COME VEDE UN CIECO


Presentazione
In un recente convegno sull'ipovisione un collega oculista ha riportato i due seguenti episodi.
Una donna di mezza età non vedente (a dire il vero a lei non piaceva questo termine e preferiva definirsi cieca) doveva ricoverarsi in reparto oculistico. Il suo occhio, ormai spento, aveva sviluppato una grave flogosi che creava infiammazione e dolore. Bisognava intervenire. Appena appresa la notizia, il personale sanitario del reparto cominciò ad avanzare numerose perplessità e a prospettare difficoltà: dicevano che la struttura non era adeguata, che essi non si assumevano nessuna responsabilità, che era necessario un assistente in più solo per lei,.
Comunque il ricovero avvenne nel rispetto dei tempi previsti.
La signora cieca si presentò accompagnata da un suo parente. Sbrigate le pratiche burocratiche, la si vide impegnata per circa un’ora ad esplorare tutto l’ambiente: il letto, il comodino, l’armadio, la stanza, il percorso per il bagno e quest’ultimo.
Rimase ricoverata per cinque giorni: non chiese mai aiuto a nessuno, non suonò mai il campanello, provvide a se stessa in ogni momento e per ogni attività. Quando fu dimessa tutti si chiesero: “Ma era cieca davvero?”
Un’altra giovane signora con un minimo residuo visivo, che le permetteva solo la percezione della luce e di qualcosa in movimento, si recò presso per accertamenti perché le Istituzioni, su segnalazione di anonimi, avevano avanzato il sospetto che non fosse cieca e che le provvidenze, a suo tempo assegnatele, non le spettassero. Soffriva sin dall’infanzia di una grave forma di degenerazione ottico retinica, che aveva portato all’atrofia della macula e alla perdita della quasi totalità delle fibre del nervo ottico. Tutti gli esami eseguiti confermarono la sua disabilità. Eppure, al momento di stilare la relazione finale, più di uno del personale sanitario avanzò qualche perplessità: - Ma avete visto come è sicura nei movimenti? Non vi sembra che si orienti bene? Ma soprattutto avete notato come è ben curata? Può un cieco truccarsi così bene?”
E’ incredibile, ma vero! Tutti noi, anche coloro che si definiscono esperti, crediamo – e forse inconsciamente vogliamo - che il cieco non possa avere una sua autonomia, dipendendo in tutto e per tutto da un’altra persona. Ma non è così. Chi si occupa di riabilitazione sa bene che non esiste menomazione o perdita anatomo funzionale che possano essere in qualche modo recuperate o sostituite sia pure parzialmente. Quando l’OMS invita a non usare più il termine “disabile”, ma a sostituirlo con “diversamente abile”, lo fa non per una mera finalità nell’ambito del “politicamente corretto”, ma per valorizzare la parte di positività che può esistere in ogni esito permanente di malattia o infortunio, alla ricerca di una nuova, anche se diversa, abilità.
Il libro di Rinaldo Lombardo è la testimonianza più vera di quanto sopra. Leggerlo significa capire con pienezza come vede un cieco; come egli sostituisca gli occhi con le mani; come egli raggiunga la piena autonomia nella vita quotidiana. Ma non solo: come egli possa ancora coltivare i suoi interessi ed anche ampliarli.
E’ vero: è un percorso lungo e difficile, irto di difficoltà; e l’autore non si tira indietro: lo presenta nei minimi particolari con una capacità descrittiva encomiabile.
Leggerlo è un dovere per tutti. Ma aggiungerei senza esitazione: è un piacere! Per come “scorre”, per come cattura l’interesse del lettore, per quella sottile ironia che nasce dalle sue radici fiorentine, per quel distacco quasi sorridente dalla sua infermità con la messa al bando di ogni piagnisteo .
Lo devono leggere soprattutto gli oculisti e gli operatori sanitari che ruotano intorno a loro. L’interesse per la riabilitazione visiva è sempre stato scarso per l’oftalmologo, forse perché non fa parte della sua formazione professionale o forse perché vede inconsciamente nel cieco il fallimento di tutti i suoi interventi terapeutici. Fatto sta che in una recente ricerca è emerso che i pazienti affetti da degenerazione maculare legata all’età riferiscono una disabilità dal 96% al 750% maggiore rispetto a quanto stimato dagli oculisti.
Lo devono leggere anche i tanti disabili visivi, perché in esso possono trovare un aiuto per superare l’iniziale depressione e la forza per intraprendere il percorso riabilitativo, tenendo presente che il primo attore, il protagonista assoluto per la sua realizzazione sono essi stessi.
E’ vero che la cecità fa paura. Normalmente si sente dire: “Meglio morire che rimanere cieco”. Ma la cecità e l’ipovisione esistono, ed oggi, con l’aumento degli anni che ci sono concessi di vivere, la probabilità di incontrarle specialmente verso la fine della nostra esistenza è in crescita. Ma non si deve soccombere, la riabilitazione è possibile ed oggi la tecnologia ci viene incontro. E’ questo il messaggio che trasuda da ogni pagina di questo libro. E noi vedenti dobbiamo rispetto ed attenzione verso chi da una posizione di grave handicap ci invia messaggi di volontà e di forza vitale.
Professor Filippo Cruciani – Sapienza Università d Roma



Non capita spesso di assistere dal vivo ad una tragedia umana; il libro "come vede un cieco", di Rinaldo Lombardo, che si snoda agile e ricco di colpi di scena ci lascia affascinati per la leggerezza del linguaggio, fatto di allusioni, di autoironia, di squarci di vita vissuta e riletta con quel disincanto che solo uno spirito forte può permettersi.
Dopo "la vita è bella" siamo abituati al gioco di rovesciare le situazioni anche più scabre, e il libro di Rinaldo Lombardo a buon diritto può essere considerato un altro esempio.
I piccoli stratagemmi, le trovate d'ingegno, i coups de théatre apparentemente improvvisati per strada, in casa, in pubblico ed in privato, rendono ancor più presente alla nostra sensibilità il dramma umano in cui suo malgrado si trova da protagonista chiunque abbia la malasorte di perdere il bene prezioso della vista nel pieno degli anni.
Certo, l'amore per la vita, la passione per l'arte, la smania di conoscere di dantesca memoria, trasforma una odissea senza ritorno quale è obiettivamente la perdita della vista, in una riscoperta di se stesso. E Rinaldo Lombardo lascia davvero senza parole anche chi ha lunga consuetudine con centinaia di persone nella sua stessa situazione, che impiegano un tempo ben più lungo per riconquistare la capacità di fare i conti con questa loro nuova vita.
Il suo racconto certamente contribuirà a "riaprire" gli occhi ad un altro modo di vedere, cominciando da ciò che resta, piuttosto che da ciò che manca, almeno per ora.
Professor Antonio Quatraro
Presidente Unione italiana Ciechi ed ipovedenti
Di Firenze.

Rinaldo Lombardo Scultore Cieco 

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