passo il rasoio sempre più in su e per fare qualche cosa di diverso, preparo uno scherzo. Mi rado solo dalla parte destra, lasciando incolta tutta la parte sinistra. Ma non tolgo solo la barba sulla parte destra, ma mi raso tutti i capelli, lasciando per metà testa e viso, interamente calvi.
      Silvia si alza e mi mostro a lei solo dalla parte folta di capelli e barba. Ci vestiamo ed usciamo dalla stanza, per incontrare gli amici. Per un po’ con molta attenzione riesco a mostrarmi a tutti dalla parte impelata. Ci avviamo verso la spiaggia e naturalmente la gente che incontriamo si accorge della mia anomalia. Ovviamente si rigirano a guardarmi, ma del mio gruppo, ancora nessuno se ne è accorto. Cogliendo una occasione, mi sposto dall’altra parte e finalmente i tre ignari scoprono il misfatto. Lascio alla immaginazione di tutti, lo scoppio di risate e le piegature di corpo. Per qualche giorno sono andato in giro così, ma poi Silvia si vergognava di me e mi sono visto costretto a radermi anche la seconda parte. Nel frattempo la parte che avevo rasato qualche giorno prima, si stava impelando nuovamente, per cui la differenza tra le due parti, quella rasata di fresco e quella rasata prima, era ancora evidente.
      Il nostro alloggio è in mezzo alla campagna, di fronte al mare. Ha una posizione meravigliosa, ma è un po’ distante dal centro abitato e dai negozi. Gli spostamenti sono complicati, perché con la sola moto di Gio i viaggi si moltiplicano e si perde molto tempo. Decidiamo di noleggiare un motorino. Cos’ io giro in moto con Gio e Alessia, sul motorino con Silvia. Giriamo in lungo e in largo per l’isola.
      In una di queste gite collettive, passiamo davanti ad una cascata meravigliosa. Ha una caduta quesi violenta, ma l’acqua è limpida ed invitante. Sotto alla cascata c’è un laghetto di piccole dimensioni, ma forma quasi una grotta, con le rocce e gli scogli che ne delimitano le dimensioni. Ci sono molti giovani e ragazze, greci, che si tuffano, nuotano, giocano e si infilano sotto alla caduta della cascata, L’ambiente è bucolicamente attraente. Ci si ferma e ci si avvicina per una sosta meravigliosa. Ci spogiamo per tuffarci. Che bella quest’acqua ! Io mi spoglio per primo e mi tuffoooooooooooooooooooo. È da infarto, mai trovato una acqua così gelida. Sembra di avere il ghiaccio addosso. Il mio istinto mi farebbe prima urlare e poi uscire il più velocemente possibile. Invece no: anche gli altri devono provare il brivido. Cercando di non tremare nella voce, dico: “Che bellezza, è anche calda, si sta d’incanto”. Gio per secondo e le signore a ruota, si tuffano……………. Urlo generale e “ stronz………….. all’unissono, rivolto a me. Passato il primo momento, dopo essersi riscaldati nuotando, effettivamente, l’acqua è … ancora fredda, anzi freddissima ed insopportabile. Proviamo ad andare sotto alla caduta della cascata, è una nuova ebbrezza, ma non giustifica la nostra permanenza in queste acque gelide. Usciamo abbastanza alla svelta e restiamo sul bordo del laghetto a tentare un riscaldamento riparatore.
      Essendo il gruppo di cade, dove alloggiamo, distanti dal paese, un fornaio intraprendente, alle 8 del mattino, porta il pane ed altro, fin sul piazzaletto antistante, vociando ed elencando la sua mercanzia. Noi, a turno, scendiamo e prendiamo il pane ancora caldo e croccante dei Panzarotti, appena sfornati. Le nostre colazioni aprono la nostra giornata in maniera eccellente. Il resto del tempo lo passiamo andando sulla spiaggia, dove Gio procura le nostre cene di pesce, girate con le moto alla ricerca di nuovi siti da vedere e godere. Ovviamente le risate e le battute non mancano.
      Le nostre serate terminano sulla terrazza spaziosa, con una tavola ben imbandita, ben rifornita ed allegra. La pasta, il pesce, il vino fresco, i dolcetti, la fanno da padroni e il buon umore certo non manca. Il gruppo ha una convivenza distesa.
      Senza traumi, arriviamo al giorno del distacco del gruppo. Gio e Alessia proseguono la vacanza da soli e noi ritorniamo verso Firenze, per il tempo ormai scaduto, delle nostre vacanze.
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