Un cieco
             in giro
per
Firenze.


 Perché scrivo questo libro.
Sono cieco e mi capita spesso di andare, da solo, in giro per Firenze.
Regolarmente vivo incontri degni di essere raccontati. Così ho pensato di incominciare a scriverli, di volta in volta.
Andiamo a spasso insieme.
Sto camminando in strada.
Improvvisamente, mi si spiaccica addosso una signora molto distratta.
Risvegliata dall’urto, esclama: “Oddio”.
Io di rimando, con la mia voce più cavernosa possibile: “Non sono Dio signora”.
’ buio per me che sono cieco, ma anche per chi mi sta vicino, data l’ora: sono le 24.
Sto andando a casa e non sono lontano. La zona la conosco molto bene a memoria, ma quando qualche volenteroso aiuto si presta con slancio, mi lascio totalmente alla guida del buon samaritano.
Sto per attraversare la strada , usando il mio solito metodo: in alto il braccio sinistro, bastone impugnato a destra, per raggiungere l’altro marciapiede e contro quest’ultimo appoggiare il bastone e come una rotaia procedere diritto.
Un signore mi raggiunge da dietro e prendendomi sotto braccio, si offre di farmi attraversare. Accetto e ringrazio.
Sull’altro lato della strada, io metto il bastone giù dal marciapiede, per procedere secondo il mio metodo. Il buon samaritano afferra il bastone e me lo mette sul marciapiede. Io lo rimetto giù. Lui lo riprende e lo rimette su. Io riprendo il bastone e lo rimetto giù.
  Lui lo sta per riprendere, ma io più veloce di lui, lo nascondo dietro a me e gli dico: “Ma me lo lascia mettere dove mi pare ” ?
Un autista dell’ ATAF, azienda dei trasporti urbani, mentre salgo sull’autobus, mi saluta con un bel sonoro “buon giorno”. Ricambio e vado a sedermi, pensando che la sua cortesia sia dovuta al bastone bianco che porto.
Alla fermata successiva, altri passeggeri salgono e questi non sono ciechi, ma l’autista anche a loro riserva il suo sonoro saluto. Mi accorgo così che la sua è una eccezionale bellissima abitudine.
Mi sono sentito in dovere, a questo punto, di alzarmi e di andare a complimentarmi con lui. A suo ulteriore beneficio, aggiungo che i miei complimenti lo hanno imbarazzato molto. Riteneva normale il suo comportamento.
Nel tempo l’ho incontrato spesso e mi sono ancora beato del suo saluto.
Aspetto la tranvia per andare verso Careggi. Quando arriva per me la difficoltà consiste nel trovare una porta di accesso, ma con l’aiuto del bastone ormai mi sto abituando.
Salgo e ora, con le mani avanti,cerco se c’è posto da sedermi. Con la mano tocco il viso ad una signora, ma con riflessi prontissimi, ritraggo la mano velocissimamente.
La signora ha nota il mio scatto nel ritrarre la mano, dice: “Ma non si preoccupi….”.
E io di rimando: “Mi preoccupo si. Avevo paura che mi mordesse”.
Sugli autobus cittadini, quasi sempre c’è la segnalazione sonora delle fermate. Qualche volta questa utilissima agevolazione manca. In tale caso io conto le fermate e seguo mentalmente il percorso con le sue curve e angolazioni. Quasi sempre indovino la fermata voluta, ma in questi casi chiedo conferma all’autista. Quest’ultimo, oggi, mi conferma che siamo a Piazza San Marco e mi chiede verso dove sono diretto. Rispondo: “Verso Santissima Annunziata”.
Siamo ancora fermi dietro ad un altro autobus. L’autista mi dice di aspettare che mi porta più vicino alla mia meta. Così fa una manovra azzardata, supera il bus fermo davanti a noi e mi deposita proprio all’angolo della via per Santissima Annunziata.
Nel ringraziare faccio una battuta: “Consegna a domicilio”. Scoppiamo a ridere……è facile diventare amici.
E’ buio per tutti, oltre che per me cieco. Piove a dirotto e io non ho un ombrello.
Aspetto il bus 14 e mi bagno.
Dalle mie spalle si avvicina un signore di una quarantina d’anni. Mi dice di accogliermi sotto il suo ombrello, che mi sto inzuppando. Ovviamente accetto molto grato.
E’ brasiliano. Per vivere svolge tre lavori. Deve mandare soldi ai figli in Brasile ed ha una fidanzata a Firenze.
L’autobus che aspettiamo tarda a venire, così parliamo di politica, del suo paese, dei suoi lavori……….
Il bus tarda, ma il tempo passa piacevolmente.
Qualche giorno dopo, scendo dalla tranvia e mi sento prendere sotto braccio e il brasiliano mi dice: “Andiamo, sono io”. Così mi fa attraversare tutti i passaggi pericolosi prima di lasciarmi per non fare tardi in uno dei suoi lavori. Ho un nuovo amico.
Sono arrivato al capolinea del bus 14. Scendo e faccio qualche passo prima di cambiare direzione. 20 passi e volto leggermente a destra. Altri 40 passi e sono al passaggio pedonale, per prendere la tranvia. E’ già ferma in stazione. Cerco la porta e trovatala, infilo il bastone con la destra e la mano sinistra, contemporaneamente. La porta si chiude e mi imprigiona sia la mano che il bastone.
In questa mia posizione, la tranvia parte trascinandomi dietro.
Causandomi un ematoma guaribile in 20 giorni, strappo la mano dalla morsa della porta. Il bastone è legato all’altro mio braccio, con un robusto elastico.
Riesco a spezzare il bastone, lasciando un pezzo sulla tranvia. Tutto correndo quei pochi metri dietro la tranvia. Nel frattempo la gente presente si è messa a gridare e la tranvia si è arrestata .
Se avessi perso l’equilibrio e non fossi riuscito a strappare la mano e il bastone; se la tranvia non si fosse arrestata, sarebbe stata una tragedia: sarei stato trascinato , chissà per quanto e con quale esito.
 Tutto perché il sensore della porta non ha registrato lo spessore della mia mano, aprendo la porta.
Sto aspettando il bus 14. ne Arriva uno. Chiedo che numero sia. Un signore che sta salendo , mi chiede che numero aspetto. Sentito il mio 14, mi dice che quello è il 1b e sale sul suo bus. Siamo al capolinea, così dopo pochi minuti sento scendere un signore dal bus, che si rivolge ad un gruppo di persone, parlando a bassa voce per non farsi sentire da me, ma io lo riconosco: è il signore di prima. E’ sceso apposta per raccomandarmi a segnalarmi l’arrivo del 14.Come si fa a non commuoversi, a questi gesti di solidarietà?
Sono seduto sulla tranvia. Siamo fermi al capolinea di Careggi.
Mi raggiunge un signore che mi chiede dove scendo. Alla mia perplessità si qualifica: è il guidatore della tranvia e mi spiega che vuole sapere dove scendo per tenermi le porte aperte più a lungo e consentirmi una discesa più tranquilla. Molto grato, lo ringrazio e dico: “Alla stazione Santa Maria Novella”.
Arrivato alla destinazione, io scendo velocemente e raggiunta la cabina di guida, busso sui vetri per attirare l’attenzione del guidatore. Lui apre il finestrino e ci salutiamo come due vecchi amici. Più avanti io mi fermo all’altezza del passaggio pedonale, per fare passare la tranvia. Al mio livello, l’amico suona la campana ripetutamente, in segno di saluto, mentre io agito la mano.
Entro in farmacia.
Nel salutare tutti gli amici addetti, sento che è presente un bimbo molto piccolo. Riccardo, l’amico farmacista, mi dice che è un neonato di due mesi, bellissimo e la mamma è ancora più bella.
 Mi rammarico ad alta voce per non poterli vedere.
La mamma, con un gesto bellissimo e spontaneo, mi chiede di darle le mani. Così mi fa toccare tutto il corpo del suo bimbo.
E’ stato un gesto meraviglioso, pieno di sentimento, che mi ha commosso.
Sono alla Coop con una accompagnatrice. Quest’ultima si allontana da me per un breve tempo ed io rimango solo.
Dopo poco, io percepisco l’arrivo di una persona. Immaginando che sia la mia accompagnatrice, cerco il suo braccio, per agguantarlo. Non è la mia accompagnatrice, ma un signore, che non avendo visto il mio bastone bianco, mi ha scambiato per un molestatore ed è fuggito di gran carriera. A questo punto mi ha raggiunto la mia accompagnatrice, piegata in due dalle risate: aveva assistito all’intera scena da lontano e voleva vedere come sarebbe finita.
Sono le 6 del mattino. C’è un gran silenzio nelle strade di Firenze. Da lungo tempo aspetto il mio bus . Comincio ad essere preoccupato: a volte appendono alle fermate avvisi di deviazioni, o cancellazioni. In un caso simile, io non li vedrei . Così nessuno mi potrebbe avvisare.
Al culmine della mia ansia, sul marciapiede opposto appaiono due fanciulle di origine latinoamericana, che attraversando la strada, mi chiedono che bus aspetto. Avuta la mia risposta, consultano gli orari e mi riferiscono l’esito. Io a mia volta chiedo loro che bus aspettano, ma con mia grande sorpresa, apprendo che loro abitano là di fronte e si sono solo fermate per aiutarmi……….
Qualche giorno dopo alla stessa ora, alla stessa fermata, appaiono le stesse fanciulle, solo per salutarmi e chiacchierare……….ho imbroccato !!!
Sono sull’autobus 14. Come di consueto, a sorpresa, salgono sul bus due controllori. Io , dalle voci e dai dialoghi , mi accorgo della loro presenza. Con calma, prendo il portafoglio ed estraggo la tesserina dell’abbonamento. Quando sento il primo controllore alla mia altezza, porgo in visione il mio abbonamento. Il controllore si rifiuta di guardarlo, dicendo che mi conosce già. Io, scherzando, insisto, spiegando che vista la fatica fatta per estrarre il tesserino, una ricompensa la merito. A questo punto arriva il secondo controllore, che capito il tono scherzoso della diatriba, conferma di conoscermi anche lui e ……….non vogliono vedere il mio abbonamento.
Ora tutti passeggeri partecipano, ognuno con la sua battuta. C' è anche quello, che non avendo capito niente, vuole partecipare ugualmente ai battibecchi, così, credendo di prendere le mie parti, si scaglia contro i due controllori, tra le risate generali incontenibili.
Sono sulla tranvia. Sono seduto su una della serie di poltroncine, raggruppate in due file, una di fronte all’altra.
Pian piano la conversazione tra i passeggeri presenti, crea un salottino.
Si arriva che una signora mi chiede, senza tanti giri di parole, quanti anni ho. Gli li altri passeggeri fingono indifferenza, ma tutti aspettano con ansia, la mia risposta. Io, come si usa fare in questi casi, chiedo agli astanti, quanti me me danno. Qualcuno per galanteria, rimane volutamente basso, ma anche chi cerca di indovinare, è abbondantemente al di sotto della mia realtà.
Quasi all’unisono, tutti mi chiedono di svelare il mistero.
 Dopo una studiata lunga pausa, svelo la mia vera età. Tutti hanno una reazione di incredulità. Ognuno la esprime alla sua maniera. Un signore, nello specifico poco signore, dice: “ Ci sta prendendo per il c… “.
Una signora, maliziosamente, pensando di prendermi in castagna, mi chiede in che anno sono nato. Io, senza alcuna esitazione, dico il mio anno di nascita: lo conosco benissimo. Subito tutti fanno i conti e……..tornano gli anni da me dichiarati, ma ancora nessuno ci crede. Una signora si alza, mi si avvicina e mi chiede all’orecchio, di dirle la verità, perché alla prossima fermata deve scendere. Al suo orecchio le dico la mia conferma. Lei mi manda bonariamente a quel paese e scende dalla tranvia. Il dibattito continua e la solita signora portavoce mi chiede di mostrare la carta di identità. Mi sto divertendo da matti. Con calcolata lentezza, tiro fuori il portafoglio, estraggo la carta d’identità e la mostro. Ancora la maggior parte dei presenti sono scettici. Il signore, poco signore, dice: “ Tira fuori l’altra carta, quella vera “.
Sono arrivato alla mia fermata, il capolinea di Careggi. Saluto la compagnia e scendo.
Sto andando da Piazza San Marco a via Degli Alfani. La Strada è molto affollata: turisti in coda, venditori di ogni genere. All’altezza del Museo dell’Accademia, da dietro, qualcuno mi fa uno sgambetto. Non cado solo perché sono ben stabile sulle gambe. Lo sgambetto si ripete per altre due volte. Resomi conto che la cosa non è casuale, ma voluta, mi rivolgo in dietro come una furia. L’autore degli sgambetti è un diseredato alto due metri, che mi supera sorridendo. Io, senza farmi intimorire dall’altezza del soggetto, quando mi è davanti, faccio io a lui uno sgambetto……..non è andato in terra, ma non si è lamentato, tirando diritto.
Il giorno dopo, incontrando una pattuglia dei Carabinieri,dopo aver raccontato il fatto accadutomi, ho avuto la conferma dei miei sospetti. Se, con lo sgambetto, avessi perso l’equilibrio, il malvivente non mi avrebbe lasciato cadere: mi avrebbe sostenuto……… sostenendo anche il mio portafoglio, che con l’occasione , avrebbe mutato padrone.
Oggi vado a Siena. Il bus parte dalla stazione della Sita, alle 9,20 precise. Mi alzo in tempo e mi preparo un buon caffè alla turca, con la schiumetta obbligatoria, che si deve formare sulla superfice, nella tazzina. Uso il bricco monodose tipico, fatto in rame, mettendo insieme tre cucchiaini di zucchero, due di polvere di caffè ed una tazzina d’acqua, appena sotto all’orlo. Mescolo il tutto abbondantemente per sciogliere lo zucchero nell’acqua, tenendo il bricco già sul fuoco a fiamma piccola. La superficie del miscuglio appare ruvida, ma immobile. Dopo qualche minuto c’è un primo scoppio della superfice ed inizia l’ebollizione, poi un secondo solleva improvvisamente il liquido minacciando la sua fuoriuscita. A questo punto occorre sveltezza per togliere dal fuoco il recipiente e versare tutto il suo contenuto nella tazzina, che sarà riempita fino all’orlo. Il profumo è invitante, l’aspetto è una poesia, mi dice chi lo vede. Prima di berlo occorre lasciar depositare il grosso della polvere, che resterà sul fondo della tazzina, dopo aver gustato il capolavoro.
Intanto che il caffè si depositi sul fondo della tazzina, io vado a farmi la doccia ed a vestirmi, perché il tempo scorre.
Percorro via De’ Macci e saluto il mio amico ciclista, che sulla porta del suo negozio sta riparando una gomma di bicicletta. E’ un ragazzo molto in gamba. E’ un po’ burbero con i clienti, ma è sano di principi e di modi. Ama molto la musica classica, che ascolta tutto il giorno alla radio. Ciò mi aveva molto meravigliato la prima volta, essendo lui giovanissimo, statisticamente più pronto all’ascolto della musica leggera.
Alla fermata in Via dell’Agnolo, Il “bussino elettrico” arriva
quasi subito e procede per la sua corsa: archino di San Pierino, Borgo Albizi, via del
Proconsolo, Piazza Signoria, Portarossa, via Pellicceria, Piazza della Repubblica…………. Conosco l’itinerario, solo perché precedentemente io ho fatto il percorso già molte altre volte. Arrivo nella piazza di Santa Maria Novella in un attimo e m’avvio verso la stazione della Sita. Dopo aver fatto il biglietto vado ad aspettare il bus al marciapiede numero 6. C’è già una signora che aspetta il mio stesso autobus, quindi mi accodo dietro a lei, per farla salire prima, quando sarà il momento. Ben presto altre persone si accodano a me, rispettando la naturale cortesia di precedenza. Pochi secondi prima dell’arrivo della corriera, una signora di una settantina d’anni, spingendo tutti, si posiziona in prima fila. Arriva subito la corriera ed aperte le porte, l’ultima signora, senza né scrupoli, né riguardi, spinge sgarbatamente la prima, dicendole anche: “Che prepotenza”. La prima signora, che avrebbe forse accettato passivamente il sopruso della seconda, al sentirsi anche colpevolizzare, ha uno scatto di rabbia ed inveisce. La lite rischia di diventare una rissa, perciò mi intrometto calmando la prima e spiegandole che la seconda era in evidente torto, al punto da far pensare ad un’ arteriosclerosi, o qualcosa di simile a sola giustificazione di un comportamento così fuori di senno. Mi siedo accanto alla prima signora e lei mi racconta di essere un’infermiera dell’Ospedale di Careggi, nel reparto di Oftalmologia. Aggiunge di aver appena trascorso la notte al lavoro ed ora tutto voleva, meno che litigare. Il bus parte in orario ed attraversando tutta la città, va verso la campagna.
Le vibrazioni del percorso, i raggi del sole che entrano dal finestrino, conciliano il sonno e mi assopisco, non so per quanto tempo. Improvvisamente squilla il telefono cellulare
dell’infermiera, seduta accanto a me. “Pronto………..o
Maria, come stai ?……………..Che combinazione, mi hai ch
iamata tu, proprio mentre pensavo di farlo io………………..no……………..no…………..sapessi stanotte che ero di turno all’ospedale, cosa mi è capitato: un fatto che mi ha sconvolta tutta” e l’infermiera continua il suo racconto.
“Ieri sera nel prendere le consegne dalle colleghe del turno precedente, vedo la cartella di un paziente che è stato operato ieri mattina. Sai io ero in turno di riposo e rientravo solo ieri sera.
Maria, credimi ho avuto un tuffo al cuore………..no………no…….. stai a sentire. Sai chi era ? Il mio moroso di quaranta anni fa. Maria, sapessi come ci volevamo bene…………….no Maria, ci siamo lasciati perché io ero giovane e non potevo vivere a Napoli. Volevo crescere e sono venuta a Firenze dove ho studiato, sono diventata infermiera e mi sono sposata. Lui non aveva voluto seguirmi, perché aveva paura di andare verso l‘ignoto e ci siamo persi………………..no……
……no…….ascolta. Ho saputo che era ancora bendato e sono andata a trovarlo al suo letto. Gli ho dato la buonasera, ma, Maria,
tremavo tutta. Lui, dalla voce, non mi ha riconosciuta,…….. sai poi siamo invecchiati………….il modo di parlare cambia ………ecco… ……però mi ha chiesto come mi chiamo e quando gli ho detto, Lena, ha avuto un sussulto e mi ha raccontato, che tanti anni fa ha amato una donna con questo nome……………Maria, …..parlava di me e ti confesso che mi sono venute le lacrime………….no, io non gli ho detto nulla di me. Abita a Prato ed è sposato. Lunedì gli tolgono le bende e mi vedrà………… Chissà se mi riconoscerà……………. ……….no………..no, non gli ho detto e non gli dirò che sono vedova………sai non vorrei che si
mettesse in capo cose strane…….. ………ha una moglie e forse dei figli………………no, non voglio fare la sfascia famiglie…………………beh, ma che dici Maria………………….. ……smettila………..no, anche se mi ha fatto ricordare i tempi meravigliosi del nostro amore……………….Certo, ti racconterò come finirà. Ora ti devo lasciare, sto arrivando a Siena……..………ciao, ciao.”
Non saprò mai la fine di questa storia romantica, perché anche se incontrassi ancora l’infermiera, non oserei farmi raccontare l’epilogo.
Con il bus 14 sono arrivato a San Marco. Sceso dal bus, mi si para davanti una transenna nuova, messa là da poco. Faccio un passo a sinistra, ma la transenna c’è sempre. Faccio due passi a destra, ma non riesco a trovare la via libera. Mi vengono in aiuto un lui ed una lei. E’ una coppia di Napoli. Anche loro vengono nella mia direzione. Camminando inizia un bel dialogo tra noi. Vogliono sapere della mia cecità: se sono cieco totale, da quando, come ho reagito alla disgrazia…………
La conversazione è piacevole, tanto che arrivati al Conservatorio musicale, le nostre strade si dovrebbero dividere e noi ci fermiamo continuando la conversazione. Anche io chiedo di loro.
Mi raccontano una storia triste che poteva finire ancora più tragicamente.
Stavano tornando da una bella vacanza. Percorrevano l’autostrada, quando, nei pressi di Firenze, sono stati coinvolti in un incidente grave, travolti da un autotreno. Loro due ne sono usciti illesi, ma la mamma di lui ha avuto un brutto trauma cranico e fratture di vario tipo. Ora sono bloccati qua, nella attesa che la mamma esca dalla prognosi riservata. Sono rimasti anche senza auto, distrutta totalmente nell’incidente.
 Sono sul bus 14 Alla fermata di Piazza San Marco c’è un folto gruppo di giovani e ragazze, almeno così mi pare. Ridendo, scherzando, parlando in americano stretto e vociando, iniziano a salire sul bus: 1, 2, 3…..15, 16, 17…..30, 31, 32……240, 241,242,,,,,,
Forse ho esagerato, ma di certo sono tanti, quanto basta per non farcene stare più neanche uno in più, anche se magro, corto, storto, con capacità da contorsionista.
Alla fermata successiva, sale una signora, che prende giusto il posto di un signore appena sceso. La signora è molto impressionata da quanto siamo pigiati e in un fiorentinaccio molto spiccato, sollecita a spingersi e stringersi. Ovviamente i ragazzi americani non la capiscono e non si muovono.
Io sono preoccupato, perché tra due fermate dovrei scendere. Urlando all’autista di farmi scendere alla mia fermata, mi butto nella mischia,spingendo sederi , tette, braccia, teste. Così facendo, infilo il manico del mio bastone bianco, nel viso di una americanina, che urla. La signora scoppia a ridere e nel suo fiorentinaccio, si dichiara soddisfatta, visto che non l’hanno ascoltata.
lettere-Mail ad un amico, appena operato alla gola ed ancora intubato.
Oggetto della Mail: Consolarsi con il Rovescio della medaglia, se il dritto è peggio.
 Carissimo,
      "al giungere di questa lettera...." leggeva ad alta voce Violetta Valéry, prima di stramazzare svenuta al suolo, per aver capito di essere stata "abbandonata" da Rodolfo. Mi dirai........."e cosa ci incastra" ? Incastra, incastra. Questa mia è una lettera....... e poi vorrei che tu non sentissi la mia assenza come un "abbandono". So tutto di te: quante cannucce hai, dei tuoi lauti pranzi siringati nella cannuccia, delle mollezze alle quali ti stai abbandonando, della nebbiolina artificiale che ti creano per farti sentire nelle campagne lombarde, con la scusa di farti respirare meglio. Attento a non fare come quel signore, che raccontando le sue disgrazie diceva: "me l'hanno messo in C..... , ma il peggio è che ora ci godo".
A una persona che sta male, abitualmente per tirarla su, gli si raccontano le proprie disgrazie, ma pensando di coglierti in un momento di euforia, ho temuto di buttarti giù. Così mi limito a raccontarti come va il mondo qua fuori.
Non so se tua sorella ti abbia raccontato di quanto io sia preso dal problema delle "antenne", così chiamato perché si tratta di antenne. La lotta è senza speranza, ma mi sto divertendo tanto. Ho conosciuto e discusso con le più alte cariche del Comune, dal Sindaco agli assessori, dall'Avvocato del Sindaco al dirigente dell'Ufficio Urbanistica. Ormai quando mi presento mi fanno passare subito, perché altrimenti................ A proposito, oggi concordavo un
appuntamento con la segretaria di un Assessore, molto incinta e compresa nel suo ruolo di futura partoriente. Per farsi vezzeggiare mi diceva della sua preoccupazione del parto ed io per consolarla stavo
per dirle:" ma cosa vuole che sia, oggi è come andare d'intestino". Ovviamente mi sono fermato in tempo pensando che non sarebbe stato molto garbato: poteva soffrire di stitichezza e l'avrei spaventata.
A parte ciò, qua ci sono tanti Virus in giro: nel PC arrivano più volte al giorno, la "TARSU" ( volutamente errato ) o polmonite atipica infierisce, i polli della Thailandia non vanno più da soli sulla brace. Che mondo !
Ti ho convinto a stare là ? Se non ci sono riuscito è un peccato, perché non puoi fare diversamente. A parte gli scherzi, se tu avessi bisogno, so anche fare discorsi seri. Se ti può servire a qualcosa, parlami di questi tuoi momenti psicologicamente neri. Anche io li ho, pur nascondendoli.
Smetto qua perché si dice che le e-mail debbano essere brevi e veloci.
Un abbraccio e a presto.
Carissimo,
Ho appreso indirettamente buone notizie............comunicale subito quando ci sono !!!! Nelle tue e-mail, mi hai accomunato tra le bellissime ragazze alle quali scrivi e non posso che essere lusingato, ma ciò rimane comunque una volgare truffa. Un unico testo serve per tutti! Io almeno quando ho da comunicare un unico testo a più persone, lo riprendo, correggo l'indirizzo e lo personalizzo, in modo che sembri fatto apposta per “la persona” alla quale indirizzo.
   La cosa che mi imbarazza è che se fossimo stati soli io e te, avrei detto cose più intime, ma in questo caso non so. Ad
ogni modo, siccome ho un problema molto serio, che non può essere rimandato, proverò ad esporlo ugualmente, anzi potrò così avere pareri più disparati.
      I miei slip, da un po' di tempo, si slabbrano, anzi è meglio dire si
scosciano, sul lato della coscia destra e solo destra. Non è questione di marca, difatti succede anche con le migliori. Dato che il fatto si sta ripetendo sempre più spesso, ciò è preoccupante. Il problema è stato anche preso in considerazione da un punto di vista erotico/sessuale, ma per la verità i lavori si sono chiusi con un nulla di fatto. Qualcuno ha fatto rilevare, che andando io in bicicletta, sui rulli , in terrazza, alzando la gamba destra per saltare sulla bici, davo oltre che uno strappo muscolare alle reni, anche all'elastico, sul lato destro. Per circa 30 giorni, ho prestato attenzione ai miei movimenti nel salire in bici e per la verità non ho riscontrato sintomi rilevanti da tranquillizzarmi. Anzi, distratto dall'elastico, ho preso talvolta dei contraccolpi, sconsigliati a chi tiene particolarmente alle “sue basse proprietà.....”. Il problema si fa serio, difatti la parte destra si allarga ed io non posso portare un’altra persona dentro con me. Vi ringrazio fin d'ora, se vorrete allargare, non anche i Vs. slip, ma il dibattito, ad amici e conoscenti, ferma restando la "privacy" di Legge.
      Ed ora un argomento più frivolo. Data del tuo ricovero: San Valentino. Sei stato grande a fare piangere tua moglie, con lo scritto romantico. E' una cosa bellissima, non una colpa. Io per fare piangere le donne devo picchiarle sodo, non ci riesco in altro modo. Beato te.
Un abbraccio.
      Carissimo ed amici che leggono in copia,
Con questa mia desidero ringraziare le numerosissime persone, amici e non, che si sono prodigate a consigliarmi sul problema: "la
mutanda, che dilemma" !
Il problema è stato felicemente risolto, devo dire, con......molta soddisfazione. Una mia carissima amica, “bbona e generosa”, nel vedermi sfilare e mettere gli "slip", ha subito capito tutto. Mi ha così spiegato che il mio errore era fondamentalmente nel modo di mettere
e togliere l'indumento. E’ vero: non si finisce mai di imparare. Mi ha suggerito di calarmi dentro, con entrambe le gambe, passando per il foro più grande, detto della cintura, infilando rispettivamente la gamba destra nel foro più piccolo di destra, la gamba sinistra in quello di sinistra..................e non come facevo io, che passavo con le braccia attraverso il foro piccolo di destra, poi con la testa ed infine con le spalle e la gamba sinistra, che così trovava la sua collocazione!
   La mia carinissima amica mi ha poi fatto fare esercizio, fino a stremarmi, al ritmo di "ora dentro.………….ora fuori.………...ora dentro......eccetera……………….con ns. grandissima soddisfazione.
      Al termine degli esercizi (non spirituali), mentre ha fumato una sigaretta (dicono che dopo si faccia così), lei mi ha raccontato la storia della “mutanda”.
      Pare che intorno al 1673, un certo Sir Mac Mutand, usava suonare la sua cornamusa in un “Pub”, per la delizia delle signore presenti, sedute in terra davanti a lui. Suonando la cornamusa, per il troppo fiato, gli si alzava maliziosamente il gonnellino scozzese. Ciò scopriva, quello che le signore sempre attendevano con libidine. Una sera del 23 Ottobre alle ore 21.17 circa, ormai ultra settantenne, dopo aver
suonato la sua solita cornamusa, non ha più sentito il solito "ooooooooooh, che bello", di ammirazione, che le signore erano solite esclamare dalla platea, alla visione tanto attesa. Mac Mutand ci rimase molto male. Era evidente che con il tempo, lo strumento non era più attraente ed andava coperto. Così nasceva il primo copricapo, pardon, copri vergogne, che per vanità lo scozzese chiamava con il suo nome: “mutando”. Con il tempo l'indumento subiva delle trasformazioni sia di nome, che di forma. Così diventava "mutanda", poi in Francia "culotte", dal francese "cul" e dal tedesco "Lotte", tanto che chi non le portava era additato e chiamato "sanculotto", confondendosi così con "culattacchione" o "culatone", "culaccino", eccetera. Le signore per vezzo nel tempo le allungavano fino ai piedi, lasciando aperte le parti più essenziali, poi le adornavano di fiori e ghirlande, pizzi e merletti. Ciò fino ad arrivare ai giorni nostri con una drastica riduzione di materiale impiegato. Oggi, come mi ha mostrato la mia amica, è sufficiente un triangolino di tulle davanti, per tenere lontane le mosche, ed un filo interdentale posteriore, per sorreggere il tutto. Questo filo non va tenuto di lato, ma sorretto tra le due rotondità posteriori naturali, che danno anche una centratura esteticamente molto apprezzata. Questo filo interdentale, in origine è bianco, ma pare che lo vendano anche già nero, per essere utilizzato più a lungo.
      Nella speranza di essere riuscito a dirvi qualcosa di nuovo su questo mondo così oscuro, vi bacio caramente.
Un ragazzo ed una ragazza, fermi davanti ad una vetrina, sono intenti alle prime schermaglie amorose.
La mia fantasia va oltre.
     Un uomo incontra una donna. Si stringono la mano.
"Ciao, Antonella".
"Piacere, Michele".
      E' bastato un attimo, ma ora lei sa tutto di lui: se si mangia le unghie, o tira solo le pellicine, se ha l'alito pesante o è sopportabile, se ha cura del suo corpo oppure no, se ha i muscoli in tensione o sono flaccidi, quando è nato ( approssimativamente al minuto ), di che segno è, come è fatto il suo culo. Questo è un particolare importante per una donna, dopo le dimensioni del sesso. Si dirà, ma Michele ancora non si è voltato, come fa lei a sapere tutto sul culo, che normalmente sta dietro ? .............. la vetrina che fa da specchio le è stata indispensabile per controllare la situazione a trecentosessanta gradi e lei, dando la mano (e per ora solo la mano), ha volutamente fatto voltare lui con la schiena !
      A questo punto lei sa già se te la darà, quando te la darà, a che
condizioni te la darà. Il resto è cronaca, ma inizia il corteggiamento, e qua leggasi "le trattative".
      Ingenuamente lui le chiede:"Ci possiamo rivedere ?" che in pratica intende: "Se ci rivediamo con calma, me la dai ?"
      Lei risponde:"Chissà............forse...............il destino......."; essendo "forse" quell'altro che le fa la corte da qualche giorno, il "destino" Lei e come le girerà.
      Lui, nel frattempo, ha perso letteralmente gli occhi, che gli sono caduti dentro alla scollatura di lei. E' riuscito a identificare solo le forme del piccolo seno di lei...........e poi, senza occhi non ha visto altro.
Il destino (lei) decide per entrambi ...............e gli anni passano.
      Un giorno lui ritrova i suoi occhi che aveva perso dentro alla scollatura di lei. Se li rimette a posto, invertendo il destro con il sinistro, un po' come succede nelle sale operatorie degli ospedali.
      Si guarda intorno. Chi è quel "coso" accanto a lui, su un grande letto matrimoniale ? "Sono tua moglie".
      Lei ha i capelli in disordine, tante rughe, i muscoli..............beh, non si vedono perché sono ricoperti dalla cellulite, una pancia notevole e cascante (qualcuno direbbe.....…...la maternità lo fa... ..........ma lei non ha avuto figli).
      Michele si volta e pensa………………
      Qualche tempo dopo...............un uomo incontra una donna. Si stringono la mano.
"Ciao sono Samant...ha".
"Piacere, Michele"...............Ci possiamo rivedere ?"
....................e i rapporti umani continuano.
Sono appena tornato da una cerimonia alla Sinagoga ed eccomi con le impressioni a caldo.
      Ho offuscato un pò gli sposi, difatti quando il Rabbino mi ha visto
in fondo al tempio, è venuto a salutarmi (io cieco come sono non lo avrei visto). La prima parte della cerimonia per il matrimonio, si svolge in una "dependance", dove entrano solo il Rabbino, gli sposi, i testimoni, gli altri officianti ed io. Mi è stato consentito anche di andare avanti e indietro, a mio piacimento, persino mentre il Rabbino cantava a squarciagola (ha una piccola protesi, ma ben fatta se vogliamo …………..e noi vogliamo).
La cerimonia inizialmente è stata ristretta, poiché gli sposi convivono da molti anni (hanno tre figli) ed il Rabbino ha voluto sottolineare che: "finalmente è venuto il tempo che il Signore (quello loro ovviamente) ha voluto in seno questi due sposi.................. Qualcuno dal fondo ha urlato: geloso perché la sposa è belloccia ?
      Poi il Rabbino canta in ebraico per circa un quarto d'ora e lì si è addormentato anche lui. Finalmente incomincia un dialogo tra gli officianti e lo sposo. Questo dialogo è trascritto su un papiro, con brevi interruzioni per l'accettazione dello sposo, che sta in piedi.........mentre la sposa sta zitta e seduta, senza aprire bocca. Terminata la stesura del contratto, lo sposo firma, pure i testimoni, gli officianti ed il Rabbino................ la sposa sta seduta e zitta.
A questo punto, ci trasferiamo tutti, nel vero tempio e sotto ad una cupola si svolgono diversi riti simbolici, ai quali partecipa sempre lo sposo, non la sposa, che sta zitta e coperta con una coperta sulla testa. Si passa poi alla rottura dei bicchieri, che io ho immaginato ma non visto, sempre a
causa della cecità. Infine è scoperta una porta Santa e davanti, i due sposi con il Rabbino, si coprono per intero, facendo un cerchio che ruota. Non posso garantire quello che succede sotto. Nel frattempo è venuta la moglie del Rabbino ad ossequiarmi, facendomi sentire un ladro in chiesa, pescato con le monetine mezze in tasca e mezze ancora nel contenitore. Ho dovuto pregarla di allontanarsi da me, che ero in incognito e non ero venuto per smontare la loro antenna. Il tutto detto, parlandole tra i denti (ovviamente quelli miei) e tutti hanno capito benissimo, data l'acustica : SIGNOOOORA.........SIGNOOOOORA.................
      Finita la cerimonia, la sposa è invitata a scansarsi, mentre gli uomini, lo sposo, il Rabbino, gli officianti, in cerchio, aprono le danze popolari, al suono di un flauto, al quale per molti motivi stentavo ad attribuirgli il suo nome scientifico.
      Terminate le danze, il Rabbino è venuto a congratularsi con me per
il mio "self control".
      Una sola considerazione mi viene spontanea: nelle loro tradizioni sono molto più avanti di noi, la donna non la considerano neanche un
pò. Mi meraviglia solo che l'abbiano fatta entrare nel Tempio: ma una spiegazione ci deve essere.
Ovviamente la mia è una ironica critica, allargata alla chiesa cristiana, che ancora ghettizza le donne.
      La festa “post matrimonium” era come le nostre: spumante, tartine ed ogni ben di Dio Ebraico.
Non vorrei sembrare blasfemo, ma i miei pensieri sono solo nati da una riflessione sulle realtà oggettive.
      Mi è capitato di ascoltare casualmente la Messa, via Radio. Ciò dopo tanti anni che non mi aggiornavo.
      Il rito lo ricordavo, per aver partecipato in veste di cantante. Però, ascoltando con attenzione alla radio, le parole dell’officiante e le risposte dei fedeli, il rito mi è apparso particolarmente pagano.
      I simbolismi, le frasi, i riferimenti, mi hanno portato ad un paragone con altre religioni, forse più primitive. Quelle avevano l’ignoranza su tutto ciò che circondava il loro mondo. Proprio perché erano primitivi adoravano e veneravano tutto ciò che per loro era inspiegabile. La luna, il sole, l’uomo bianco, quello nero, il deforme, il fulmine, erano tutte cose inspiegabili e come tali grandiose e da venerare. Oggi, presupponendo che si sappia qualcosa di più rispetto ad allora, che senso ha venerare l’ “Ignoto”, che senso hanno i Dogmi nati in periodi di ignoranza e tramandati fino ad oggi. Sarebbe molto più opportuno, rivedere gradatamente le regole, sulla base delle certezze scientifiche, ormai appurate ed indiscutibili. Molti Dogmi nati con obiettivi allora giustificabili, oggi non hanno più neanche un senso morale o istruttivo. Oggi si riscrivono le Costituzioni, molto più recenti dei
Dogmi, visto che i tempi e gli usi cambiano. Perché non si aggiornano anche i principi religiosi, dando più credibilità e senso ad un “credo” ? A volte mi chiedo: gli alti prelati e su su, o giù giù, quasi sempre studiosi ed intelligenti, possono credere a quello che raccontano, o la loro è solo una farsa, alla quale neanche loro credono più ?
Un esempio di inconcepibile contorsionismo religioso, potrebbe essere il seguente.
Avendo bisogno di una grazia dal “Signore”, è usanza rivolgersi non direttamente a Lui, ma ai Suoi prescelti collaboratori: i Santi. Se la grazia richiesta è particolare, meglio sarebbe rivolgersi alla mamma del “Signore”, la Madonna. Come tutte le mamme, anche Lei ha migliore ascendente sul Figlio. Questa non è una verità assoluta, perché c’è qualche Santo……………. che fa miracoli in fatto di grazie. Al figlio del “Signore”, Gesù, non ci si rivolge quasi mai, perché lui, anni fa, per sè stesso ha ottenuto poco e nulla da Suo Padre.
Mi viene istintivo pensare che la procedura è volutamente demandata ad altri, per non disturbare il “Signore”, che notoriamente è sempre molto indaffarato. O forse gli altri interpellati procedono un po’ come fanno le cancellerie dei Tribunali: tirano fuori il fascicolo, lo esaminano, fanno una
relazione di merito…… e la sottopongono al Capo. Resta comunque la complicazione di perdere tempo. Se chiedessi al “Signore” tramite un degno rappresentante, di concedermi una villa lussuosa, io immagino l’iter. Io lo chiedo al Santo. Il Santo lo chiede al “Signore”. Il “Signore” domanda che tipo di villa vorrei. Il Santo torna da me e mi pone la domanda. Io espongo i miei desideri al Santo. Quest’ultimo torna dal Signore e riferisce. Il Signore, ancora molto garbatamente, chiede di quante stanze avrei bisogno, quanti bagni, dove…………. Il Santo già un po’ spazientito, torna da me e chiede. Io preso un po’ alla sprovvista, opto per 20 stanze e quattro bagni, con prato enorme all’inglese e tanti servitori…… (è noto che va chiesto di più per avere meno). Il Santo torna dal Signore e riferisce, ma il Signore,
che non mi conosce personalmente, perché effettivamente i Suoi amministrati sono tanti, dice: “ma questo è fuori dalla grazia di Dio”, che poi sarebbe Lui. Chiude il discorso e non ne vuole sapere dell’argomento. Il Santo non sa come venirmelo a dire, temendo che io vada in giro a raccontare la misera figura che ha fatto gestendo la situazione.
      Sarebbe stato molto più semplice se mi fossi rivolto direttamente a trattare con chi ha il “potere”, evitando malintesi di qualsiasi genere. Il
“Signore” trattando direttamente con me, mi conoscerebbe anche meglio, mi stimerebbe di più e………………si ricorderebbe anche di me e non solo di quelli che vanno quotidianamente a genuflettersi nella Sua casa.
      Rivolgendosi direttamente a CHI può decidere, si avrebbe un ultimo vantaggio anche economico: si risparmierebbe la commissione in percentuale, percepita dagli intermediari, visto che nessuno fa niente per niente.
Qualche tempo fa ho avuto un modesto infarto, ma ora è tutto sotto controllo. E’ ovvio che ad ogni minimo segnale sospetto io mi precipiti a fare controllare la regolarità del mio cuore . A Firenze si dice: “meglio avere paura che buscarle”.
      Ieri ho avuto una strana sensazione al petto, così sono corso al Pronto Soccorso dell’ospedale.
      Per tranquillizzarvi, anticipo subito, che si è trattato di un falso allarme. I funerali sono così rinviati per assenza del morto. Immagino che qualcuno sia un po’ dispiaciuto, perché sarebbe stata una ottima occasione per incontrarsi tutti.
Comunque voglio raccontarvi un episodio simpatico che mi è capitato nel corso degli accertamenti clinici.
      Mi avevano sottoposto a tutte le possibili sevizie, per capire la ragione dei miei sintomi. Dopo 6 ore di inedia, solo per far passare il tempo regolamentare di osservazione, ero veramente annoiato. Improvvisamente si affaccia sulla porta della mia stanza di ricovero, un frate, “quello che viene a riprendersi le anime morenti del pronto soccorso”. Istintivamente mi sono toccato con la mano le mie parti basse centrali, sotto al lenzuolo.
Nel frattempo ho anche pensato che questa nuova presenza avrebbe potuto farmi un po’ di compagnia.
      Il frate si avvicina alla mia lettiga dove sono sdraiato, con il braccio e la spalla sinistra, interamente coperti dal lenzuolo. Il braccio destro è fuori, visibilmente presente con le varie cannule ed aghi, infilati nelle vene ed arterie. Con un largo sorriso di convenienza, alludendo alla mia barba e capelli bianchi, mi dice: “ Giovanotto cosa ha fatto ? ” Io ho subito pensato: “Vuoi scherzare ? Te le cerchi ?” Il braccio e la spalla coperti mi danno un’idea ed assumo
subito un aspetto stravolto, socchiudendo anche gli occhi. Assunto l’aspetto adeguato dico al frate: “Padre, mi hanno amputato un braccio”. Vi lascio immaginare la nuova espressione del frate, visibilmente imbarazzato, che farfuglia frasi sconnesse ed incomprensibili. Allora io con la voce quasi rotta, sussurro: “Padre, ho bisogno di stare solo”. Licenziarlo era il solo modo di togliere lui dall’imbarazzo e me dallo scoppio di risate. Il frate ha accettato subito la mia richiesta, ma prima, per istinto professionale, mi ha impartito la sua benedizione.
      Mezz’ora dopo lasciavo finalmente il Pronto Soccorso, saltando sulle braccia, per scaramanzia…………………. “Colui che vede più del Suo Ministro” potrebbe avere visto dove era il mio braccio amputato ! Spero
solo che, anche “Colui” si sia divertito al mio scherzo e che non voglia vendicare la figuraccia fatta dal Suo ingenuo incaricato.
 Un cardinale che appare spesso alla televisione, perché il suo modo di esprimersi è molto “telegenico”, recentemente ha fatto delle dichiarazioni, che hanno riportato a galla i miei vecchi dubbi, di ex-allievo dei Salesiani.
      Dio ci avrebbe farti a Sua immagine e somiglianza, ma siamo tutti veramente simili a Lui ? Mi rifiuto di pensare simili a Lui i ladri, i mafiosi, i pervertiti, i e così via dicendo.
      Dio ci avrebbe anche lasciati liberi di agire secondo nostra scelta. Così facciamo il bene, il male secondo nostra volontà. Ma se è vero che Lui ci ha fatti, che Lui sa tutto prima, al momento della nostra creazione, sapeva già di farci “sbagliati”, sapeva già che ad un certo punto noi saremmo diventati un assassino, uno stupratore, eccetera. Perché ha voluto errare nel crearci ? Perché ha dato il colpo di scalpello nel punto errato, mentre ci creava ? La Chiesa non sapendo rispondere al quesito, dice che è impossibile sapere la volontà di Dio e si rimette a Lui per Fede. Ma anche la Fede, se mi è stata donata o no, lo ha voluto Lui. Allora che colpa io ho se Lui ha errato a farmi, o per Suo impensabile disegno mi ha fatto senza Fede………………. si prenda le Sue responsabilità. Per fortuna io non sono credente, altrimenti sarebbe stato molto difficile giustificarLo, quando con un “bastoncino divino”, ha pensato di giocare all’ “Onda Anomala”,
massacrando milioni di persone, che poco tempo prima aveva creato Lui, con l’intento di ammazzarle più tardi. E’ molto difficile dire che “deve avere Fede”, ad un padre che ha perso i figli, la moglie, i suoi averi, la casa. Se fosse vero che non possiamo sapere i Suoi intenti, potremmo giustificarLo dicendo, che probabilmente ha prima radunato tutte le vittime sui luoghi del disastro, perché tutti avevano
dei “difetti di fabbrica”, e per una buona immagine di produzione, dovevano essere eliminati. Con questo principio, avrebbe lasciato tutti quelli “di fabbricazione ben riuscita”, in Europa, negli Stati Uniti, salvandoli, gli altri……..sotto all’onda. Ma anche qua ci sarebbero dei dubbi, perché so di molte persone, anche importanti, che se le avesse spostate nella zona dell’ Onda, il mondo ne avrebbe goduto. Rimane sempre il dubbio, che si poteva adottare un sistema meno atroce per una eliminazione di massa, avrebbe potuto adottare un metodo meno cruento, visto che può tutto. Avrebbe potuto, per esempio, farli morire di infarto, facendo sesso. Se è vero che siamo simili a Lui, mi viene anche il sospetto che sia un po’ sadico, come alcuni di noi, o indifferente al dolore altrui, sempre come alcuni di noi. Comunque il dubbio rimane sempre, perché se è vero che siamo figli Suoi, quale padre, simile a Lui, potrebbe scegliere di far affogare i suoi figli ? A ben pensarci, c’è nella storia qualche padre, simile a Lui, che ha
ammazzato i figli, o che se li sia anche mangiati…………. spero solo
che non Gli venga fame, mentre mi osserva.
Devo riconoscere che con me è stato buono, o gli sono sfuggito per il
Suo troppo da fare, infatti, non mi ha permesso di andare in Thailandia,
non mi ha fatto nascere nel periodo della “Inquisizione”, altrimenti con i miei dubbi sarei stato già carne da brace.
      Non voglio addentrarmi nel mistero dei Dogmi della Chiesa, perché credo siano frutto della fantasia di chi ha organizzato la “Religione” e non della mente Divina. Che necessità c’era di voler far credere nella “verginità della Madonna”. Dal punto di vista storico, Maria discendeva da
una famiglia di donne leggere, potrebbe aver sbagliato anche lei, per tradizione di famiglia…….. sono cose che capitavano anche allora. E’ ovvio che Giuseppe non poteva essere contento di vedere la sua donna incinta e senza sapere di chi. E’ ovvio che allora le leggi erano ferme e crudeli, e che in fondo Giuseppe, animo nobile, ha voluto evitarle la lapidazione. Sarebbe stato sufficiente che la sposasse semplicemente, dicendo che il
frutto era suo figlio, senza ricorrere ad assurde verginità. Nel tempo avremmo capito e perdonato.
      Ma il dubbio più grosso sorge quando mi chiedo: “Se il popolo, alla domanda di salvare Cristo o Barabba, avesse scelto di salvare Cristo, avremmo avuto il <Barabbesimo> anziché il <Cristianesimo>” ? La storia ci dice che Cristo aveva meno carisma di Barabba. Barabba aveva anche più seguaci di Cristo, che notoriamente erano 12 e con Lui 13, cosa che a lungo andare porta anche sfortuna ! Non a caso il popolo ha voluto libero Barabba, perché alla domanda storica, l’ “applausometro” ha fatto vincere Barabba. A mio parere entrambi erano rivoluzionari, ma Barabba aveva più personalità. Come è ben noto, il perdente, se ci rimette la vita, assurge a martire e con il tempo può anche diventare più grande della realtà. Così, supponendo di poter invertire le parti, se avesse vinto e fosse stato salvato Cristo, Barabba sarebbe morto in croce, diventando martire ed iniziatore di una diversa religione. Da notare che i seguaci di Cristo erano meno scalmanati di quelli di Barabba. I seguaci di Cristo hanno saputo lavorare nel tempo, anche subdolamente, ma se vogliamo, sono riusciti ad arrivare fino ai nostri giorni. I Barabbiani, molto più focosi, forse sarebbero riusciti prima a rivoluzionare il mondo, ma privi del loro Capo, non avrebbero
saputo operare in suo nome nei secoli. Certo è che la storia non può essere rifatta e ci è toccato questo.
Un giovane giapponese, il signor Yakosaki, ha abitato, per circa un anno, nel mio stesso condominio. E’ stato l’ospite, in una stanza dell’appartamento sotto al mio.
In tutto questo periodo, è stata notata la sua cortesia ed educazione orientale. E’ sempre stato il primo a salutare, a dare precedenza sul portone. Il suo modo di arretrare nel porgere il saluto, lasciava un po’ in soggezione, ma era un pregio di maniere. Nel tempo ho saputo che era uno studente lavoratore, in Italia con il permesso di studio. Spesso io l’ho incontrato sulle scale. Recentemente il signor Yako si è presentato alla mia porta, dicendomi che gli è stato chiesto di lasciare la stanza al piano di sotto, per scadenza dei termini concordati e che era alla ricerca di una casa dove andare ad abitare, anche provvisoriamente. Mi chiedeva se ero a conoscenza di qualcuno che potesse esaudire le sue richieste.
La mia compagna possiede un appartamento, che viene definito monolocale, per le sue minute dimensioni. Lei è residente in questo appartamentino, ma al momento, abita presso la sua mamma ultra novantenne, per assisterla, in seguito ad una sua crisi cardiaca. E’ una ottima occasione, per offrire ospitalità al signor Yako. Mi prodigo personalmente per il consenso della mia compagna. Sarà una ospitalità gratuita, di una
settimana, con il rimborso delle spese per i consumi di acqua, luce, gas. Per non oberare la mia compagna, impegnata con l’assistenza alla mamma, mi occupo personalmente della consegna dell’appartamento.
La settimana concordata passa velocemente ed il signor Yako non ha trovato alternative. Data la disponibilità dell’appartamento, prorogo senza problemi la permanenza
del giapponese. Queste proroghe vanno avanti per circa due mesi, ma il signor Yako, sempre con estrema correttezza, è puntuale ad ogni scadenza, per restituire l’appartamentino, come concordato.
Un pomeriggio il signor Yako si presenta, accompagnato da una persona, dall’aspetto decisamente poco raccomandabile, così mi dice chi mi assiste nella mia cecità. Pur non volendo avere pregiudizi, i molti particolari fanno attribuire una tossicodipendenza a questo signore. Parla solo lui ed il signor Yako sembra completamente succube e diverso dalla sua normalità. Questo signore dice di volere il doppione delle chiavi, per venire ad abitare anche lui, momentaneamente, nell’appartamentino della mia compagna. Io sono assente, la mia compagna rinvia una risposta ed allontana i due. Molto impaurita, mi telefona per chiedere consiglio.
Stabilisco di andare insieme nell’appartamentino, per indagare anche presso i vicini e così facciamo.
      Il vicino non ci conforta, anzi asserisce: che nell’appartamento c’è un movimento di gente poco raccomandabile; che il signore da me descritto abita già nell’appartamento da qualche giorno; che il signor Yako qualche giorno prima, si è presentato ai signori del piano di sopra, in mutande, vistosamente fuori di senno, apparentemente ubriaco o in preda a droghe, farneticando; che qualche giorno prima una pattuglia di Carabinieri in borghese si sono presentati chiedendo informazioni su cosa sia stato notato di particolare e che poi si sono trattenuti a lungo nell’appartamentino.
      Lascio un biglietto, sotto la porta di casa, al signor Yako, per convocarlo urgentemente presso di me. Trascorrono solo due ore ed il signor Yako si presenta. Dopo essermi
fatto riconsegnare le chiavi, spiego la nostra perplessità per le sue frequentazioni, racconto tutto quanto ho appreso dal vicino. Data la differenza di età tra me ed il signor Yako, mi permetto di fargli una ramanzina, chiedendo come mai abbia imboccata questa strada deviata. In lacrime mi racconta di avere iniziato a “fumare qualche canna”, poi essere passato ai prodotti chimici ed infine di essere attualmente iniziato ad esperimenti molto più pericolosi. Mi ha confermato di essere “dipendente
psicologicamente” dal signore che voleva le chiavi di casa ! Yako chiama Carmelo questo signore. Spiego che non possiamo farci coinvolgere in questa nuova situazione e liquido Yako con un ipotetico appuntamento da concordare, per ritirare tutte le sue cose dall’appartamentino.
      Il giorno dopo, alle ore 8 del mattino, mi telefona il solito vicino, comunicandomi che il signor Carmelo è sul pianerottolo di casa, con delle borse, in attesa di Yako. Il vicino è molto allarmato per questa presenza. Io non ho le idee chiare sul da farsi e c’è anche un po’ di paura a trattare con una persona presumibilmente tossicodipendente. Le cronache quotidiane non sono edificanti e la mia totale ignoranza sull’argomento “droga”, mi lascia intimorito su quello che potrebbe capitarmi.
      Arrivo all’appartamentino e mi faccio aprire il portone dal solito vicino. Le borse sono sul pianerottolo, ma Carmelo non c’è. Scendo in strada e mi apposto, nella speranza che torni presto o meglio che non torni più: neanche io so cosa vorrei. Attendo pochi minuti, durante i quali anche il vicino scende in strada e presto mi comunica che Carmelo è in arrivo. L’impressione del vicino conferma quelle precedenti: ha proprio un aspetto poco raccomandabile. Nel
momento in cui Carmelo suona il campanello, io gli chiedo se sta cercando Yako. Alla sua affermativa risposta, assumo un atteggiamento di spavalda autorità. Ciò nella speranza di poter sembrare un poliziotto cieco, senza dichiararlo falsamente, ma restando in una nebulosa ambiguità. Questo mio intento ottiene il suo risultato e Carmelo appare disorientato. Lo prendo con fermezza sotto braccio dicendogli: “Venga con me”. Carmelo mi segue docilmente e ci allontaniamo dal portone di casa. Spiego che Yako non verrà, che è indagato per supposto traffico illecito, che c’è una inchiesta dei Carabinieri e che è stata ritirata la chiave di casa. Invito Carmelo a portare via le sue borse dal pianerottolo e ad andarsene. Ancora remissivo, Carmelo sale e riscende da lì a poco, con le sue cose. Però il tempo occorso per salire e riscendere, ha fatto ripensare Carmelo, che ora è più arrogante e minaccioso. Mi dice che ha delle cose nell’appartamento e le vuole. Rispondo che non ho la chiave di casa, che non lo conosco e non posso consegnargli niente senza la autorizzazione di Yako. Insiste che lui vuole le sue cose e si altera. Cerco di mantenere la calma e la situazione in pugno, evitando di rispondere alle provocazioni, ma nello stesso tempo, cerco di essere autoritario, cosa non facile. La sua insistenza mi fa pensare che le cose da lui reclamate, non siano solo da
abbigliamento, ma di dubbia legalità. Pensando di spaventarmi, Carmelo mi offre una carta da giocare a mio favore: minaccia di far intervenire i Carabinieri del 112. Non perdo un attimo e lo prendo in contropiede, chiamando subito il 112. Dopo una breve spiegazione telefonica, una pattuglia dei Carabinieri arriva a sirene spiegate. Lascio parlare lui per primo e poi racconto agli intervenuti la mia versione. Ci sono richiesti i documenti di identità ed uno dei due Carabinieri si apparta per indagini sul nostro conto.
Nel frattempo Carmelo dichiara di essere stato in carcere più di una volta, per “Mafia” e altro, ma mai per droga. Approfitto per affacciarmi dentro la macchina della pattuglia e segnalare che, a mio parere, Carmelo ha qualcosa di non lecito nell’appartamento, altrimenti non avrebbe messo tanta foga, per recuperare un paio di calzoni ! Il Carabiniere mi conforta, dicendomi che ha la mia stessa impressione, però mi invita ad uscire dall’auto, per proseguire con le sue indagini via radio. Fuori, in strada Carmelo insiste di volere le sue cose, anche con il secondo agente. Ribadisco il mio concetto pregando il milite, di spiegare che non posso consegnare nulla ad uno sconosciuto e che solo Yako può farlo. I Carabinieri confermano la mia tesi legale e fatte le ricerche, riconsegnano i
nostri documenti d’identità e fanno allontanare Carmelo e poi vanno via anche loro.
Nel pomeriggio Yako mi telefona per fissare un appuntamento e ritirare le cose di Carmelo, pregandomi anche di tenere le sue ancora per qualche giorno. Fissiamo di incontrarci il giorno dopo direttamente sul posto. Lo prego di non avvisare Carmelo del nostro appuntamento, poiché non intendo farlo entrare nell’appartamento.
Dopo pochi minuti Carmelo suona il campanello di casa mia. La mia compagna è con me e si affaccia alla finestra del terzo piano, per vedere chi sia. Per evitare che Carmelo salga, scendo subito
prima di aprire il portone. Nel frattempo Carmelo fa una “piazzata”
dicendo a tutta voce, urlando dal marciapiede di fronte, che vuole le sue cose…………. Io lo sorprendo ancora presentandomi sul portone. Dalle descrizioni della mia compagna, non lo riconosco: è elegantissimo, non ha più gli
occhiali scurissimi del mattino ……….. si è stranamente trasformato ! Insiste che vuole essere presente quando andremo nell’appartamento, con Yako. Ciò ancora una volta mi conferma che quanto sta cercando non deve essere cosa lecita. Per chiudere la conversazione dico “si”, ma dentro di me ho già deciso “no”.
Il mattino seguente, puntuale come un giapponese, Yako si
presenta all’appuntamento. Insieme saliamo e Yako, procedendo ad una selezione, inscatola tutte le cose che ritiene siano di Carmelo. Si tratta per lo più di vestiti, radiolina, occorrente per farsi la barba…………… insomma tutte cose apparentemente legali. Io sono convinto che nel consegnare le sue cose a Carmelo, non lo accontenteremo. Scendiamo in strada ed accompagno Yako, aiutandolo a trasportare le scatole, verso la piazza. Prima di lasciare l’appartamento, faccio scrivere a Yako una dichiarazione, nella quale dice che tutte le cose presenti sono di sua proprietà ed eventuali presenze illecite sono solo di sua responsabilità. Faccio aggiungere che, io e la mia compagna ignoriamo completamente la provenienza di tutto quanto possa essere nell’appartamento. Ciò per cautelarmi anche nella eventualità, che aiutando a trasportare le scatole verso la piazza, ci possano fermare e trovare cose non proprio lecite. Lascio Yako davanti ad una cabina telefonica, perché possa chiamare Carmelo e me ne vado via.
Arrivo a casa e mi accingo a pranzare, con un sospiro di sollievo, per aver fatto un altro passo verso la soluzione del problema ………….. ma non è così. Passano pochi minuti e squilla il telefono: è il solito vicino di casa. Mi comunica che la situazione è precipitata. Portando a spasso il suo
cane, ha assistito ad un litigio tra Carmelo e Yako, degenerato al punto che il primo ha percosso malamente il secondo. Le percosse di Carmelo a Yako erano senza esclusione di colpi. Lo ha proprio maltrattato facendolo cadere a terra e saltandogli addosso con violenza. I presenti hanno chiamato la Polizia e sono intervenute in pochi minuti tre pattuglie. E’ inutile spiegare qua il mio nuovo stato d’animo, perché facilmente immaginabile.
Chiudo la comunicazione telefonica, ma non ho il tempo di ripensarci su, perché squilla ancora il telefono. Ho appena inserito la segreteria telefonica, per poter sapere chi mi stia chiamando. Temo la presenza di Yako o Carmelo, all’altro capo del telefono e non intendo rispondere ora. Chi mi sta chiamando non lascia messaggi sulla segreteria e chiude la comunicazione, quindi non so chi sia. La cosa si ripete per quattro o cinque volte. Dopo qualche minuto squilla il campanello di casa. Penso ancora trattarsi di Yako o Carmelo e non apro. Chi suona dalla strada si fa aprire il portone da un altro appartamento del condominio. Sento salire due persone con un passo pesante. Arrivano fino davanti alla porta di casa mia ed insistono a bussare. Ovviamente io non rispondo, pensando trattarsi dei miei due “avversari”. Finalmente scendono, ma si
fermano e suonano il campanello al piano di sotto. Il mio vicino, prima di aprire, chiede chi sia e le due persone si qualificano per Poliziotti. Io che ho sentito tutto dall’interno del mio appartamento, apro la porta e li faccio entrare in casa. Mi stanno cercando, perché hanno fermato due persone che dichiarano di abitare nell’appartamento della mia compagna, ma non hanno le chiavi per entrarci. Mi si chiede di poter entrare per fare una perquisizione. E’ ovvio che mi offro di collaborare e racconto tutti gli episodi, fin qua
avvenuti. Con la macchina della Polizia, andiamo all’appartamentino e là troviamo altre due pattuglie, che intrattengono Carmelo e Yako. Tutti insieme entriamo. Carmelo ha un trattamento privilegiato dalla Polizia, che presta tutta la sua attenzione su Yako. Carmelo si muove nell’appartamento con grande libertà. Si apparta anche in bagno e non so con quale intento. Finalmente annuncia che lui va via. Viene da me per porgermi la mano salutandomi. A questo punto, io, tenendogli la mano nella mia, gli dico che di fronte a tutti i Poliziotti, lo invito a non presentarsi mai più presso il mio appartamento, spaventando la mia compagna, altrimenti lo denuncerò per molestia e quanto altro potrà essere rilevato a suo carico. Carmelo mi assicura che non si farà più vivo e se ne va via. I Poliziotti continuano la perquisizione, con una palese
conoscenza di cosa cercano e sembra sappiano anche dove trovare. Così trovano un Computer, un apparecchio fotografico digitale e tanti altri oggetti rubati. Sequestrano il tutto e portano in Questura Yako. La pattuglia che mi aveva cercato a casa, mi prega di seguirli nei loro uffici, per firmare il verbale di testimonianza, soprattutto per notificare che loro sono entrati nell’appartamentino, con il mio consenso.
In Questura, mentre l’incaricato prepara la stesura della mia testimonianza, io dialogo ed assisto alle indagini, che portano al ritrovamento di una parte dei proprietari della refurtiva. Nel mio amichevole colloquio, esprimo le impressioni negative verso Carmelo, ma il Poliziotto mi dice che molto spesso “si prendono dei granchi nel valutare le persone”, testuali parole. Lo stesso continua esprimendo una opinione su Carmelo, completamente diversa sia dalla mia, che da quelle delle altre persone entrate a contatto con
il personaggio. E’ a questo punto che mi vengono dei grossi dubbi e comincio a pensare a Carmelo, non più come ad un delinquente, ma come ad un infiltrato della Polizia, per indagini a più ampio raggio. Se così fosse, tutte le mie paure, non erano giustificate, ed involontariamente ho fatto saltare tutta la organizzazione di indagini.
      Con questi dubbi chiedo ad un amico della Guardia di Finanza, di farmi sapere qualcosa su Carmelo e immediatamente l’amico mi comunica che questo nome e cognome non esiste in tutta Italia. Ripercorro con il pensiero tutti gli episodi avvenuti. Un malvivente non sarebbe mai venuto a chiedere il doppione delle chiavi, per entrare ufficialmente a vivere nell’appartamento. Avrebbe semplicemente fatto riprodurre le chiavi da un ferramenta, con pochi soldi. Come l’amico finanziere ha scoperto l’inesistenza di quel nome, anche la pattuglia dei Carabinieri intervenuta deve aver scoperto con le sue indagini, che Carmelo non esisteva …………. se non per voluta falsa presenza a scopo di indagine. Lo stesso discorso si può ripetere per
le tre pattuglie della Polizia, intervenute in seguito al litigio di piazza. Ci sono altri particolari che dovrebbero confermare la mia teoria. L’aggressore è Carmelo, ma le forze dell’ordine infieriscono sull’aggredito. Gli agenti, in casa, vanno dritti sulla refurtiva, mostrando di sapere esattamente dove trovarla, evidentemente perché qualcuno li aveva istruiti sul dove cercare. Carmelo si è mosso per la casa, non come indagato, ma con la disinvoltura dell’inquisitore. Abitualmente la Polizia mette del tempo ad arrivare sul posto, quando si richiede il suo intervento. Nel caso specifico, sono arrivate tre volanti e non una come la modestia del fatto avrebbe presupposto. Inoltre, arrivano
solo dopo pochi minuti e provenienti tutte dallo stesso commissariato. Anche la doppia veste assunta da Carmelo, lascia
un dubbio. Al mattino ha un aspetto sudicio e trasandato, occhiali neri impenetrabili, cappello di lana sdrucito, orecchino all’orecchio, barba lunga. Nel pomeriggio è totalmente diverso, è fresco di bagno, profumato, sbarbato, occhialini bianchi, giaccone firmato ed elegantissimo. Voleva darmi un messaggio, con queste differenze ? Le cose che Carmelo voleva ritirare ad ogni costo, evidentemente non era né droga, né refurtiva, altrimenti i sei agenti atti alla perquisizione se ne sarebbero accorti, anche non volendolo. Il mio sospetto ricade così su una attrezzatura per registrare i colloqui nell’appartamento, o per riprendere con telecamera quanto potesse succedere là dentro. Se così fosse, Carmelo temeva che io potessi trovare questi apparecchi, messi nell’appartamento senza autorizzazione mia o di chiunque dovesse darla. Gli stessi poliziotti, invitandomi in Questura, mi hanno richiesto una deposizione, non per i fatti avvenuti, ma per farmi dichiarare che loro sono entrati nell’appartamento, con il mio consenso.
Altrimenti anche nella circostanza avrebbero dovuto avere un mandato di perquisizione.
Dopo l’interrogatorio in Questura, Yako è stato messo subito in libertà, nell’attesa del processo per furto e ricettazione. Lui stesso, due giorni dopo, venendo a riprendere le ultime cose sue rimaste nell’appartamento, raccontandomi la sequenza dei fatti che hanno portato al suo “pestaggio”, ha detto testualmente: “Carmelo è un poliziotto”.
Non saprò mai la verità, ma il sospetto mi attanaglia: mi sento sempre spiato, quando sono in strada; immagino persone sospette sotto casa mia, che iniziano a parlare al
telefonino cellulare, quando esco dal portone;immagino persone sedute in macchina, davanti casa mia; sento degli strani contatti al telefono di casa, come se le mie conversazioni fossero ascoltate e registrate. Fortunatamente io non ho nulla da nascondere, ma se fosse vero, mi dispiace non poter avere una mia vita privata.
Il pessimista.
Rileggendo il mio testamento ho pensato che quando lo apriranno e lo leggeranno, io sarò morto.
L’ottimista.
Rileggendo il mio testamento ho pensato che sono ancora vivo.
Il Destino”.
I popoli arabi dicono “mactuub”, ovvero “sta scritto”, intendendo sul “libro Divino”.
Qualche anno fa, a Firenze, una ragazza americana, venuta dal lontano Texas, si è trovata in un bivio: vado a destra verso Santa Maria Novella , o a sinistra verso Borgo Ognissanti ? Decide di andare a sinistra: imbocca Borgo Ognissanti. Percorre 200 metri e arriva sotto ad un palazzo antico . In quel preciso istante un rosone, che stava lì da secoli, si stacca e ammazza la ragazza americana sul colpo. Se quella ragazza avesse deciso di andare a Roma anziché a Firenze; o se avesse deciso di andare a destra verso Santa Maria Novella; se si fosse fermata ad allacciarsi le scarpe, o a guardare una vetrina ……………….. il rosone non l’avrebbe colpita.
Tutti i giorni, fatti del genere fanno pensare, cosa sarebbe il mondo se ……………
Se il babbo e la mamma di Hitler, quella sera, invece di concepirlo, avessero fatto una sana litigata ……………………………..
“ Il DIO “ e le religioni.
Da sempre l’uomo ha avuto necessità di spiegarsi i fenomeni per lui ancora Misteriosi. Così nascono le religioni, che trasformano in Dei tutto quanto ancora non spiegabile. Così si idealizza il Dio Sole, la Dea Luna, il Dio Fuoco, i venti, il mare, il falco, il coccodrillo …….
L’essere umano si evolve, studia, scopre, apprende, si dà delle risposte. E’ così che capendo cos’è il sole, la luna, il fuoco ………………….. li butta giù dagli altari e li porta a livello di cognizione.
L’essere umano ha ancora molte debolezze, è insicuro, ha bisogno di essere preso per mano da “UNO” che ne sappia più di lui e di “UNO” che idealmente risponda al quesito ancora irrisolto: chi ha creato l’Universo ?
L’essere umano poi non si rassegna all’idea che, dopo la morte, di sé è tutto cancellato, tutto è finito.
Ecco che allora appaiono le religioni monoteiste, che, annullati i tanti Dei ormai spiegati, creano l’Essere Superiore, immaginato come noi ( la religione cristiana inverte il concetto: noi saremmo creati ad immagine e “somiglianza” di Dio ), che con le ns. regole, con le ns. conoscenze, crea il mondo, dà origine a noi, ci ama e/o ci punisce, ha sentimenti simili ai ns., eccetera, eccetera.
Nascono così i seguaci di Zoroastro, il Cristianesimo, i mussulmani, i buddisti e mi perdonino i minori che non cito. Tutti hanno in comune una cosa: pretendono, con fantasie più o meno credibili, di rispondere ai dubbi umani, di aiutare l’essere umano a percorrere il suo limitato cammino, attraverso i problemi, a consolarci facendoci credere che dopo la morte non abbiamo terminato definitivamente il ns. ciclo. Tutti, basandosi su pure fantasie, hanno in comune di
non poter offrire dati certi e provati, quindi si rifugiano dietro alla parola “FEDE”, ovvero “credi sulla parola” tutte le storture che ti racconto !!!
E’ così che anche queste religioni nel tempo, con le scoperte fatte dall’essere umano, hanno dovuto modificare alcuni dogmi, un tempo fondamentali. Così, per semplice esempio, sparisce il “limbo”, San Gennaro non esiste, San Giorgio nemmeno…………. Ma tutti quelli che nei secoli erano stati messi nel limbo, dove li mettiamo ora ? Con quale coraggio ora diciamo ai napoletani che i miracoli di San Gennaro non erano miracoli ? Come facciamo a dire agli inglesi che il loro patrono non può averli protetti perché non c’era ?
Io ho studiato all’Istituto Don Bosco, poi ho approfondito l’argomento “mussulmani”, infine, recentemente ho seguito i buddisti. Su questi ultimi ho fatto una statistica: è tutta ( direi quasi senza esclusione ) gente che da sola non avrebbe mai avuto la forza di andare avanti nella vita. Tutti avevano problemi importanti che, a loro dire, hanno
risolto grazie a Budda. Ascoltando come sarebbe avvenuta la loro conversione legata ai loro problemi, riuscendo io a restare fuori dai loro sentimenti, posso, senza dubbio, affermare che il Budda è servito perché loro avevano bisogno di una figura ideale nella quale avere fiducia e prendere quella sicurezza che a loro mancava naturalmente. Il caso li ha portati a Budda, ma sarebbe stato uguale con un buon sacerdote, un buon rabbino, uno “shech” mussulmano, o ancora altre figure carismatiche.
Una previsione è fattibile: quando, tra centinaia di anni, scoprendo magari l’antimateria ( già in ipotesi degli studiosi ), o riuscendo a penetrare un poco più in là delle nostre attuali nozioni, altri Dei saranno buttati giù dagli altari e
molte attuali religioni faranno la fine degli Dei egizi, greci, romani ed altri. Allora sarà
Storia.
Siamo a casa mia, un gruppo di amici. Siamo a tavola, in allegria.
Tutti si danno da fare: chi prepara le tartine, chi versa il vino nei bicchieri. Anche io voglio fare qualcosa e mi accingo a tagliare il pane. Percepisco che tutti mi stanno a guardare, per vedere come se la cava il cieco da solo, così mi invento uno scherzo.
Con la mano sinistra tengo il pane, in posizione per tagliarlo. Con la mano destra impugno il coltello affilato, per tagliare le fette.
Come faccio di solito, prendo le misure di come tagliare la fetta, ma anziché appoggiare il coltello nella giusta posizione misurata per il taglio, lo appoggio direttamente sulle mie dita che reggono il pane e fingo di avviare il taglio. Lo scherzo parte alla grande, perché tutti gli amici, all’unisono, urlano: “Nooooo“.
La formica ed il Mammut.
Una formica era uscita dalla fila delle altre compagne e voleva esplorare nuovi posti. Cerca, cerca, quando improvvisamente va a sbattere contro una colonna pelosa………………. Ma non è una colonna…………….è una enorme zampa. Ci sono dei lunghi peli attaccati. Sembrano delle corde. Perché non attaccarsi e vedere in su dove vanno a finire ? La formica è molto coraggiosa e non teme di scoprire cose nuove. Hop ! un salto per raggiungere una delle corde …………….. un pelo. Cilecca ! non ci riesce al primo colpo, ma dopo qualche tentativo …………. Oplà! ci riesce.
      Da un pelo salta all’altro, sempre verso l’alto, ma questi peli non finiscono mai. Opla, acchiappa quest’altro. Oplà ! Anche questo !
La formica all’inizio non ci fa caso, perché è incuriosita a saltare da un pelo all’altro………………….. ma presto sente un puzzo strano. E’ odore di animale selvatico. Tra un salto e l’altro, mentre sale sempre più in alto, si domanda dove ha sentito già questo puzzo. Ad un certo punto si ricorda cosa è ……………… è un Mammut ! “Sono salita su un Mammut ! “ La formica si ferma un momento per pensare. Ora che sa dov’è può essere pericoloso continuare a salire e forse è meglio scendere alla svelta e rimettersi nella fila con le altre formiche …………………. Ma questa formica è birichina ed è curiosa. Vuole sapere come
sia fatto un Mammut, guardandolo da vicino, da molto vicino. Decide così di continuare a salire sul Mammut e di andare a parlargli all’orecchio.
Salta, corri, salta ancora ………………… arriva nella testa del Mammut. Dove sarà l’orecchio ? Di solito gli orecchi sono due e sono ai lati della testa, ma la formica è piccola e la testa del Mammut è molto grande. Gita di qua, vai di là, torna indietro, inciampa su un pelo, cadi in mezzo alla foresta di peli …………. Infine la formica trova uno dei due orecchi. La formica è stanca e si ferma un attimo a prendere fiato. Intanto pensa: “cosa posso dire dentro l’orecchio del Mammut ?” Non dimentichiamo che la formica è birichina e infatti pensa di fare uno scherzo al Mammut.
Si avvicina al foro dell’orecchio ……………… mamma mia come è grande e profondo ! La formica deve stare anche attenta a non cadere dentro l’orecchio. La formica prende fiato e …………………….. con quanta forza ha grida :………………………. BOOOOOOOO. Il Mammut salta dalla paura, perché non si aspettava questo grido, così forte. La formica riesce appena in tempo ad acchiapparsi ad un pelo, che il Mammut casca terra e trema tutto.
La formica è molto dispiaciuta, perché voleva fare uno scherzo al Mammut, ma non voleva spaventarlo così tanto. Allora cerca ancora l’orecchio del Mammut e gli grida dentro: “ Ei Mammut, sono una formica, sono tua mica. Scusami se ti ho
spaventato, ma volevo solo farti uno scherzo. Alzati e non tremare più, non voglio farti del male.”
Con la mia accompagnatrice, siamo in Piazza Beccaria.
Per attraversare la piazza, aspettiamo, insieme a tanta altra gente, che il semaforo da rosso, diventi verde. Nell’attesa, io penso di divertirmi alle spalle di chi mi sta intorno.
Il semaforo è rosso. Le auto sfrecciano velocissime ed ininterrottamente. Io, improvvisamente, fingo di lanciarmi all’attraversamento. La reazione è stata un unico urlo di tutti presenti. La mia accompagnatrice ha richiesto parecchi minuti per rimettersi dallo spavento, ma io ho passato il tempo facendo qualcosa di utile.
Con la tranvia, arrivo e scendo alla fermata Leopoldo. Vado alla COOP a fare la spesa e mi carico lo zaino di 4.753 Kg. Di cibarie: 2 Kg. Di mele, 1,4 Kg. Di cozze, 1 bottiglia di prosecco, congelati vari di platessa, merluzzo, vongole,Torno alla fermata della tranvia, che arriva quasi subito. E’ affollatissima e solo tenendo conto degli spazi vuoti lasciati dai sederi e dai seni, ci si può adeguare entrando. Io, con un seno sull’orecchio sinistro, il rispettivo capezzolo dentro, un sedere con una chiappa sul mio fianco e l’altra su un altro fortunato , ho conquistato il mio posto.
Le porte si chiudono: siamo pronti a partire. Dieci secondi, 20, 50……. Si incomincia mormorare, a sudare, ma i secondi passano senza che niente si muova. Qualche protesta si alza e da inizio ad altre sempre numerose e vocianti. Passa ancora qualche secondo e le porte si aprono. Nel frattempo, altri possibili passeggeri, rimasti a terra, tentano l’assalto alla “diligenza”, ma l’altoparlante dà un annuncio: “Si pregano i signori passeggeri di scendere. Questo tram ritorna verso Careggi. La linea verso la stazione è ostruita da una ambulanza, che sta dando soccorso ad un uomo in fin di vita. Panico generale. Chi cerca il guidatore per impiccarlo, chi inveisce contro i politici, i le loro mamme, chi contro i cinesi che non avendoci ancora conquistato del tutto non ci portano in giro loro con il Risciò…….
Qualcuno trova il guidatore del tram: è nascosto sotto un seggiolino. Lo tirano fuori a forza e si salva dal linciaggio solo perché, piangendo, dice di essere figlio unico di madre vedova e di dover mantenere tre mogli
e 15figli tutti minori, in parte disabili, in parte di vari colori……….
Piangendo dice che stanno arrivando dei bus, che facendo da navetta, porteranno i passeggeri oltre l’ostacolo. Ovviamente questa non pare e non è una soluzione risolvibile: i passeggeri sono migliaia e, passando il tempo, altri se ne stanno aggiungendo, via via che nuovi tram si accodano. Ci vorrebbero centinaia di bus.
Nel frattempo, il guidatore si è rifugiato nella cabina di guida e parla con i suoi dirigenti. Io, orecchio fino, sento che la linea si è liberata. Assumendo l’atteggiamento del santone e con la mia voce possente di basso profondo, annuncio che sento libera la via e rimosso l’ostacolo. Tutti mi guardano come un invasato, ma colpo di scena, dopo pochi secondi appare il guidatore, annunciando che si parte !
Casualmente capito in Piazza Dalmazia , davanti al negozio di un cinese. Entro e………… c’è tutto quello che può esistere al mondo. Compro un anti zanzare e un frullatore elettrico : il tutto per 11 €.
Ritorno sempre più spesso. Ha tutto e quello che non ha, lo procura in due giorni.
Compro un radi capelli elettrico a 9 €, saponette, nastro adesivo, silicone, batteria per il cellulare, sveglia, gratta formaggio elettrico…………
Ogni volta che mi serve qualcosa, vado da lui.
Parla in un italiano abbastanza corretto, con tipico accento cinese.
Siamo entrati in simpatia e ridiamo con battute allegre.
Un giorno, l’ amico cinese mi chiede quanti anni ho e dato che non crede alle mie dichiarazioni, gli mostro la mia carta d’identità. Da quel giorno, il mio amico cinese, quando entro nel suo negozio, mi saluta alla loro maniera: mi sfrega le guance con le nocche delle sue dita.
Proveniente dal capolinea di Careggi, alla fermata della stazione di Santa Maria Novella, io scendo dalla tranvia.
Appena sceso, sono affiancato da un signore che mi chiede se può aiutarmi per l’attraversamento dei binari e del passaggio pedonale. Ovviamente accetto, dopo aver ringraziato.
Dal modo come parla e dalla lentezza dei suoi movimenti accanto a me, deduco trattarsi di una persona molto anziana.
Proseguendo per il mio percorso, il mio nuovo amico mi confida di avermi già visto e di sapere che, come lui, vado a prendere il bus 14. Così andiamo insieme, sotto braccio, verso il capolinea del nostro bus.
Nei giorni seguenti, quasi avessimo appuntamento, ci incontriamo spesso. Facciamo insieme il nostro percorso, scambiandoci pareri, notizie e nostre informazioni. Così apprendo che effettivamente è molto anziano, con molti acciacchi, che vive solo, che va due volte al giorno ad accudire la moglie, ricoverata all’ospedale.
Parlandomi della moglie, sento che ha un nodo alla gola, ma non oso approfondire la causa del ricovero.
Un giorno, salutandoci e andandocene ognuno per la sua strada, mi annuncia che da domani non ci incontreremo più, perché stasera dimettono la moglie. A questa notizia, a mio parere molto bella, mi viene istintivo un urlo di gioia, ma
…….il mio amico scoppia in pianto e abbracciandomi, in lacrime mi sussurra: “Purtroppo non è una bella
notizia “. Così dicendo si scioglie dal nostro abbraccio e scompare.
Non ci siamo più incontrati.
Sono le 7,30 del mattino.
Scendo dalla tranvia alla stazione Santa Maria Novella. Fa molto freddo. Mi avvio verso il pericolosissimo passaggio pedonale, che mi porterebbe oltre le rotaie delle due tranvie.
Mi fermo per lasciar passare la tranvia dalla quale sono appena sceso.
Una voce dolcissima offre di aiutarmi ad attraversare e contemporaneamente mi prende il braccio, con una delicatezza tutta femminile. La signora ha un garbo nel condurmi che innamora. Attraversati i tre passaggi, per me pericolosi, non mi sembra opportuno approfittare facendomi condurre ancora così dolcemente, quindi, nel salutare la mia accompagnatrice di pochi istanti, mi viene istintivo dire: “Al buon giorno è stato meraviglioso incontrare un angelo così premuroso”.
Siamo seduti sul bus 14 Tra due fermate tocca a noi scendere, così la mia accompagnatrice mi guida verso la porta, indicandomi i pali ai quali aggrapparmi, per mantenere l’equilibrio.
Arrivati al palo, segnalatomi come il più vicino all’uscita, io mi rilasso e mi tranquillizzo. Così azzardo una prolungata carezza alla mano della mia accompagnatrice.
Dopo un bel po’ di affettuose carezze, la mia accompagnatrice mi chiede cosa sto facendo. Alla mia perplessità, lei mi spiega che sto accarezzando la mano ad un signore !
Il signore ha capito il mio imbarazzo e ha spiegato: “ La mano della sua compagna era più bassa, ma lei lo faceva con tanta convinzione, che mi dispiaceva distoglierla. Ora però che lo sa, cambi mano “.
Pochi giorni fa , la lavatrice ha incominciato a perdere acqua dal filtro.
A ruota, il tubo di scarico del lavello in cucina, si è sganciato perdendo tutta l’acqua che riceveva.
Il giorno dopo, il cellulare non riceveva più le chiamate. Sistemato il difetto, dopo poche ore, lo stesso cellulare andava ancora fuori uso, questa volta, per un difetto della centrale operativa di trasmissione.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, il pulsante di accensione del Computer, si è categoricamente rifiutato di svolgere le sue funzioni.
Il giorno dopo ancora, ieri, rientrando a casa, non sono riuscito ad aprire la porta di casa:la chiave non riusciva più ad aprire la porta. Qualcuno ha tentato di scardinare la porta di casa mia, ma pur non riuscendoci, ha danneggiato la serratura, costringendomi a far intervenire il fabbro.
Entrato finalmente a casa, mi si rompe il cinghiolino dell’orologio, che finisce a terra, con il vetro in frantumi.
Oggi,vado alla fermata del bus. Attivo il pulsante per la segnalazione vocale, che mi dovrebbe dire tra quanto arriverà il mio bus. La voce mi trasmette un’ora completamente sbagliata e continua dando numeri buoni solo per il gioco del Lotto. Fortunatamente c’è un signore presente, che mi assiste per prendere il giusto bus.
Salgo sulla tranvia per Careggi e qua la segnalazione vocale non funziona. Essendo Careggi il capolinea, sopperisco alla mancanza dell’aiuto vocale e scendo in tempo.
Prendo la tranvia, di ritorno da Careggi. Questa volta la tranvia ha uno snodo tra un vagone e l’altro, che fa un rumore assordante, che dà l’impressione di doversi smembrare alla prima curva. Inoltre ha una porta che non si apre, per cui qualche passeggero, riparte sulla tranvia, prima di poter scendere attraverso un altro accesso. Io mi accorgo in tempo e mi preparo davanti alla porta giusta.
Prendo il bus 14 per percorrere l’ultimo tratto di strada. Qua la segnalazione vocale delle fermate, non è sincronizzata, quindi tutte le informazioni sono inverosimili. Io me ne accorgo in tempo e riesco a scendere alla mia giusta fermata.
Non essendo io superstizioso, non credo nella sfortuna, anche perché, statisticamente, io dovrei rientrare tra le persone particolarmente fortunate.
Detto ciò, ho chiesto come dovrei fare, per accendere una “candela elettronica” al Santo protettore di UTTE LE TECNICHE: San Piero Angela.
Ore 6 del mattino, della vigilia di Natale.
Con il bus 14 stiamo arrivando al capolinea della stazione Santa Maria Novella. L’autista del bus mi invita ad aspettare che faccia una manovra di avvicinamento, perché ci sono dei furgoni che, per scaricare la loro merce, hanno invaso la corsia del bus.
Dopo qualche manovra, l’autista mi dice di non potersi avvicinare di più, ma si offre di abbandonare il suo posto di guida per accompagnarmi fino al marciapiede. Sono commosso per questa disponibilità, lo dico, ringrazio, faccio gli auguri per il Natale e dico che dovrei potercela fare anche da solo.
Scendo dal bus e sono subito avvicinato da un extracomunitario che in italiano pi+ che stentato dice: “ Io accompagnare ? “. Accetto con riconoscenza ed afferro con decisione il suo braccio. Passato il punto per me critico, dandogli una pacca affettuosa sulla spalla, lo ringrazio, gli auguro buon Natale.
Ennesima dimostrazione di tanta umanità pronta a donarsi.
Io e la mia accompagnatrice ci accingiamo a scendere dalla tranvia.
Io arrivo davanti alla porta, la tocco con il bastone e mi accorgo che, accanto a me, c’è una persona. Immaginando che sia la mia accompagnatrice, allungando una mano per afferrarle il braccio, chiedo se è lei.
La figura si allontana con uno scatto, mentre la vera accompagnatrice scoppia a ridere.
Qua nascono le più svariate battute a tre. Io che ipotizzo un mio errore almeno con una fanciulla procace. Lo sconosciuto che si dichiara neanche bello………
Sono le 6,45 del mattino. Oggi è Santo Stefano, il giorno dopo Natale.
Io sono al capolinea del bus alla stazione Santa Maria Novella e aspetto il numero 14.
La piazza è deserta. Dopo un quarto d’ora arriva un bus. Si avvicina velocemente, si accosta al marciapiedi, si ferma davanti a me, aprendo la porta proprio alla mia altezza. Il conducente, con voce festosa e squillante, mi annuncia il 14.
Con voce altrettanto squillante, salendo sul mezzo, io rispondo: “ Perfetto, grazi, grazie, grazie “.
A bordo del mezzo, la segnalazione acustica, che dovrebbe annunciare le fermate, non è in funzione e il bus, data l’ora, non si ferma in nessuna fermata. Così ho pochissimi riferimenti per orientarmi. In base alle curve, riconosco la fermata di Piazza San Marco e alzatomi, vado a chiedere conferma al guidatore.
Con molta gentilezza, mi chiede se devo scendere. La mia risposta è negativa, ma io spiego dove dovrei scendere.
Poco prima della mia fermata, il mio compagno occasionale di viaggio mi chiede se poi io andrei oltre la fermata. Io spiego che dovrò imboccare la via Farini. Il mio nuovo amico, poco dopo, ferma il suo bolide e mi annuncia di avermi portato a domicilio, fino alla via Farini. Dopo i ringraziamenti, saluti e
auguri, il mio amico mi segnala la presenza di una transenna e mi spiega come aggirarla.
Scendo dal bus, scanso la transenna e il bus, che nel frattempo ha atteso di vedere come sarei andato
avanti, riparte suonando la sua tromba, in segno di saluto. Io ricambio il saluto con il braccio alzato.
La mia accompagnatrice è molto attenta. Lei ha capito la pericolosità delle scale in discesa, per un cieco come me. Con ciò, conta con me gli scalini, mettendomi in risalto l’ultimo.
Capita spesso, che io, di buon umore, aggiungo in fondo, un immaginario ennesimo scalino. Così abbassandomi ancora sembro proseguire la discesa.
La mia accompagnatrice, ogni volta che ripeto questo scherzo, si spaventa e poi mi ripete che, un giorno mi lascerà andare e allora sarà lei a ridere.
Arrivo a piedi al capolinea del bus, alla stazione Santa Maria Novella. C’è n’è già uno fermo. Mi avvicino e chiedo che numero è. Una voce allegra mi dice che è il 14. Ringrazio, anche io con allegria e salgo .
Le porte si chiudono alle mie spalle e il mezzo parte subito. Mi viene istintivo di dire: “ Ma lei aspettava me per partire “.
La risposta pronta è stata: “ E’ da ieri che l’aspetto”…….. Prontezza napoletana.
Il bus parte per la sua corsa. Ad ogni fermata c’è qualcuno che chiede informazioni. L'autista risponde sempre che il bus non passa per il posto richiesto. Le informazioni che l’autista dà sono sempre errate, perché il bus invece ci passa ! 27 Aprile, San Marco, Bellariva……sempre no. A chi chiede che numero deve prendere, a tutti risponde il 3, ma credo che non esista nemmeno il bus 3.
una di queste informazioni, mi intrometto io e spiego che va a Bellariva. Proseguo dicendo che dopo essere transitati per via Arnolfo, percorsa tutta via Quintino Sella, il bus volta a sinistra e siete a Bellariva.
Qualche fermata prima della mia, mi avvicino all’autista e gli chiedo scusa per essermi intromesso, ma, spiego , che in via Bellariva io ci abitavo.
L’autista, con un bel accento allegro napoletano, mi risponde che anzi l’ho tolto
dall’imbarazzo, perché lui è a Firenze da poco e ancora le strade non le conosce.
Aggiunge: “ Prima o poi ci arriverò “.
Qualche tempo fa ho avuto un infarto, con conseguenti applicazioni di tre “ stent “. In tali circostanze, che tu lo voglia o no, ti sommergono con camionate di farmaci. Così è stato anche per me. Tra i tanti farmaci, uno in particolare, è soggetto ad un piano terapeutico.
A me tutto ciò non è stato detto, ma solo infilato tra i 4.8527 fogli cartacei, avuti in regalo, quale premio, alle mie dimissioni, per aver consentito ai cardiologi, di giocare con le mie arterie e vene.
Da ciò si deduce, che, quando io sono andato dal mio medico di base, per richiedere un’altra confezione del farmaco e mi sono sentito dire che il fantomatico piano terapeutico era scaduto, la mia perplessità era giustificata.
Alla mia domanda di come avrei dovuto procedere, il mio medico non sa rispondere e sa solo dirmi che non può più prescrivermelo.
Alle mie insistenze, si entra in INTERNET e si trovano 298 pagine di spiegazioni , sul come procedere per rinnovare il piano, ma……….non si menziona , neanche con un accenno, le tante carte da compilare e firmare con timbro, a chi portarle, per ottenere il rinnovo ufficiale.
A questo punto cominciano le mie indagini per sapere chi potrebbe essere interessato a leggere le carte in mio possesso, firmate.
Data la situazione , a dir poco, confusa, fermo il primo netturbino che incontro e lo chiedo a lui, ma non lo sa.
Continuo le ricerche con l’autista del bus, ma con l’esatto risultato precedente.
Ci provo con la cartolaia e rimedio uno schiaffo…….ma perché con lei ci avevo provato altre cose.
Tornando a casa, incontro casualmente, il mio amico farmacista. Lui ha un intuito geniale: provare ad andare all’ospedale dove hanno fatto l’intervento per impiantarmi i tre stent. Il mio amico aggiunge di aspettarmi tempi molto lunghi per avere un appuntamento.
Vado all’ospedale Santa Maria Nova, ora pro nobis, all’ambulatorio di cardiologìa. Sono pronto a litigare e carico il mio arco con frecce avvelenate.
Al banco c’è una infermiera, che accogliendomi con dolcezza, smonta tutta la mia bellicosità.
Esposto il mio problema, mi chiede se nel frattempo, io ho abbastanza farmaco. Alla mia risposta di avere pochissime pillole, scherzando mi dice: “ Ai, ai, ai. Attenda un minuto “. Si assenta un po’ e ritorna con una confezione del farmaco, che mi regala.
L’infermiera predispone la pratica, mi chiede il numero di telefono e la mia mail. Ho un tuffo al cuore: vuoi vedere che le sono piaciuto e mi cercherà per un incontro a due ?
Il sogno dura un attimo, perché lei mi sveglia: tra qualche giorno, via mail, mi invierà il nuovo piano terapeutico e mi avvertirà per telefono.
Sono sul bus 14 e siamo fermi al capolinea.
L’autista, parlando al telefono, con un tipico accento napoletano, dice: “ Comme dite vui ANnapule, è asscìto paàzz “.Inapoletani perdonino il mio accento, nel riportare le frasi ascoltate.
5 Gennaio, vigilia del giorno della Befana.
Cammino per la via, seguito da lontano, da due signore, che parlano tra loro, ad alta voce. Il loro argomento è : “ i regali da mettere nelle calze per i nipoti, domani “.
Io rallento il passo, per farmi raggiungere. Quando le due signore sono alla mia altezza e stanno per superarmi, dico, rivolto a loro: “ Facciamo passare le Befane……..senza doppi sensi “.
Detto così da me, con molta allegria, innesca tutta una serie di simpatiche battute, che Ci permettono di lasciarci con i reciproci auguri cordiali. Una delle due aggiunge di stare attento, perché domani arriverà lei e saranno guai per me.
Sto percorrendo Via degli Alfani, con il mio solito metodo: io sul marciapiede, con il bastone che segue il filo dello stesso marciapiede, come fosse una rotaia.
Improvvisamente , mi affianca una persona, che stando giù dal marciapiede, blocca le auto, volendomi tenere per il braccio.
A giudicare da forte odore di alcool, il mio accompagnatore, deve essersi scolata una intera damigiana.
Presto mi accorgo che le auto sono costrette a fermarsi in una lunga coda, per non metterci sotto. Chiedo così al mio occasionale accompagnatore, per ben tre volte, di lasciarmi camminare da solo, perché stiamo fermando tutta Firenze.
Un’altra ragione mi ha distaccato volentieri dal mio accompagnatore: camminando in coppia, difficilmente si poteva individuare chi dei due fosse la fonte del sì forte odore di alcool. Tornando a casa, qualcuno avrebbe potuto riferire di aver incontrato, in Via degli Alfani, un cieco, così alticcio da non poter stargli vicino, senza farsi coinvolgere dai fumi.
Sono sul bus 14 e stiamo per arrivare al capolinea.
Visto che manca solo una fermata, io mi alzo emi preparo a scendere, stando in piedi accanto al guidatore. Nell’aggiustarmi il bastone, mi capita di non reggermi per qualche momento. Il guidatore, in tono molto affettuoso, mi raccomanda di reggermi. Io lo tranquillizzo, spiegando, che sono cieco, ma ben saldo sulle gambe. Dico poi che faccio, tutti ii giorni, mezz’ora di bicicletta sui rulli. Nasce così una bella conversazione, con reciproci consigli, di carattere sportivo. Presto arriviamo al capolinea e ci lasciamo, salutandoci, come due vecchi amici.
Scendo dal bus e mi sento prendere dal braccio. Contemporaneamente, una calda voce femminile, mi dice che ci conosciamo, perché alla vigilia di Natale, ci siamo incontrati e ci siamo fatti reciprocamente gli auguri.
Lei sa dove sono diretto ed insieme ci avviamo, a braccetto, verso la fermata della tranvia.
Perdiamo una prima tranvia, perché le porte si chiudono prima di poter salire sul vagone.
La nostra conversazione si fa molto interessante. Parliamo di noi: chi siamo, cosa facciamo, cosa abbiamo fatto fino ad ora. Vengo così a sapere che è diplomata alla scuola d’arte, che lavora in un negozio di abbigliamento, che il suo compagno la sta aspettando a casa e………che lei non deve prendere la mia stessa travia, ma quella dal lato opposto e che nel frattempo ne ha perse già due. Sono mortificato per averle fatto perdere due occasioni di partenza, ma lei dice che è stata una sua scelta perché la
conversazione è stata piacevole. Nel frattempo, un altro convoglio è annunciato per la sua destinazione. Tutti i miei tentativi di convincerla a non perdere questa terza occasione, sono vani: è irremovibile.
Tutto quello che continuiamo a raccontarci, contribuisce a conoscerci meglio.
Troppo presto, arriva il mio tram. Così io salgo, aiutato da lei, che sparisce dietro alle inesorabili porte a chiusura automatica.
Il tram riparte, con me, ancora tutto preso dal emozionante incontro.
Un signore di una trentina d’anni, si alza per darmi il posto a sedere. Una signora di una certa età, sta per alzarsi anche lei, ma un altro signore, chiamandola mamma, la invita a stare seduta.
Nel passare delle fermate, entro anche io nella loro conversazione.
Aprendo così da loro, che la signora è la mamma dei due giovani e loro la stanno portando a teatro. Un gruppo familiare da ammirare, sotto ogni punto di vista e portarsi ad esempio di rispetto, di amore filiale.
Alla fermata Leopoldo loro scendono, dopo esserci salutati cordialmente ed io aver augurato loro il mio “Buon divertimento “.
Il fatto che sto per narrare, non è attuale, ma risale a quando avevo venti anni.
Ho deciso di inserirlo qua, perché è un ricordo bellissimo, che mi ha segnato la vita.
E’ un episodio che esalta la modestia, la grandezza del personaggio, incontrato in quella occasione.
Era il periodo che andavo a lezione di canto dal maestro Frazzi. Il maestro era ormai famoso, per aver portato al successo cantanti quali i baritoni Gino Bechi, Rolando Panerai ed altri.
Io entro nell’appartamento del maestro, per la mia lezione di canto e sono subito colpito dalla inconfondibile voce del mio idolo: Gino Bechi, che proviene dalla stanza delle lezioni. Mi dico che non è possibile, che deve essere una registrazione. No, è lui di persona e lo capisco perché il canto si interrompe e i due dentro dialogano e riconosco distintamente le loro voci.
Sono emozionatissimo: sto per vedere dal vivo il mio idolo ( in quel periodo non ero ancora cieco ).
Come farò a reggere questo inaspettato incontro ? Ma poi mi faccio coraggio, pensando, che tanto lui passerà senza neanche vedermi.
In questo mio farneticare, il tempo passa e i due personaggi escono dall’aula delle lezioni e me li trovo davanti. Il celebre cantante è già pronto per uscire: indossa il cappotto, una sciarpa intorno al collo, un berretto basco ben calcato sulla testa.
Il maestro, vedendomi, dice: “ Gino, ti presento un promettente ragazzo, Rinaldo “.
Qua avviene l’imprevisto nell’imprevisto. Il grande Bechi,il famoso baritono, quel cantante che tutti i teatri più famosi del mondo farebbero carte false per averlo, cosa fa ? Con la mano sinistra, si toglie il basco e inchinandosi verso me, mi stringe la mano energicamente, dicendo : “ Piacere, Gino Bechi “……….
In quel momento non ho capito più nulla e non ricordo come ci sono arrivato, ma alle 24 mi hanno trovato abbracciato alle gambe del Davide, al piazzale Michelangelo e nessuno ha mai saputo spiegare come avessi potuto salire sulla alta base del monumento.
Sono alla COOP, davanti al banco del pesce. Sto comprando un sacchetto di cozze. Prima però voglio sapere la provenienza, per poter scegliere le mie preferite. Chiedo se sono italiane o spagnole. Alla risposta che sono italiane, insisto per sapere se sono sarde o spezzine: sono buone entrambe, ma le seconde sono grandissime e polpose. Mi assicurano che sono spezzine, così ordino il sacchetto più grande che abbiano, con la preghiera di farmi la prima pulizia con la loro macchina.
Nell’attesa, la moglie di una coppia, che è accanto a me, mi chiede come le preparo.
Così io spiego, in tono scherzoso: “ Lesson number one – finisca di pulirle per bene, a mano, perché la macchina sgrezza, ma non è perfetta – le metta in un pentolone, senza acqua, né sale – appena fanno la prima acqua, la scoli via e ci metta un bel po’ di burro, prezzemolo e aglio tritati – e per accompagnarle bene, prima di uscire, fermatevi a comprare un bel Prosecco, oggi ce n’è uno buonissimo, in offerta e buon appetito “.
La signora aggiunge: “ ……e tutti a letto a ridere “.
A questo punto mi sono sentito autorizzato a continuare il discorso malizioso: “ Signora, non si va a letto solo per ridere……… e se posso permettermi, faccia tante promesse a suo marito, ma soprattutto dopo le mantenga….. “.
Il marito ha molto apprezzato il mio suggerimento. La signora si è piegata a ridere, con falso pudore.
Ho appena appreso la storia, che sto per scrivere. Mi ha talmente toccato, che ho subito pensato di inserirla qua.
Siamo a Tulcea, 400 chilometri da Bucarest.
Una coppia felice aspetta un figlio, che, nei tempi canonici, arriva, apparentemente, in buona salute.
Dopo pochi mesi, i genitori si accorgono, che il bimbo non ha sintomi di crescita. Portando il bimbo da un pediatra e poi da vari specialisti, viene fuori la triste diagnosi: il bimbo è nato con la ghiandola preposta alla crescita, mancante.
Si tenga conto che in Romania l’assistenza medica non esiste di dritto, ma tutto va pagato privatamente.
Detto ciò, possiamo immaginare il trauma psicologico dei due genitori, da aggiungere alle enormi spese derivanti dalla malattia diagnosticata: visite specialistiche, medicine particolari, visite di controllo, settimanali, a 400 Km da casa, per raggiungere il più vicino ospedale.
Di tutte queste peripezie, quello che più mi ha colpito, è stata la maturità acquisita dal bimbo.
Due volte al giorno, si devono fare delle iniezioni. Una volta al giorno le fa la mamma, ma la seconda iniezione, per mancanza di altre possibilità, il bimbo se la pratica da sé. Qualcuno ha avuto il coraggio di chiedere al bimbo: “ Ma non hai paura di fartele da solo, non ti fa male “ ?
Il bimbo, grande ometto, scoppiando a piangere, ha risposto: “ Si, mi fa male e ho tanta paura, ma è per il mio bene. “
Non credo sia necessario alcun commento.
Anche a me, la storia, il bimbo hanno strappato una lacrima e non mi vergogno a dirlo.
Arrivo al capolinea del bus 14, alla stazione Santa Maria Novella. Purtroppo il mio bus non c’è e incomincia a piovere. Improvvisamente la pioggia sta diventando violenta, con tuoni e fulmini.
Devo trovare il modo di ripararmi. Faccio qualche passo verso il muro del palazzo che mi sta alle spalle, nella speranza di ripararmi con il cornicione. Ho fatto questo spostamento mal volentieri e con grande pregiudizio, perché, solo ieri, ho assistito all’arrivo, in quel punto, di più volanti della Polizia. Si trattava di una retata, in un noto punto di spaccio.
 Il mio tentativo di ripararmi sotto il cornicione, è stato inutile, perché ora la pioggia è violenta e mi sto bagnando come se fossi in mezzo alla piazza. Sono rassegnato a bagnarmi completamente: vorrà dire che arrivato a casa mi spoglierò completamente e farò una doccia calda. Con questo pensiero in testa, improvvisamente, mi sento afferrare da sei mani robuste, che mi trascinano, con molta decisione. Due mani mi reggono dal braccio sinistro, due sul destro e due sulle mie spalle, fungono da volante per orientarmi, verso dove hanno deciso che io devo andare. Il mio primo pensiero, unito al pregiudizio della nota fama di spaccio, attribuito a quell’angolo della piazza, è che sto per essere rapito.
A questo punto, uno dei miei presunti rapitori, con una voce da basso profondo, perfetta per un assolo di “spiritual”, mi tranquillizza dicendomi: “ Tu viene noi, oggi tanto piova,
tu bagna agua”. Con tanta decisione, mi trascinano sotto la protezione dell’ingresso di MacDonald. Effettivamente qua sotto non piove.
Il mio pseudo-rapitore, nonché pseudo-cantante Gospel, nonché pseudo dispensatore di godimenti, nonché mio salvatore dalle acque, nonché mio nuovo amico, con la sua voce profonda, continua la sua chiacchera: “ Tu chi bus volio “ ?
Saputo che io aspetto il 14, l’amico mi dice: “ Noi te dire”.
Poco dopo sento arrivare un autobus e il mio amico, portavoce del gruppo, mi annuncia: “ Tuo bus, tu veni noi “. Detto ciò, le solite mani robuste e decise, mi afferrano, mi portano al mio bus . Il capogruppo mi dà una manata sulla a spalla in segno di saluto. Anche gli altri mi vogliono salutare e per imitazione, ricevo altre due manate, tipo maglio.
IO Sono sul bus, ma mi volto a salutare, con la mano, i miei amici. Non li vedo, ma loro sono ancora là: lo so, perché vociano per un saluto nella loro lingua.
Sono ancora proprietario del fondo dove ho svolto la mia ultima attività, prima di andare in pensione.
Da molti anni sto cercando di venderlo, ma, pur essendo in una posizione ottimale, per una qualsiasi nuova attività, la crisi economica non mi consente di trovare proposte di acquisto.
Finalmente mi arriva la telefonata di un possibile acquirente. Fissiamo, per il giorno seguente, di andare a visitare il locale.
Il giorno dopo, mi organizzo per essere sul posto un’ora prima, per poter spazzare un po’ in terra e pulire i vetri, in modo da rendere presentabile il locale.
Arrivo davanti alla porta di accesso al locale e, con grande sorpresa, trovo una bellissima bicicletta da corsa legata, con due robuste catene in acciaio, alle maglie del bandone di accesso al mio locale.
La presenza della bici, legata in quella
 posizione, mi impedisce di alzare il bandone e di accedere al mio locale.
  Inizia così la mia vana ricerca, per trovare il furbo proprietario della bici incriminata. Suono tantissimi campanelli, chiedo ai passanti: nessuno sa dirmi di chi sia la bici.
Nel frattempo è arrivato il presunto acquirente, al quale io non posso mostrare la mia proprietà. Dopo un po’ l’acquirente se ne va e a me non resta che lasciare un messaggio al proprietario della bici, sgonfiando entrambe le gomme.
Tre giorni dopo, sperando che , nel frattempo , la bici sia stata tolta, mi reco ancora al mio fondo. La bici è ancora saldamente legata al mio bandone.
Preventivamente, ho portato con me un paio di grosse cesoie ed un seghetto, pronto a tagliare sia le robuste catene che, eventualmente il telaio della bici.
Pronto a produrre i miei tagli, un pensiero mi ha bloccato: se fossi stato visto mentre liberavo la bici dalle catene, avrei potuto essere accusato di furto.
Così ho pensato meglio di chiamare i Vigili Urbani, che dopo circa un’oretta, sono prontamente arrivati.
Io ho subito chiesto di far intervenire il carro attrezzi e portare via la bici.
Dopo lunga consultazione tra loro, i Vigili sentenziano, che essendo la bici appoggiata , con le ruote, su una proprietà privata , ovvero lo scalino del mio accesso, loro non potevano intervenire.
Vinto il mio primo momento di rabbia per un cavillo da burocrati, ho afferrato la bici con le due mani e tendendo le due catene, ho appoggiato la bici sul marciapiedi, quindi ora la bici era sul suolo pubblico !
Così i Vigili hanno chiamato il carro attrezzi, che, segate le due catene, si è portato via la bellissima bicicletta da corsa.
Scherzo telefonico fatto ad una amica, imitando una voce femminile, cosa che mi riesce benissimo, malgrado la mia nota voce da basso profondo.
Pronto.
Con chi parlo?
Sono Maria S…..
Ma è sicura ?
Ma chi cerca ?
Maria S……
- Sono io.
- Ma lei che numero ha ?
- 05524……
- Ma lei ha sbagliato numero.
- Come ?
Con il dito.
Che c’entra il dito ?
Ma signora, facciamo a non capirci ? Lei parla l’italiano ?
Ma io sono italiana .
Che c’entra. Anche io sono italiano, ma non parlo il russo.
Ma cosa c’entra il russo ?
Perché lei parla il russo ?
No ma….
C’è qualcuno accanto a lei che parla il russo ?
No.
E almeno il cinese ?
No ma……
Ma ancora non mi ha detto con chi vuole parlare.
Ma guardi che ha chiamato lei.
Con questo vorrebbe colpevolizzarmi ?
No ma……
Mi dice come mai le permettono di rispondere al telefono ?
Ma che dice ? Non sono mica scema.
Ma lei sa chi sono io ?
Chi è ?
Sono Rinaldo .
Rinaldo che conosco io è un uomo, lei è una donna.
Ma se non me lo dice come faccio a saperlo?
Ma lei conosce Rinaldo ?
Benissimo: sono io ( detto con la mia voce naturale da basso ) .
Che scemo, accidenti a te.
In questo periodo frequento spesso il teatro dell’Opera, La Leopolda.
A distanza di pochi giorni, ho assistito a due opere: La Cavalleria Rusticana di Pietro Ma scagni e La Madama Butterfly di Giacomo Puccini.
Sono due opere che, nel tempo, hanno lasciato un segno indelebile e romantico, nella mia famiglia.
La Cavalleria è l’opera che mia mamma, in duetto con mio padre, hanno cantato, per intero, al Teatro dell’Opera del Cairo. Fu un grande successo. Nel tempo, poi, era rimasto il loro cavallo di battaglia, con i duetti esibiti nei vari concerti, accompagnati al pianoforte da me.
Quanto alla Madama Butterfly, anche questa fu cantata da mia mamma, allo stesso Teatro del Cairo, ma conserva anche un altro ricordo, nello stesso tempo, romantico e di rimpianto.
All’epoca, mia mamma era molto giovane, molto bella, con una voce stupenda.
 Mia mamma, con tutte queste doti, si presentò ad una audizione, al Teatro Massimo di Palermo. L’allora famoso Maestro Roche, senza alcun dubbio, sentenziò, che l’avrebbe fatta subito debuttare al Teatro Massimo, con la Madama Butterfly. Nella stagione successiva, ci sarebbe stato il debutto alla Scala, secondo la tradizione dell’epoca.
Tutto questo bel sogno non si avverò, perché suo padre, che era mio nonno, mise il veto, dicendo che le cantanti erano “donne di malaffare”.
Confesso che assistere a queste due opere, per me è sempre
una grande emozione. Rivivo dei ricordi incantevoli, ormai irripetibili.
Sono le ore 7 del mattino. E’ domenica e la città è molto silenziosa, come è giusto che lo sia.
Io sono avvolto dal sonno più profondo e rilassante, di questa ora mattutina.
Nel mio sogno sento delle campane, che suonano sempre più forte, sempre più veloci. Le campane riescono a farmi uscire dal sonno profondo. Vagamente percepisco che non si tratta di campane, ma è il telefono che squilla. Comincia la lotta interna: mi alzo a rispondere, non mi alzo, ora smette, non mi alzo.
Gli squilli continuano, fino a che una mia gamba decide, contro la mia volontà, di uscire dal letto, ma io ho due gambe e occorre sentire anche il parere della seconda.
Gli squilli continuano e finiscono per convincere anche la seconda gamba, a scendere dal letto.
   A tastoni trovo una ciabatta. La seconda non riesco a capire dove sia finita.
Decido di andare a rispondere, zoppicando con una sola ciabatta. Afferro la cornetta con automatismo, perché la lucidità è ancora lontana da me.
Con una voce che ancora non riconosco essere la mia, dico: “ Prooon “.
Dall’altro capo del telefono, esce una voce femminile, troppo squillante, sia per l’ora, che per le mie orecchie. Percepisco che dice: “ Parlo con il bagno Le due sirene di Viareggio ?
Qua mi sveglio, i miei ingranaggi si mettono in moto velocemente.
Penso subito: fin qua io non mi sono divertito; se dico che non è il bagno Le due sirene, tutto si chiude qua; se rispondo che lo è, incomincia il bello.
L’istinto mi fa rispondere: “ Si signora, mi dica”.
La conversazione prosegue: “ Sono la signora Calcaterra. Mi potrebbe riservare due sdraio e un ombrellone, in prima fila ?
Ormai io sono sveglio e…………non perdono. Con aria contrita dico: “ Signora, qua c’è il diluvio, la fine del mondo. Il mare ha portato via tutte le sdraio; il vento tutti gli ombrelloni; la spiaggia è allagata dall’acqua piovana. Se vuole, appena avremo recuperato due sdraio dal mare e un ombrellone, lei avrà il suo posto in prima fila “.
“ NO GRAZIE. Sarà per un’altra volta “.
La conversazione si chiude qua.
Nel frattempo mi raggiunge la mia compagna, che svegliata dalla telefonata, tornando dal bagno, mi dice: “ Vedessi che sole, è una giornata meravigliosa.”
Sorridendo, ho risposto: “ Appunto è quello che al telefono stavo dicendo, ad una signora che ha sbagliato numero “.
Quotidianamente apro il computer, per controllare se ho ricevuto posta elettronica.
Ieri, tra la posta in arrivo, trovo una lettera, che il mio programma vocale non riesce a leggere.
La cosa mi mette in allarme. Mi dispiace che, per fare vari tentativi di farmela leggere, io l’abbia aperta. Mi hanno sempre detto, che , nel caso di una lettera sospetta di contenere dei virus, non va aperta, per evitare infezioni al computer.
Appena ho la possibilità, mi faccio leggere il contenuto del testo.
E’ una lettera ricattatoria. Mi si dice che sarei stato pescato durante le mie presunte visite a siti pornografici, di essere stato filmato mentre mi sarei masturbato e se non voglio che detto presunto filmato venga spedito alla intera lista dei miei amici e conoscenti, avrei dovuto versare € 350.
La cosa mi ha fatto sbellicare dalle risate, perché era più che evidente trattarsi di un “bluff”: non è mia abitudine visitare siti porno; sono cieco e se volessi farlo, non li vedrei; non ho alcuna telecamera collegata al mio PC, quindi come avrebbero potuto filmare le mie presunte masturbazioni; è evidente che i ricattatori non conoscono i miei gusti sessuali, ovvero che le masturbazioni non mi sono necessarie, trovando molto appagante un vero contatto fisico, con la donna desiderosa e desiderabile.
Oggi ho ricevuto altre cinque lettere simili, da altri mittenti diversi.
Volevo denunciare il fatto alla Polizia Postale, ma mi è stato detto che è molto complesso.
Mi è stato spiegato che si sono introdotti sul mio PC attraverso qualcuno dei miei corrispondenti, a sua volta, preso di mira.
Mi è stato spiegato come annullare che facciano altri invii simili.
Qualche mese fa, in occasione della inaugurazione della tranvia per Careggi, avevano stravolto il percorso del bus 14.
Per me non era stato facile, ma pian piano ero riuscito a memorizzare il numero dei passi, gli angoli di riferimento per svoltare, o per attraversare le strisce pedonali.
Ero arrivato alla perfezione, quando cioè con disinvoltura, percorrevo i tragitti tra il bus 14, la tranvia e viceversa.
Una settimana fa, un’altra predisposizione, ha nuovamente stravolto il traffico della Stazione Santa Maria Novella, in coincidenza con l’inaugurazione della nuova tranvia per l’aeroporto.
Il bus 14, quello al quale io faccio maggior riferimento, ora non fa più capolinea in cima alla Via Nazionale, ma senza fermarsi,sulla piazza svolta a sinistra, prosegue per circa 200 metri, per fermarsi in Via Panzani.
Questi nuovi cambiamenti mi hanno messo nel panico. Per raggiungere la tranvia ora dovrei attraversare ben quattro passaggi molto pericolosi . Per un cieco è un percorso improponibile.
Dopo due giorni di panico, ho trovato la soluzione.
Scendo dal bus in Via Panzani; percorro 140 passi, arrivando all’angolo di un palazzo; tre passi a destra e sono all’imbocco delle scale per portarmi al sottopassaggio che consente l’attraversamento della Piazza Stazione. Scendo 11 scalini, piattaforma, altri 11 scalini e sono nel sottopassaggio. Vado diritto, salto la prima deviazione a destra e
proseguo. A metà percorso la galleria si allarga con un dente, dopo di che, quando la pavimentazione tende a salire, imbocco la prima deviazione a destra. Arrivo fino a toccare, con il bastone, il muro di fronte. Volto a sinistra e vado avanti fino a trovare le scale per risalire: 11 gradini, piattaforma, altri 11 gradini e sono fuori. Vado a toccare il muro di destra e da quel punto: 40 passi, cestino rifiuti in metallo, palo del semaforo, a sinistra per l’attraversamento pedonale…..urrah……. sono alla fermata della tranvia.
Scendo dalla tranvia e mi avvio per andare alla fermata del bus, quando mi sento prendere per il braccio. Una bella voce sensuale, femminile, mi chiede se può accompagnarmi. Immediatamente rispondo che ne sono lusingato. Le prendo con decisione il braccio, ma ho subito l’impressione di conoscere quel braccio. Chiedo a lei se ci siamo già incontrati prima. La mia domanda la meraviglia molto, perché mi conferma di avermi già accompagnato a prendere il bus 14. Lei mi ricorda di cosa avevamo parlato la prima volta e mi sono ricordato di lei.
Memore dei miei percorsi, lei stava per guidarmi verso il vecchio capolinea del 14. Le ho spiegato dei cambiamenti di percorsi e insieme ci siamo diretti alla nuova fermata, chiacchierando come due vecchi amici.
Mio fratello vive in Spagna. Da molti anni ha l’abitudine di camminare per i boschi, in percorsi molto accidentati.
Due anni fa ha subito un infarto, con relativi inserimenti di STENT, piani terapeutici, tante nuove precauzioni di vita.
Da un po'di tempo ha avuto il consenso a riprendere le sue camminate, seppur con le dovute precauzioni.
Due giorni fa mi ha scritto, che durante una camminata, ha avuto un male al braccio sinistro ed altri sintomi che fanno presupporre un infarto. Si è subito fermato ed i sintomi sparivano. Ha ripreso a camminare, per raggiungere la macchina e i sintomi riprendevano.
Avuta la notizia, ovviamente io mi sono allarmato. Tra i miei suggerimenti, consigliavo di non avventurarsi pi+ da solo, in mezzo ai boschi. A questo mio consiglio, mio fratello rispondeva, che non va mai solo, ma sempre con il cane.
Alla sua incosciente risposta, per le mie preoccupazioni, gli ho scritto:
“ Non ho capito la tua battuta, sul cane che ti accompagna nelle tue camminate solitarie. Spiegami, lo hai addestrato, in caso di infarto, ti agguanta con i suoi denti e per 12 chilometri ti trascina al pronto soccorso, o telefona lui con il tuo cellulare, o sa farti la respirazione bocca a bocca, con relativo massaggio cardiaco O conti come nelle favole, che in caso di estrema necessità, il cane ha salvato il suo padrone ? “
Io e la mia accompagnatrice siamo alla COOP. Davanti al banco del pesce, scelgo le cozze che preferisco, per grandezza e per provenienza. Chiedo alla addetta di pulirmele a macchina. Intanto che venga completata questa operazione, la mia accompagnatrice si allontana da me, come fa sempre, per riempire il carrello con altri acquisti.
Finita la pulizia delle cozze, chiamo per nome la mia accompagnatrice. Siccome non mi ha sentito, con il mio vocione, la chiamo più forte. La mia accompagnatrice è lontana da me. Per giocare, facendo finta di piangere, dico: “ Lo sapevo che mi avrebbe abbandonato”. La ragazza addetta al banco del pesce, non avendo capito il mio scherzo, non sapendo come gestire il mio abbandono e il mio pianto, esce dal banco e va alla ricerca di chi mi ha abbandonato Ritorna da me, consolandomi, che l’ha trovata e che sta arrivando. Io la ringrazio, ma nel vano tentativo di farle capire trattarsi di uno scherzo, aggiungo: “ Mi avrebbe lasciato, proprio ora che sono orfano di padre e di madre e senza un nonno o una nonna.”
La ragazza non ha capito lo scherzo, ma quando la mia accompagnatrice mi ha raggiunto, abbiamo riso tanto.
Non ricordo chi fosse ad aver formulato la teoria filosofica, secondo la quale: “ Il Tempo Presente non esiste, perché nell’attimo in cui lo nomini è già Tempo PASSATO “.
Non si può che essere d’accordo con tale formulazione.
Qua mi aggancio per portare una testimonianza sulla concezione della durata temporale.
Molto spesso vado a piedi, da casa mia alla stazione Santa Maria Novella.
Percorro Via dei Pilastri, Via Alfani, Via Cavour, San Lorenzo, Via del Melarancio, Piazza dell’Unità e sono alla Stazione.
Questo tragitto lo percorro da solo e da cieco, impiego circa 30 minuti. Il tempo che impiego, è interamente registrato dalla mia mente, con la relativa segnalazione di chi incrocio, a cosa assisto, . Insomma, i 30 minuti del percorso, risultano essere un tempo lungo e vissuto per intero.
Oggi io ho percorso lo stesso tragitto, in compagnia di una accompagnatrice. L’argomento della nostra conversazione, era molto interessante. Improvvisamente, ci siamo trovati alla Stazione e la mia accompagnatrice mi ha fatto notare, di non essersi accorta del percorso. A questa osservazione, io stesso sono ricorso al mio orologio parlante, per prendere coscienza del tempo: avevamo impiegato i soliti 30 minuti, ma questi sono stati molto più corti, quasi inesistenti.
Per dedurre e riepilogare una teoria pseudo-scientifica, possiamo dire che:” Il tempo è simile alla TRIPPA, perché si allarga e si restringe.”
Oggi esco dal tema di questo libro, perché vado fuori da Firenze. Vado al mare per 15 giorni. Vado a Tirrenia, vicino a Livorno.
L’albergo che mi ospita è formato da due torri, trasformate in recezione alberghiera. Le torri sono posizionate in mezzo ad un bellissimo parco verdeggiante, popolato da una fauna numerosa e visibile, per chi ci può vedere.
Il mare è poco distante e ci si arriva facilmente, grazie alle apposite transenne realizzate per condurre autonomamente un cieco alla spiaggia. Anche quest’’ultima è di proprietà dello stesso albergo.
La intera proprietà è derivata da un lascito, che condizionava il suo uso a beneficio dei non vedenti. E’ così che il tutto ruota intorno ai ciechi: ascensore parlante, barriere abbattute, percorsi guidati, personale attento e sempre pronto all’aiuto improvvisato o programmato.
Gli ospiti sono tanti e provenienti da tutta l’Europa. Io non ho mai visto tanti ciechi
tutti insieme!
Il grande numero di Bastoni Bianchi circolanti, fa sì che numerosi sono gli scontri, ma questi sono senza danni alle carrozzerie. Anzi, gli scontri sono occasione di nuove conoscenze Nascono battute spiritose:”Chi sei? – Che te ne frega ? “ seguito da un abbraccio. Oppure: “ Che tette sode che hai – Ma io sono Giulio – Appunto, io sono Rinaldo – Ah il solito imbroglione “.
L’ATMOSFERA è MOLTO ALLEGRA E GIOCOSA. La nostra comune disabilità è psicologicamente superata e siamo tutti qua per divertirci.
La partenza per tornare a casa, è come sempre, un po’ triste, ma ho tanti amici in pi
Ù, con i quali rapportarmi da oggi.
Al mare mi sono abbronzato tantissimo. In certe parti del corpo mi sono anche scottato, tipo i piedi.
La mia accompagnatrice mi accarezza i piedi e poi inizia a grattarli. A un certo punto ha una intuizione, a dir poco, geniale: Continua a grattarmi con un asciugamano ruvido.
La libidine aumenta in modo esponenziale.
I miei gridolini di goduria sono sempre più incontrollabili e danno indicazioni sugli spostamenti da effettuare: “ Più su, meno……a destra, più giù……..là, fermati là……..là…..là……il Signore non saprà mai quanto si può godere sulla Terra !
Io ho le così dette “ mani calde “. Non pratico la Pranoterapia, ma nel tempo, ho fatto una certa casistica. Applicando le mie mani sul corpo di un’altra persona surriscaldano, mentre l’altra persona sente come un fluido.
Senza avere la pretesa di essere un guaritore, in tutti i casi da me trattati ho avuto risultati positivi. Così sono passati mal di testa, di schiena, di pancia, di orecchio, …………
Che si voglia credere o no, il fenomeno si verifica, anche se poi, non sapendo di cosa stiamo parlando, cadiamo nella ciarlataneria.
Spesso si presume un fluido, di non identificata natura,con caratteristiche elettromagnetiche.
Se mi sia concesso, formulo qua una mia ipotesi.
Ormai è cosa provata e conclamata, che il nostro corpo vive in virtù di un susseguirsi di combinazioni chimiche, regolate a loro volta, da un complesso circuito elettrico.
Da ciò possiamo dedurre che ogni malessere derivi da una combinazione elettrochimica. Imponendo le mani di una persona a forte carica elettrica, su una parte indolenzita, non si fa a altro che influenzare il circuito elettrochimico, che aveva originato il malessere, annullandolo.
Quindi non si tratta di fluido di natura non identificata, ma di interferenza elettrochimica, che momentaneamente influenza un circuito elettrochimico esterno ed estraneo..
Se fosse esatta questa ipotesi, si potrebbe aprire una nuova strada di esperimenti, nella terapia del dolore.
Briciole di remota cultura.
Chi era Brunelleschi ?
Era figlio di un certo Cristoforo Piccione da Verrazzano, detto anche Colombo viaggiatore. Di ritorno da una crociera in India ( USA ), NEL 1492, Cristoforo partorì da sé questo figlio, essendo la madre ignota.
 Brunelleschi, che spesso andava a Montalcino, presto viene chiamato Brunello, ma diventa un personaggio famoso nato e vissuto tra il 1377 e il 1446.
Per molte settimane è rimasto sulle prime pagine dei quotidiani.
Oggi non farebbe notizia, ma all’epoca, la sua relazione con la Monaca di Monza, fece grande scandalo. Lo stesso Don Abbondio, il parroco di San Frediano, si oppose come se fosse la CONGIURA DEI PAZZI. Arrivò a dire che per la MONICA, avrebbe preferito un BRAVO Don Totò Rodrigo.
  Effettivamente il Bruno non aveva buona fama, per aver fondato la prima CUPOLA A Firenze. Tutt’oggi si usa dire che “fai parte della cupola”, per dire che sei un mafioso.
Fisicamente era piccolino, perciò, quando aveva dei pesi da sollevare, inventava dei marchingegni per sollevarli. Nascono così le famose macchine di Leonardo.
Nel frattempo Monica lascia Monza, perché ha un figlio, che chiama MICHEL, angelo mio vieni dalla tua mamma.
Su questo figlio poco si sa, se non che amava fare PIETA’ e ne fece più di una. Un’altra fissazione del
ragazzo era di tirare le martellate sulle ginocchia alla gente,
gridando: “ perché non parli “. Una famosa sua martellata è stata quella data a Mosè, che incazzato come una bestia, corse sul monte per non far sentire i suoi moccoli e là ebbe le sue famose 10 allucinazioni.
A proposito di Mosè, conoscete l’aneddoto “ dell’uovo di Colombo “ ? No ?
Ve la racconto e poi vi dirò delle grandi opere messe in atto da Mosè: l’apertura del Mar Rosso con la realizzazione del Canale di Suez di Lesseps.
Per la verità storica, occorre premettere che non si tratta di Parabola, ma la storia dell’uovo di Colombo è realmente accaduta.
La Regina Elisabetta aveva un debole per Colombo, ma lui amoreggiava contemporaneamente con tre belle madonne: la Nina, la Pinta, la Maria che poi quest’ultima diventerà Santa.
Elisabetta per impegnare le serate di Colombo, ha organizzato una grande cena, invitando tutto il bel mondo: Jean Paul Bel Mondo, Flavio Gioia di mamma venuto apposta da Amalfi, Pablito Bicasso……
Ad un certo punto della cena, Colombo, che si stava annoiando, se ne esce con la proposta di un quiz, mettendo in premio tre caramelle a chi ci riesce. Si tratta di far stare in piedi un uovo sodo. Tutti provano, ma l’uovo non sta in piedi: Di Caprio si diverte ; Mozart corre al clavicembalo e ci compone una sinfonia con 15 corni e basso continuo; Elisabeth Tajlor isterica si ubriaca; Napoleone fa chiamare il suo aiutante di campo.
Anche la musica si ferma e Berlusconi, che all’epoca aveva ancora la sua Band, si avvicina al tavolo per
acchiappare un nuovo sodo. Nessuno ci fa caso, nessuno sa chi sia, nessuno sa che di lì a poco avrebbe comprato tutte le uova della tavola, la tovaglia, il tavolo, il castello della Regina e il Milan.
Approfittando che nessun sa chi sia, Berlusconi, inciampando nella sua bandana, afferra un uovo sodo, lo batte energicamente contro il tavolo e…… miracolo: l’uovo sta in piedi !
Colombo si alza e va incontro a Berlusconi, per congratularsi e così facendo gli dice: “ Bravo “.
Contemporaneamente, dalla Band si alza una voce: “ Ma che bravo. Ha imbrogliato, conosceva l’aneddoto e come finiva “………ma ormai è troppo tardi: Berlusconi si è mangiato il premio, le tre caramelle.
Dichiarazioni d’amore.
Amo le donne.
Amo la vita.
Amo il mondo.
Amo il prossimo….. questo no, questo no….. il prossimo.
Amo le donne.
Amodio Bruno: è un cognome.
Amo il mare.
Amo la pasta.
Amo il ciclismo.
Amo le donne.
Amo cantare.
Amo la musica classica.
Amo leggere.
Amo gli amici.
Amo l’allegria.
Amo le donne.
Amo viaggiare.
Amo la buona tavola.
Amo il buon vino solo se con gli amici.
Amo fare all’amore.
Amo fare all’amore sulla spiaggia, di notte, con o senza luna.
Amo giocare nella vita e con la vita.
Amo la matematica.
Amo giocare con le parole.
Amo ricordare il passato lontano e vicino.
Amo le donne….. si è capito?
Amo le conversazioni, i dibattiti.
Amo ascoltare chi sa le cose.
Amo le esperienze altrui.
Amo chi sa ridere anche su sé stesso.
Amo chi sa ascoltare.
Amo chi sa guardarsi intorno e capisce di non essere solo al mondo.
Amo gli animali, perciò non avrò mai un cane da tenere al guinzaglio, un gatto da castrare, un uccellino da tenere in gabbia.
Amo la coppia di merli che vengono a chiamarci, per farsi mettere il riso e che poi tornano con i 2 piccoli.
Quanto sto per scrivere mi mette tanta tristezza, da farmi venire le lacrime agli orecchi e il latte ai gomiti.
Ho comprato il mio “cumulo”… no;
il mio “tumulo”… no;
mio “ovulo”…no;
mio “lucullo”…no;
mio “lo culo”…no….si !
Ho comprato il mio “loculo” al Cimitero di Soffiano.
Facevano buoni prezzi, ma si è trattato di un acquisto su carta, in pianta. Così, per vedere il posto assegnatomi, mi sono rivolto direttamente ad un amico, guardiano del cimitero. Lui, da quel buontempone che è, sentito che volevo sapere la posizione del mio “forno”, mi ha detto: “Che te frega, quando sarà il momento ti porteranno loro”.
Dopo le mie insistenze, il mio amico mi ha accompagnato sul posto.
Che delusione, che tristezza. Un posto buio, triste, lugubre, privo di vita.
No in un posto così triste non ci sto neanche cinque minuti, figurati tutta la vita !
Così ho deciso per un’altra collocazione.
Farò una statua in bronzo, a grandezza naturale, da collocare a Strada in Chianti in un pezzo di terra, con vista sulla valle e sul bosco in fondo.
Intorno alla statua farò un muretto, in modo che che chi verrà a trovarmi, potrà sedersi e godere del panorama e dell’aria buona. Un paio di Pini, presi dal posto e trapiantati, faranno un’ombra accogliente.
Ai piedi della statua, una buca, in maniera anonima, mi proteggerà dal freddo notturno.
Aspetterò le vostre visite numerose e non trovate scuse, perché scoprirei le vostre bugie.
Oggi alla COOP ho incontrato Mariangela.
E’ una donna meravigliosa, in tutti i sensi. E’ insegnante di Fisica e Matematica.
Ci siamo incontrati, qualche anno fa, casualmente, in strada. Io camminavo, tenendo per mano il mio nipotino, al quale avevo appena inniziato a raccontare, nella occasione, un aneddoto su Einstein.
Mariangela, che allora ancora non conoscevo, stava per superarci. Avendo ascoltato l’inizzio della storia, incuriosita, rallentando il passo, si accodava a noi ed ascoltava la mia narrazione. Al termine della storiella, Mariangela si complimentava per il rapporto tra me ed il mio nipotino.
In seguito ho scoperto, che Mariangela abita qualche portone dopo il mio.
Da quell’incontro in poi, ogni volta che Mariangela mi vede, si ferma a salutarmi ed a fare due chiacchere. Quando ci incontriamo, alla mia domanda “chi sei”, mui risponde di essere “quella di Einstein”.
Per la vostra curiosità, questo è l’aneddoto.
Sembra, pare, si dice, che Einstein, invitato ad una festa mondana, sia stato avvicinato da una donna bellissima, una miss universo. Durante la conversazione, assai leggera per Einstein, la donna bellissima se ne esce dicendo: “Professore, immagini se io e lei si facesse un figlio, bello come me ed intelligente come leiW.
Sembra che Einstein, cosciente della sua bruttezza, abbia risposto: “Immagini invece se nascesse bello come me ed intelligente come lei”.
La mia compagna mi ha fatto un trattamento di bellezza, che, oltre alle coccole, è durato circa un’ora e mezza.
Mi ha tagliato i capelli, mi ha sfoltito i baffi e la barba, mi ha frizionato con l’apposito olio – non quello santo - la testa……….
Ad un certo punto mi è scappato da ridere, tanto da incuriosire la mia compagna. Così le ho spiegato il mio pensiero allegro:
“ Chi mi farà tutte queste coccole, tutti questi trattamenti quando non ci sarò più ? “
* * *
In copertina:
“ Il Cieco “
Altezza cm 210
Opera dello stesso autore
Rinaldo Lombardo

Rinaldo Lombardo Scultore Cieco 

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